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Raccolta Sentenze

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VOLUMETRIA REALIZZABILE IN CASO DI FRAZIONAMENTI<br />

CONSIGLIO DI STATO, SENTENZA N. 2552 DEL 9 GENNAIO 2008<br />

Un’area già utilizzata a fini edilizi è suscettibile di ulteriore edificazione solo quando la costruzione su di essa<br />

realizzata non esaurisca la volumetria consentita dalla normativa vigente al momento del rilascio<br />

dell’ulteriore permesso di costruire, dovendosi considerare non solo la superficie libera ed il volume ad essa<br />

corrispondente, ma anche la cubatura del fabbricato preesistente al fine di verificare se, in relazione all’intera<br />

superficie dell’area (superficie scoperta più superficie impegnata dalla costruzione preesistente), residui<br />

l’ulteriore volumetria di cui si chiede la realizzazione” (cfr. Cons. di Stato, sez. V, 12 luglio 2004 n. 5039).<br />

Ai fini del calcolo della volumetria realizzabile non rileva la circostanza che l’unico fondo del proprietario sia<br />

stato suddiviso in catasto in più particelle, dovendosi verificare l’esistenza di più manufatti sul fondo<br />

dell’originario unico proprietario (cfr. CdS, sez. V, 26 novembre 1994 n. 1382). Allorché un’area edificabile<br />

venga successivamente frazionata in più parti tra vari proprietari, la volumetria disponibile ai sensi della<br />

normativa urbanistica nell’intera area permane invariata, con la duplice conseguenza che, nell’ipotesi in cui<br />

sia stata già realizzata sul fondo originario una costruzione, i proprietari dei vari terreni, in cui detto fondo è<br />

stato frazionato, hanno a disposizione solo la volumetria che residua tenuto conto dell’originaria costruzione<br />

e in proporzione della rispettiva quota di acquisto (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 16 febbraio 1987 n. 91).<br />

NON BASTA IL SILENZIO PER NEGARE IL PERMESSO<br />

TAR LAZIO, SENTENZA N. 14 DEL 10 GENNAIO 2008<br />

L’amministrazione comunale non può respingere con il silenzio la domanda di rilascio del permesso di<br />

costruire, ma deve sempre ricorrere ad un atto espresso. Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio ha<br />

così accolto il ricorso di un cittadino contro il Comune di Roma che era rimasto inerte di fronte all’istanza di<br />

rilascio del permesso di edificare presentata dal ricorrente per poter procedere all’ampliamento di un<br />

fabbricato residenziale. Secondo i giudici amministrativi il ricorso è fondato in quanto l’amministrazione<br />

pubblica è obbligata a pronunciarsi con un provvedimento espresso sulla richiesta della concessione edilizia<br />

e non può ricorrere al silenzio per rifiutarla implicitamente. Infatti la legge che regola il procedimento di<br />

rilascio del permesso di costruire stabilisce che il procedimento deve concludersi entro sessanta giorni dalla<br />

presentazione della domanda , se non emergono particolari problemi, con un provvedimento espresso, in<br />

mancanza del quale il silenzio - rifiuto che si forma può essere impugnato davanti al giudice, come è<br />

accaduto in questo caso. Il comportamento omissivo o inerte della pubblica amministrazione è considerato<br />

illegittimo perché incide negativamente sulla sfera giuridica del cittadino che senza un atto esplicito non è<br />

posto nelle condizioni di conoscere le motivazioni alla base del rifiuto della domanda e di esercitare<br />

adeguatamente il suo diritto di difesa. Per questi motivi il Tar ha dichiarato l’obbligo per l’amministrazione di<br />

provvedere sulla richiesta ed ha inoltre nominato un commissario (c.d. “ad acta”) con il compito di intervenire<br />

qualora il Comune non provveda nel termine assegnatogli.<br />

PER LA TRASFORMAZIONE DI UN SOTTOTETTO IN MANSARDA È<br />

NECESSARIO IL RILASCIO DELLA CONCESSIONE EDILIZIA<br />

CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONE III, SENTENZA N. 4981 DEL 31 GENNAIO<br />

2008<br />

La trasformazione di un sottotetto in mansarda costituisce mutamento della<br />

destinazione d'uso dell'immobile per il quale è necessario il rilascio della<br />

concessione edilizia, in assenza della quale il fatto integra l'ipotesi di reato<br />

di cui all'articolo 20 della Legge n° 47 del 1985.<br />

DIVIETO DI SOPRAELEVAZIONE PER INIDONEITÀ DELLE CONDIZIONI STATICHE DELL'EDIFICIO<br />

CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. II, SENTENZA N. 3196 DEL 11 FEBBRAIO 2008<br />

Il divieto di sopraelevazione, per inidoneità delle condizioni statiche dell'edificio, previsto dall'art. 1127<br />

secondo comma, cod. civ., va interpretato non nel senso che la sopraelevazione è vietata soltanto se le<br />

strutture dell'edificio non consentono di sopportarne il peso, ma nel senso che il divieto sussiste anche nel<br />

caso in cui le strutture sono tali che, una volta elevata la nuova fabbrica, non consentano di sopportare l'urto<br />

di forze in movimento quali le sollecitazioni di origine sismica. Pertanto, qualora le leggi antisismiche<br />

prescrivano particolari cautele tecniche da adottarsi, in ragione delle caratteristiche del territorio, nella<br />

sopraelevazione degli edifici, esse sono da considerarsi integrative dell'art. 1127 secondo comma, cod. civ.,<br />

e la loro inosservanza determina una presunzione di pericolosità della sopraelevazione che può essere vinta<br />

esclusivamente mediante la prova, incombente sull'autore della nuova fabbrica, che non solo la<br />

sopraelevazione, ma anche la struttura sottostante sia idonea a fronteggiare il rischio sismico.

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