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Rivista della Diocesi 2011 - N. 1 - Webdiocesi

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del senso 51 in quanto dissolve le certezze <strong>della</strong> vita ordinaria: esso costringe<br />

a riconoscere come quelle certezze avessero un prezzo di fiducia e libertà.<br />

Soltanto quando viene meno la salute appare con tutta evidenza quello che<br />

essa sempre è, ossia un bene grande e arcano. Soltanto allora appare con<br />

chiarezza come fosse già da sempre necessario chiedersi “che cos’è?” e non<br />

invece fruirne sconsideratamente, quasi si trattasse di un bene abbondante<br />

e sempre a disposizione. In tal modo la malattia pone la questione del senso:<br />

non solo in relazione alla malattia, ma anche in riferimento alla salute.<br />

Il fatto che la vita, quando c’è la salute, vada da sé, non giustifica il fatto<br />

che non ci si interroghi a proposito del senso <strong>della</strong> salute: essa racchiude<br />

infatti un messaggio che va decifrato e un carattere di dono e di promessa.<br />

La malattia induce la necessità di rifare il cammino <strong>della</strong> vita precedente,<br />

di riprendere in mano il tempo già vissuto che sembrava già concluso<br />

e immodificabile, per comprenderlo più profondamente e comprendere<br />

più profondamente in esso anche la propria identità: il compito è quello di<br />

non arrendersi all’idea che essa sia ormai già soltanto passata e di cercare,<br />

anche e soprattutto nel tempo <strong>della</strong> malattia o nella nuova condizione in<br />

cui il passaggio per essa pone, il volto <strong>della</strong> promessa che rendeva la vita<br />

grata e giustificava il consenso e l’impegno dato ad essa. Una tale ricerca,<br />

alla luce <strong>della</strong> nuova situazione, permette di discernere ciò che nella vita<br />

passata dev’essere riconosciuto come tempo perduto o sprecato e ciò che è<br />

stato invece valorizzato e di confermare la speranza in questo per l’oggi e il<br />

domani.<br />

Occorre vigilare affinché il volto “umanitario” <strong>della</strong> medicina non si<br />

riduca al profilo <strong>della</strong> semplice anestesia coll’intenzione di alleviare il dolore<br />

fisico e si rivolga invece anche alla coscienza, alla libertà e dunque alla speranza<br />

del malato. Il compito <strong>della</strong> carità cristiana verso i malati, oltre che<br />

opera per sollevare dal dolore è anche quello di nutrire la speranza. Ma una<br />

51 Il “senso” delle “cose” con le quali l’uomo ha a che fare dice la proporzione delle<br />

“cose” stesse con la propria persona; dice cioè <strong>della</strong> ragione di familiarità che le diverse<br />

realtà di questo mondo hanno con la sua vita. Il mondo infatti è per l’uomo come una “casa”<br />

o comunque come un ambiente famigliare entro cui egli vede dischiudersi una strada praticabile<br />

e promettente che lo invita al cammino. L’uomo infatti non sa da solo quale sia il<br />

suo destino, il suo orientamento, ma lo cerca: il cammino è suo e le “cose” glielo ricordano.<br />

Abbiamo sempre scritto “cose” virgolettando: le realtà molteplici di questo mondo non possono<br />

infatti acquistare un “senso”, una proporzione con la vita dell’uomo, finché rimangono<br />

“cose” morte di fronte alle quali l’uomo se ne stia come uno spettatore. Le cose diventano<br />

sensate soltanto attraverso gli eventi che accadono all’uomo e le persone che incontra. Il<br />

senso si manifesta perciò attraverso la parola, che nasce originariamente dal dialogo (e non<br />

dalla riflessione solitaria).<br />

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