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decanter 2, giugno 2006

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a c c o n t o<br />

simo talismano, la porse fiero impugnandola per il cappuccio<br />

alla vicina bisognosa, che l’accettò senza troppe cerimonie, increspando<br />

appena le labbra.<br />

Il settimanale allegato al quotidiano, più che un supplemento<br />

d’informazione, era un variegato raccoglitore pubblicitario,<br />

e a Fabrizio venne ben presto a noia.<br />

Come era possibile, si domandava in un tono stizzito misto<br />

a un candido stupore da fanciullino, confezionare un prodotto<br />

così schiettamente mediocre quando si poteva contare su risorse<br />

non certo risicate? Non riusciva proprio a spiegarselo.<br />

Fosse capitato in sorte a lui di occupare la poltrona del direttore,<br />

con pochi e mirati ritocchi, quel giornale lo avrebbe trasformato<br />

da cima a fondo fino a renderlo irriconoscibile, ci avrebbe<br />

messo la mano sul fuoco, e smodatamente assorbito da un’ebbra<br />

fantasticheria di potere, immaginando già di istruire e pontificare<br />

un consiglio d’amministrazione che accoglieva i suoi ragionamenti<br />

con il silenzio e il rispetto che si tributa a un profeta, non<br />

badò troppo al fatto che la via crucis del trenino si era intanto<br />

arricchita di una nuova fermata, e che dal momento in cui le porte<br />

si erano richiuse nel vagone si era immediatamente diffusa,<br />

come una macchia che si espande, una scia satura di elettricità. Il<br />

chiacchiericcio si era abbassato di tono, come se all’improvviso<br />

la maggior parte dei passeggeri avesse unanimemente deciso di<br />

applicare una sordina alla bocca, gli sguardi di molti guizzavano<br />

mobili e fugaci come quelli degli innamorati, e chi aveva i piedi<br />

allungati sul sedile di fronte, riguadagnava in un baleno un contegno<br />

e una posizione irreprensibili, come un adolescente che<br />

non vuole essere pescato a masturbarsi nel bagno e si rassetta<br />

frettolosamente i pantaloni.<br />

«Mi fa vedere vedere che giorno è oggi?», proruppe d’un<br />

tratto Suor Sofferenza, e senza prendersi la briga di aspettare<br />

la risposta, arpionò la rivista e quasi l’appiccicò agli occhi, impugnandola<br />

con entrambe le mani e sollevandola come uno<br />

stendardo o un simbolo sacro, in una posizione per cui, incollando<br />

il mento al petto, le fosse possibile raggiungere direttamente,<br />

scavalcando il filtro degli occhiali, l’informazione che<br />

l’interessava.<br />

Suor Sofferenza fu lesta come un bambino a rubare la cioccolata.<br />

Sistemò la rivista sulle ginocchia, vi spianò sopra il biglietto,<br />

e con la Mont Blanc di Fabrizio segnò lungo un margine<br />

la data e l’ora.<br />

Fabrizio rimase immobile, esterrefatto, e per un istante<br />

considerò seriamente l’ipotesi che nella testa di Suor Sofferenza<br />

non funzionasse tutto a dovere. Ruotò quindi il capo a<br />

monitorare il vagone, per verificare se per caso gli fosse sfuggito<br />

qualcosa, e quando finalmente individuò la causa di tante<br />

stranezze fu come ricevere un gancio dritto sul mento.<br />

«Porca puttana», mormorò debolmente, ma Suor Sofferenza<br />

dovette udirlo lo stesso, perché quando scostò i palmi dagli<br />

occhi come imposte dalle finestre, lei lo fissava con un’aria<br />

decisamente sdegnata.<br />

Cinque controllori, intanto, con tanto di berretto e cartellino<br />

appuntato alla giacca, si erano disposti all’interno del<br />

vagone come militari dentro un fortino.<br />

52<br />

In un altro momento, in circostanze simili, Fabrizio avrebbe<br />

probabilmente improvvisato una manfrina infinita, sperando di<br />

prendere il controllore per la stanchezza, come aveva peraltro<br />

già avuto modo di sperimentare in passato, ma quel giorno<br />

non poteva essere considerato alla stregua degli altri. Quel<br />

sabato rappresentava la promessa concreta della fine imminente<br />

del suo periodo di apprendistato, per cui sarebbe stato<br />

ridicolo, per non dire patetico, da parte sua, star lì a sbracciare<br />

e a sgolarsi per provare a risparmiare qualche soldo quando<br />

in tasca praticamente trasportava un piccolo tesoro. Oltre al<br />

fatto che non ci pensava neppure lontanamente a concedere a<br />

Suor Sofferenza la soddisfazione di mostrarsi sul punto di perdere<br />

il controllo, perché glielo leggeva chiaramente negli occhi<br />

sornioni che le avrebbe fatto piacere. Si trattava di spiccioli, in<br />

definitiva, ed anzi, a voler esser pignoli, era comunque meno di<br />

quanto gli avrebbero chiesto per far rimorchiare la macchina<br />

da un carro attrezzi.<br />

Accavallò quindi le gambe, lasciò scivolare le mani sulla stoffa<br />

dei pantaloni, resuscitò da una tasca il fazzoletto, e quando<br />

un controllore con una criniera fulva come quella di un leone<br />

lo pregò con una voce da baritono di esibire il «titolo di viaggio,<br />

per cortesia», Fabrizio gli porse direttamente i documenti,<br />

senza aggiungere una sola parola.<br />

Si augurò che tanto bastasse, che tanta franchezza valesse a<br />

evitargli qualsiasi tipo di frecciatina o di commento avvelenato,<br />

ma da questo punto di vista occorre precisare che Fabrizio<br />

senz’altro esagerava, perché il controllore non aveva alcuna<br />

voglia né interesse a tirarla per le lunghe. Presunti o reali che<br />

fossero, i tormenti intimi dei clienti non rientravano nell’ambito<br />

delle sue competenze, non era tenuto né ad ascoltarli né a<br />

valutarli, e né tanto meno a fare da aguzzino, per cui si limitò<br />

ad abbrancare con un’uncinata neutra la patente che pendeva<br />

floscia come una bandiera ammainata dalle dita di Fabrizio,<br />

verificò sommariamente, giusto per rispettare la prassi, che<br />

la faccia dell’utente castigato corrispondesse più o meno alla<br />

foto applicata sul documento, e passò meccanicamente a trascrivere<br />

i dati su un blocchetto spesso come un quadratino<br />

compatto di cioccolato fondente.<br />

Suor Sofferenza, intanto, aveva dato il via ai preparativi per<br />

la discesa.<br />

Infilò la Mont Blanc insieme alla Settimana Enigmistica nella<br />

busta del supermercato, si sollevò dal sedile con un «Ehhh»<br />

ancora più strascicato e gutturale del sospiro angustiato con<br />

cui si era seduta, e con il biglietto costantemente in vista, chiuso<br />

nel pugno come il calcio di un’arma, si trascinò caracollando<br />

fino all’asta di sostegno nei pressi di una porta. In conclusione<br />

del tragitto, però, quando il treno aveva cominciato a frenare,<br />

Suor Sofferenza aveva accusato il rinculo, si era portata troppo<br />

indietro con le spalle, ed era parsa sul punto di cadere,<br />

tanto che sia Fabrizio che il controllore indirizzarono allarmati<br />

lo sguardo verso la monaca, convinti entrambi che stesse<br />

ineluttabilmente per rovinare a terra. Ma Suor Sofferenza, per<br />

quanto paurosamente, oscillò soltanto. Si inarcò su un fianco,<br />

come una barca che rolla tra le onde, tanto che la busta arrivò<br />

a strusciare il rivestimento di gomma con cui era pavimentato

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