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decanter 2, giugno 2006

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il vagone, e quando sembrava ormai che fosse spacciata, con<br />

una manata disperata abbrancò l’asta e tornò in equilibrio.<br />

«Meno male», mormorò il controllore, piegando verso Fabrizio<br />

la cartellina rigida su cui aveva compilato il verbale, e aggiungendo<br />

di seguito, indicando col dito un punto evidenziato<br />

con una X: «firmi qui».<br />

Fabrizio portò meccanicamente la mano alla tasca, e non<br />

tastando nient’altro che l’assegno, ricordò di aver gentilmente<br />

prestato la sua splendida Mont Blanc modello Mozart, a Suor<br />

Sofferenza che, dal canto suo, invece, non gliel’aveva più ridata.<br />

Si alzò quindi di scatto, come se gli corresse una lucertola<br />

lungo la schiena, e con un solo balzo raggiunse la suora. Le<br />

poggiò una mano sulla spalla – ma delicatamente, beninteso,<br />

sebbene non disdegnasse affatto l’idea di infliggerle una solenne<br />

scrollata -, e con una voce calma come le acque di un lago<br />

che non mancò di sorprendere lui per primo, le chiese che gli<br />

restituisse il maltolto.<br />

Ruotando macchinosamente sul busto, Suor Sofferenza si<br />

voltò, e guardò Fabrizio come<br />

se l’osservasse da una distanza siderale, o lo vedesse per la<br />

prima volta.<br />

Fabrizio considerò che forse la sua voce era stata in parte<br />

coperta dal fracasso del treno, o che magari quella fosse un<br />

po’ sorda, oltre che svampita, e riformulò la richiesta a un<br />

tono decisamente più alto, quasi stridulo, premurandosi di accompagnare<br />

le parole con gesti a suo avviso inequivocabili.<br />

«La mia penna», scandì Fabrizio, mimando con la destra<br />

l’atto di scrivere. «I cruciverba», proseguì, e ripeté daccapo<br />

lo stesso gesto, con l’unica variante di un appena percettibile<br />

– ma per lui evidentissimo – spostamento della mano, ora in<br />

orizzontale, ora in verticale.<br />

Suor Sofferenza arricciò le labbra e strinse gli occhi. Farfugliò<br />

qualcosa tra i denti, e quando le porte del vagone si<br />

spalancarono, mosse di riflesso un passo verso l’uscita. Continuava<br />

a scrutare Fabrizio come dall’alto di una torre, con un<br />

fastidio crescente, come se si trattasse di un estraneo molesto<br />

e importuno, finchè non cacciò d’un tratto la mano nel sacchetto<br />

e non ne estrasse la penna. La soppesò per un’ultima<br />

volta sul palmo, come se rimpiangesse di doversene separare,<br />

e non smettendo di bofonchiare, allungò il braccio come una<br />

regina che concede l’obolo a un mendicante. Quindi tornò a<br />

voltarsi, e senza mutare di una ruga la sua espressione di perenne<br />

corruccio, atterrò sulla banchina con l’imperizia di un<br />

paracadutista al primo lancio.<br />

Fabrizio era rimasto dritto e fermo al centro del vagone<br />

a sbollire la sua moderatissima rabbia. «Ma tu guarda….», si<br />

lamentava, e intanto fissava la Mont Blanc riacciuffata in extremis.<br />

«Almeno l’ho recuperata», sbuffò infine, abbandonando le<br />

braccia sui fianchi, e fece per voltarsi e riprendere posto, ma<br />

il controllore – se n’era già dimenticato -, con la cartellina del<br />

verbale ben tesa, gli si parò davanti sbarrandogli il passo.<br />

«Cose che capitano», commentò laconico, mentre Fabrizio<br />

cercava sul foglio il punto contrassegnato dalla X, a fianco del<br />

quale impresse uno svolazzo incomprensibile.<br />

r a c c o n t o<br />

I<br />

vagoni sfilavano, più che sfrecciare, su una lingua di pianura<br />

srotolata ai piedi di due collinette in pieno furore edilizio.<br />

Il sole ora lo stava letteralmente cuocendo. Fabrizio<br />

sentì il sudore colargli vischioso lungo la nuca, sulle tempie e<br />

intorno al collo, e appiccicò la rivista al finestrino in modo da<br />

ripararsi per lo meno gli occhi.<br />

Su entrambi i lati dei binari, in un’area in fin dei conti modesta<br />

per estensione, contò approssimativamente sei sette gru,<br />

intorno alle quali sbocciavano a grappoli aiuole di cemento<br />

profilate a casoni, villette e palazzacci: uno scempio da un punto<br />

di vista paesaggistico, su questo non nutriva il minimo dubbio,<br />

ma un’autentica manna che cadeva dal cielo per chi esercitava<br />

la sua professione. Bisognava anzi che non trascurasse<br />

di farsi un giro da quelle parti un giorno o l’altro, che magari<br />

qualcos’altro di buono sarebbe ancora riuscito a cavarne.<br />

La Vicini – Piccini se l’era bevuta come una coppa di cognac.<br />

L’aveva lusingata lasciandole credere che per disegnare il progetto<br />

gli fosse bastato seguire i suoi suggerimenti, si era sdilinquito<br />

a forza di complimenti e smancerie, e quando erano<br />

passati ad affrontare l’argomento tradizionalmente più intricato<br />

e spinoso di tutti, vale a dire l’importo da corrispondere<br />

per una parcella che potesse essere definita equa da entrambe<br />

le parti, non aveva praticamente battuto ciglio. Aveva riempito<br />

l’assegno per la cifra esatta che Fabrizio aveva avuto la sfacciataggine<br />

di avanzare, e gliel’aveva infilato tra le dita. Senza<br />

sollevare nessuna obiezione.<br />

«To’!», esclamò Fabrizio tra sé, dedicando alla signora Belli<br />

un sincerissimo gesto dell’ombrello, e sbirciando la scritta Tor<br />

di Valle al di là del finestrino. Calcolò che mancavano ormai<br />

soltanto tre fermate, e si sfregò le mani.<br />

In verità, una volta a Piramide, Fabrizio non aveva intenzione<br />

di riparare direttamente a casa, o meglio, a casa di Chiara,<br />

perché sapeva che lei non sarebbe tornata prima di sera, e<br />

mangiare da solo, cucinare e apparecchiare soltanto per sé, lo<br />

deprimeva in maniera atroce.<br />

Era meglio puntare prima dai suoi.<br />

Avrebbero pranzato con il sottofondo del telegiornale. Suo<br />

padre avrebbe più o meno apertamente insinuato che il problema<br />

alla macchina era in un modo o nell’altro riconducibile<br />

a qualche sua negligenza, perché a lui, che aveva sempre scrupolosamente<br />

curato la manutenzione, non era mai capitato di<br />

rimanere a piedi. La madre avrebbe silenziosamente trascinato<br />

una mano sul tavolo fino a stringere con una pressione lieve<br />

il braccio del marito, affinché non calcasse troppo la mano,<br />

e a lui, a Fabrizio, sarebbero risaliti gli spaghetti in gola per il<br />

nervoso.<br />

Ma d’ora in avanti scene del genere non si sarebbero più<br />

ripetute. Aveva gli argomenti giusti, finalmente, per mettere il<br />

vecchio al posto suo, e per impedire alla madre di assumere<br />

il tono rassegnato da Madonna Addolorata con cui accoglieva<br />

da una vita, mirando a spegnerli, o quanto meno a attenuarli,<br />

gli ardori attempati e accidiosi del coniuge.<br />

Oppure si sarebbe divertito un po’.<br />

Avrebbe lasciato che il padre attaccasse la solita solfa, che<br />

lo definisse «povero scalmanato», e che si sperticasse in ogni<br />

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