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decanter 2, giugno 2006

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C<br />

Questa a volta egli si recò in un’altra zona degli U.S.A: a Denver,<br />

nel Colorado, dove egli fece delle altre significative esperienze,<br />

che lo portarono, di nuovo, ad esporre oltre Atlantico,<br />

in questa fiorente città, per due volte di seguito, la prima volta<br />

in quello stesso anno e poi, a seguire, nel 2000.<br />

Al ritorno, in ogni caso, da New York, nel 1984, egli si<br />

dimostrò cambiato: più consapevole, in altre parole, delle sue<br />

capacità creative, convinto innanzi tutto che ci potesse essere<br />

mercato - anche in Italia e particolarmente in questo Paese -<br />

per i suoi lavori. Ha fatto storia a questo proposito l’aneddoto<br />

che si racconta su di lui e che si riferisce all’amico artista Marco<br />

Santoro che gli chiese – con un pizzico d’allegria, mista a<br />

tanta volontà di sapere - quali fossero le opere che andavano<br />

più in voga, in quel momento, a New York. Lui, che in quel<br />

particolare istante – si racconta - era tutto vestito di bianco e<br />

che mostrava un piglio decisamente e convintamene americano<br />

(con il sigaro in bocca come - da sempre - era suo costume)<br />

rispose: “Vanno i lavori come i miei. Lavori pieni di fantasia,<br />

di colori e di segni”.<br />

Sta di fatto che tornando dagli Stati Uniti d’America il<br />

suo lavoro s’intensificò moltissimo. Il mercato italiano aveva<br />

“fame” – molta “fame” - delle sue opere. E lui produceva,<br />

produceva moltissimo, senza mai smettere, senza mai avere ripensamenti.<br />

Andavano, in particolare, alla grande, sul mercato<br />

meridionale, le sue carte colorate, le sue nature morte dove<br />

egli esplicava una forza fuori dal comune, una passione intensa<br />

verso l’arte che intanto lo premiò con la partecipazione, nel<br />

c u l t u r a<br />

Gerardo Cosenza, Mangiatore di banane, 1990, tecnica mista su tela<br />

1986, alla XI Quadriennale d’Arte Contemporanea di Roma e<br />

con il “Premio Michetti” di Francavilla a Mare (le segnalazioni<br />

furono fatte, in questi due casi, da Massimo Bignardi e da<br />

Enrico Crispolti).<br />

In questo periodo di forti relazioni con il mercato dell’arte,<br />

egli dovette far fronte – come lui stesso ha dichiarato - ad un<br />

problema molto serio: quello vale a dire dei falsi che alcuni,<br />

in maniera molto improvvida, tentarono di far “passare”<br />

in Campania, nel napoletano e nel casertano, con la colpevole<br />

connivenza di una televisione privata, che vendeva all’asta<br />

questi lavori. L’autore seppe, in ogni caso, contrastare questo<br />

fenomeno, autenticando – laddove possibile - le sue opere e<br />

procedendo ad una catalogazione precisa delle tele, delle carte<br />

e dei multipli (serigrafie ed acqueforti) da lui prodotti. Un<br />

lavoro questo che risulta, oggi, assai prezioso per la famiglia<br />

di Gerardo Cosenza, la quale intende autenticare, di suo, tutte<br />

le opere che sono in possesso dei collezionisti, dei mercanti e<br />

delle gallerie d’arte, attraverso l’expertise aggiuntivo di professionisti<br />

che hanno affiancato l’artista in vita e che potranno<br />

certificare l’originalità stessa, piena, delle sue opere. Tutto<br />

questo, solo ed esclusivamente, per fronteggiare – affermano<br />

la moglie e le due figlie più grandi, Anna Bruna e Giuliana - un<br />

eventuale mercato impazzito dell’arte, che potrebbe - dopo la<br />

prematura morte dell’artista - dar luogo o a copie d’autore o<br />

ad un ritorno dei falsi: i quali – gli uni e gli altri - non rendono<br />

certo omaggio dignitoso – se questo fenomeno dovesse verificarsi<br />

- alla memoria dell’artista.<br />

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