visualizza il quaderno in formato pdf - Casa Falconieri
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nici citiamo l’acetone, <strong>il</strong> met<strong>il</strong>etichetone, <strong>il</strong> met<strong>il</strong>isobut<strong>il</strong>chetone<br />
e <strong>il</strong> cicloesanone, impiegati negli <strong>in</strong>chiostri liquidi, negli adesivi<br />
a solvente e <strong>in</strong> vernici e pitture.<br />
Ch<strong>in</strong>e-collé<br />
Con <strong>il</strong> term<strong>in</strong>e C<strong>in</strong>a applicata o ch<strong>in</strong>e-collé (francese) si <strong>in</strong>dica<br />
uno speciale tipo di carta, generalmente molto leggera, che<br />
può essere stampata e applicata/collata, appunto, <strong>in</strong> fase di<br />
stampa, su una carta più spessa. Tale supporto è <strong>il</strong> foglio sul<br />
quale viene stampata una matrice grafica (x<strong>il</strong>ografica, calcografica<br />
o litografica). L’uso della carta C<strong>in</strong>a, come viene denom<strong>in</strong>ata<br />
comunemente <strong>in</strong> Italia, è essenziale sia per ottenere segni più<br />
decisi sia toni più vellutati dando, <strong>in</strong>oltre, la possib<strong>il</strong>ità di realizzare<br />
stampe d’arte con una colorazione omogenea nel fondo<br />
(fond<strong>in</strong>o), data dal colore della carta C<strong>in</strong>a stessa. Questa, <strong>in</strong>fatti,<br />
può essere di varie colorazioni, dai grigi ai colori avoriati f<strong>in</strong>o ai<br />
gialli, più o meno <strong>in</strong>tensi. Altri nomi della C<strong>in</strong>a applicata sono<br />
carta C<strong>in</strong>a, carta bibbia e carta India.<br />
Chirotipia<br />
Stampa eseguita manualmente mediamente verniciatura a<br />
pennello attraverso lamiere traforate secondo sagome di segni<br />
alfabetici o altri.<br />
Cianografia<br />
Stampa sim<strong>il</strong>e a quella fotografica, eseguita su carte speciali traslucide,<br />
usata per documenti e disegni.<br />
Ciappola<br />
Bul<strong>in</strong>o, scalpelletto.<br />
C<strong>in</strong>quecent<strong>in</strong>a<br />
Ogni libro a stampa pubblicato nel C<strong>in</strong>quecento.<br />
Cliché, cliscè<br />
Term<strong>in</strong>e del l<strong>in</strong>guaggio corrente usato per <strong>in</strong>dicare una lastra<br />
r<strong>il</strong>ievografica, foto<strong>in</strong>cisa o elettro<strong>in</strong>cisa, montata su zoccolo.<br />
Cliché-verre<br />
Il cliché-verre, così si chiama questo procedimento ormai <strong>in</strong> gran<br />
parte dimenticato, si basava pur sempre sul totale controllo<br />
esecutivo operato dall’artista, così come accadeva nelle antiche<br />
tecniche <strong>in</strong>cisorie, con <strong>in</strong> più la novità di poter sfruttare gli effetti<br />
della luce su una carta sensib<strong>il</strong>e. Non si tratta, come avviene <strong>in</strong><br />
pratica troppo spesso oggi, di eseguire un generico disegno che<br />
viene poi <strong>in</strong> qualche modo riprodotto tipograficamente, ma di<br />
eseguire una vera e propria <strong>in</strong>cisione su vetro, per sfruttare poi<br />
l’effetto della luce sulla carta sensib<strong>il</strong>e. L’effetto f<strong>in</strong>ale è molto sim<strong>il</strong>e<br />
a quello dell’acquaforte, con la possib<strong>il</strong>ità però di creare cromatismi<br />
particolari. Le tecniche fondamentali sono due.<br />
La più semplice, ma non meno raff<strong>in</strong>ata consiste nel cospargere<br />
la superficie di un vetro con <strong>in</strong>chiostro tipografico imbiancato<br />
e cera <strong>in</strong> polvere. Dall’altra parte del vetro si mette uno sfondo<br />
nero, <strong>in</strong> modo che mentre la punta o <strong>il</strong> raschietto dell’artista<br />
eseguono <strong>il</strong> disegno asportando l’<strong>in</strong>chiostro, sarà possib<strong>il</strong>e verificare<br />
la correttezza del disegno tramite lo sfondo nero.<br />
La seconda tecnica, diffic<strong>il</strong>issima, consiste nel realizzare un vero<br />
dip<strong>in</strong>to ad olio sul vetro, aumentando o dim<strong>in</strong>uendo lo spessore<br />
del colore, <strong>in</strong> modo da ottenere effetti lum<strong>in</strong>osi di grande<br />
suggestione. La stampa viene ottenuta applicando la carta<br />
sensib<strong>il</strong>e o dal lato del disegno e da quello opposto. In questo<br />
secondo caso, la luce che imprime <strong>il</strong> disegno sulla carta sensib<strong>il</strong>e,<br />
dopo aver attraversato i vari strati, ottiene un effetto flou<br />
particolarissimo non furono molti gli artisti che si cimentarono<br />
col cliché-verre, ma tutti importanti.<br />
M<strong>il</strong>let, Rousseau, Delacroix, Daubigny. Ma chi si <strong>in</strong>namorò letteralmente<br />
di questo procedimento fu Jean Baptiste Cam<strong>il</strong>le<br />
Corot. Il grande pittore apprese la tecnica <strong>in</strong>torno al 1853, e <strong>in</strong><br />
poco più di venti anni realizzò 66 lastre di qualità splendida.<br />
Corot seppe sfruttare la peculiarità di questo tipo di <strong>in</strong>cisione,<br />
che è realizzato <strong>in</strong> def<strong>in</strong>itiva dalla luce, per creare dei piccoli capolavori<br />
nei quali la vena romantica evolve decisamente verso<br />
l’Impressionismo. Fu Adalbert Cuvelier, un fabbricante di colori,<br />
amico di Corot e membro della Società Francese di Fotografia,<br />
a far conoscere all’artista un gruppo di amici di Arras, ospitati<br />
nell’atelier di Constant Dut<strong>il</strong>leux, dove avevano studiato e messo<br />
a punto la nuova tecnica.<br />
Gran parte delle lastre prodotte furono create solo per <strong>il</strong> piacere<br />
personale degli artisti e di Cuvelier. La tiratura fu bassissima,<br />
e <strong>in</strong> certi casi <strong>in</strong>esistente. Le poche copie tirate f<strong>in</strong>irono spesso<br />
regalate ad amici. Per questo, anche se alcuni di questi lavori<br />
possono essere giustamente ritenuti dei capolavori dell’arte <strong>in</strong>cisoria,<br />
sono così poco conosciuti. Praticamente non esistono<br />
antiche tirature sul mercato. Il Cuvelier morì prima di tentarne<br />
una tiratura def<strong>in</strong>itiva e gran parte delle lastre <strong>in</strong> suo possesso<br />
furono disperse. Solo nel 1921 19 lastre di Corot, 16 di Daubigny,<br />
1 di Delacroix, 2 di M<strong>il</strong>let e di Rousseau, capitarono nelle<br />
mani dell’editore Le Garrec che ne eseguì una tiratura di 150<br />
esemplari.<br />
Donò poi le lastre ad un museo parig<strong>in</strong>o che si assunse l’impegno<br />
ufficiale di non pubblicarle mai più.<br />
Alla morte di Corot, avvenuta nel 1875, <strong>il</strong> cliché-verre venne praticamente<br />
abbandonato, tranne rari e sporadici casi. La sua riscoperta<br />
avvenne grazie ad un grande artista-fotografo-regista<br />
di <strong>in</strong>izio Novecento. Nel 1923 compaiono due lavori di Man Ray<br />
(<strong>in</strong> realtà realizzati nel 1917, ma messi <strong>in</strong> tiratura solo sei anni<br />
dopo) eseguiti con la tecnica del cliché-verre (dichiarata dallo<br />
stesso artista). Oltre a Man Ray, anche artisti del calibro di Ernst<br />
e Picasso si cimentarono sporadicamente con questa tecnica,<br />
che tuttavia non tornò più <strong>in</strong> auge.<br />
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