e la - Rivista IDEA
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ASSOLTO IL PUGILE<br />
CHE NELL’AGOSTO<br />
DI DUE ANNI FA,<br />
IN PREDA A UN<br />
RAPTUS, UCCISE<br />
A PUGNI UNA<br />
DONNA CAPITATA<br />
PER CASO SUL SUO<br />
CAMMINO: ERA<br />
INCAPACE<br />
D’INTENDERE<br />
E VOLERE. MA<br />
DAVVERO È STATO<br />
SOLO UN DESTINO<br />
TRAGICO<br />
E INESORABILE?<br />
L’ASSASSINO<br />
AVEVA GIÀ<br />
MANIFESTATO<br />
DISTURBI.<br />
CHE QUESTA<br />
STORIA MALEDETTA<br />
SIA ALMENO<br />
DI MONITO...<br />
14 á 16 febbraio 2012<br />
Il ficcanaso<br />
QUELLA FOLLIA OMICIDA<br />
Antonio Barillà<br />
Emlou ha quarantun’anni, ma sembra una ragazzina. Ha i capelli neri e<br />
l’aria timida, è orgogliosa delle sue radici filippine però felice di vivere<br />
a Mi<strong>la</strong>no. Sono le otto del mattino, è estate piena, ma per lei non è<br />
vacanza: porta il figlio piccolo dal<strong>la</strong> sorel<strong>la</strong>, l’altro è in piscina, poi s’incammina<br />
verso un giorno duro di <strong>la</strong>voro: pavimenti da lucidare e polvere da to -<br />
gliere per far quadrare i conti in fondo al mese.<br />
Oleg ha 25 anni, è un ragazzone ucraino: ha <strong>la</strong> passione del pugi<strong>la</strong>to, un <strong>la</strong>voretto<br />
come buttafuori alle spalle, un precedente per furto e una diagnosi di depressione.<br />
S’è appena <strong>la</strong>sciato con <strong>la</strong> ragazza e qualcosa s’è rotto dentro: all’improvviso apre<br />
<strong>la</strong> porta di casa e si precipita in strada, <strong>la</strong> mamma l’insegue un po’ in accappatoio,<br />
poi torna indietro, afferra il telefono e chiede aiuto: il figlio è fuori di sé, intuisce<br />
che possa compiere un gesto insensato.<br />
Emlou e Oleg s’incrociano per caso e per <strong>la</strong> donna è una fine violenta, assurda.<br />
Oleg, raccontano i testimoni, prova a strapparle <strong>la</strong> tracol<strong>la</strong>, poi l’aggredisce, <strong>la</strong><br />
scaraventa contro una vetrina con un calcio, comincia a tempestar<strong>la</strong> di pugni. Lei<br />
cade, lui s’accanisce. Ha le mani sporche di sangue, le nocche rotte.<br />
Nessuno s’avvicina, le ur<strong>la</strong> disperate di due anziane testimoni non lo p<strong>la</strong>cano.<br />
È una furia, anche i poliziotti che piombano a sirene spiegate faticano: grida frasi<br />
scon nesse mentre <strong>la</strong> vo<strong>la</strong>nte sgomma verso il Commissariato.<br />
Emlou non si muove, invece, sul<strong>la</strong> barel<strong>la</strong>. La maschera d’ossigeno copre il volto<br />
sfigurato. I medici dell’ambu<strong>la</strong>nza <strong>la</strong> rianimano dopo un arresto cardiocirco<strong>la</strong>torio,<br />
però è tutto inutile: muore in ospedale. Muore senza un perché, con le ossa<br />
del viso sfondate e forse un’espressione di dolorosa incredulità negli occhi scuri.<br />
Storia maledetta dell’agosto di due anni fa.<br />
Da pochi giorni s’è chiuso invece il processo. E Oleg è stato assolto perché non<br />
imputabile dall’accusa di omicidio aggravato, incapace di intendere e volere nel<br />
momento in cui il fatto fu commesso: è ma<strong>la</strong>to di schizofrenia paranoide, come ha<br />
stabilito <strong>la</strong> perizia psichiatrica, perciò non andrà in carcere nemmeno per un giorno,<br />
ma sconterà cinque anni di ospedale psichiatrico in quanto socialmente pericoloso.<br />
Comprendiamo lo stato d’animo dei parenti del<strong>la</strong> vittima, senza giustizia<br />
oltre che senza risarcimento. Percepiamo un’amarezza profonda quando sussurrano<br />
di sentirsi soli, abbandonati al loro dolore senza fondo dopo i primi tempi<br />
dell’emozione e del<strong>la</strong> solidarietà.<br />
Non vogliamo, tuttavia, discutere una sentenza dura da capire, ma che i giudici<br />
avranno ponderato a lungo e model<strong>la</strong>to sulle leggi vigenti. Ci chiediamo piuttosto<br />
se davvero, in casi come questo, incidano solo <strong>la</strong> fatalità, l’ineluttabilità e il destino,<br />
o se c’è responsabilità nel <strong>la</strong>sciar circo<strong>la</strong>re tranquil<strong>la</strong>mente chi soffre di<br />
disturbi tanto gravi. Leggiamo, attoniti, che l’ultima diagnosi di Oleg par<strong>la</strong>va di<br />
«esplosione depressiva psicotica violenta” e che era stato necessario un ricovero<br />
coatto, eppure era per strada, libero di uccidere a casaccio, di riversare <strong>la</strong> sua violenza<br />
cieca su una donna capitata sul<strong>la</strong> sua strada mentre andava a fare le pulizie<br />
come ogni giorno, mamma di due figli, mite, gentile, indifesa.<br />
Che sia almeno di monito, questa storia maledetta che annega in un <strong>la</strong>go di rabbia,<br />
pietà e sconcerto: più attenzione ai segnali, alle avvisaglie e alle diagnosi, perché<br />
non sempre i raptus sono imprevedibili.