decanter 2, giugno 2006
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P<br />
Protocollo di Kyoto<br />
politica e società<br />
tra opportunità e illusioni<br />
È, ormai, unanimemente condiviso che le attività umane, attraverso<br />
l’uso dei combustibili fossili e la deforestazione, hanno<br />
determinato cambiamenti nella composizione dell’atmosfera<br />
con un incremento della concentrazione dei gas serra. Tale<br />
incremento riduce l’efficienza di raffreddamento della terra,<br />
causando un aumento della temperatura negli strati più bassi<br />
dell’atmosfera e sulla superficie terrestre; questo fenomeno<br />
non è altro che l’intensificazione di un effetto naturale che si<br />
verifica in atmosfera da miliardi di anni e che produce cambiamenti<br />
nel clima le cui manifestazioni, negli ultimi anni, si verificano<br />
con sempre maggiore frequenza ed intensità attraverso<br />
eventi meteorici estremi (alluvioni, frane, uragani..), fenomeni<br />
di desertificazione, perdite di biodiversità, aumento del livello<br />
dei mari. I modelli di previsione sui cambiamenti climatici indicano<br />
che l’incremento di temperatura, nei prossimi decenni,<br />
sarà compreso tra 1.5 e 5.8 °C.<br />
La risposta della politica internazionale per ridurre gli effetti<br />
negativi del riscaldamento è rappresentata dalla Convezione<br />
Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici del’92<br />
il cui obiettivo è la stabilizzazione della concentrazione dei<br />
gas ad effetto serra. Lo strumento attuativo della convenzione<br />
è rappresentato dal protocollo di Kyoto, entrato in vigore nel<br />
febbraio del 2005; il protocollo impegna i paesi firmatari a<br />
ridurre le emissioni, rispetto ai valori registrati nel 1990, attraverso<br />
il miglioramento dell’efficienza energetica, l’incremento<br />
della produzione energetica da fonti rinnovabili (solare,<br />
eolico, biomassa, ecc.) e la diffusione di modelli agro-forestali<br />
sostenibili. L’Italia si è impegnata a ridurre le proprie emissioni<br />
del 6.5% nel periodo 2008-2012.<br />
LIDIA CONSIGLIO<br />
SONIA MASTROPIERRO<br />
GRAZIANO ANTONIO PIZZICHILLO<br />
Il protocollo di Kyoto ha evidenziato l’importante ruolo svolto<br />
dall’ecosistema agrario e forestale nella mitigazione dell’effetto<br />
serra, grazie alla sua capacità di assorbimento e di riciclaggio<br />
dell’anidride carbonica e, in quanto produttore di materie<br />
prime utilizzabili a scopo energetico, nella produzione di<br />
energia pulita da fonti rinnovabili. Questi aspetti sono particolarmente<br />
validi per il nostro Paese, caratterizzato da bassi tassi<br />
energetici e dipendente in larga misura dall’estero per i suoi<br />
fabbisogni. L’attuazione del protocollo offre, pertanto, nuove<br />
opportunità al settore agro-forestale ai fini di una sua rivalutazione<br />
anche economica, attraverso la formazione dei crediti di<br />
carbonio e la produzione di biomassa a fini energetici.<br />
Stanti queste premesse, in campo politico si dovrebbero perseguire<br />
obbiettivi innovativi, che, tenendo conto delle emergenze<br />
ambientali, promuovano la diversificazione degli assetti<br />
produttivi agro-forestali convenzionali e ne definiscano nuovi<br />
modelli di sviluppo.<br />
A questo proposito, le colture energetiche, oltre a rendere disponibile<br />
una fonte energetica integrativa, pulita e rinnovabile,<br />
possono rappresentare un’alternativa alle produzioni agricole<br />
alimentari e contribuire al reddito, all’occupazione e al contenimento<br />
dell’abbandono delle aree rurali, particolarmente di<br />
quelle montane, poco competitive.<br />
Per quanto da tempo si parli di energia da biomassa e per<br />
quanto da tempo si decantino le virtù delle colture dedicate, i<br />
dati sperimentali in merito sono ancora insufficienti a fornire<br />
un quadro chiaro sulle reali risposte ottenibili, in relazione alle<br />
specie utilizzabili e alla convenienza economica. Lo stesso<br />
discorso vale per gli scarti di lavorazione delle utilizzazioni<br />
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