Raccolta Sentenze
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Anche in merito alla seconda doglianza, i giudici di legittimità hanno confermato un orientamento oramai<br />
consolidato (ex multis, Cassazione, sentenza n. 17365 del 24 luglio 2009; sentenza n. 13201 del 9 giugno<br />
2009; sentenza n. 27061 del 18 dicembre 2006), secondo cui “…il ritrovamento, da parte della Guardia di<br />
Finanza, in locali diversi da quelli societari, di una contabilità parallela a quella ufficialmente tenuta dalla<br />
società sottoposta a verifica fiscale, legittima, di per sé e a prescindere dalla sussistenza di qualsivoglia altro<br />
elemento, la rettifica della dichiarazione sulla base di accertamento induttivo…”.<br />
Riflessioni conclusive<br />
A margine della sentenza in commento, si ritiene opportuno svolgere alcune brevi riflessioni in ordine<br />
all’utilizzo, da parte degli uffici finanziari, dell’accertamento analitico-induttivo in presenza di documentazione<br />
non ufficiale riferibile all’attività commerciale/professionale del contribuente.<br />
Il problema che ha sempre occupato sia la dottrina sia la giurisprudenza, anche nella considerazione del<br />
numeroso contenzioso in essere in materia, è la valenza probatoria da attribuire ai brogliacci extracontabili<br />
rinvenuti in sede di verifica. Com’è noto, infatti, l’articolo 39, comma 1, lettera d), del Dpr 600/1973, prevede<br />
che l’accertamento di attività non dichiarate può fondarsi anche su presunzioni semplici, purché queste siano<br />
gravi, precise e concordanti. In altri termini, il rinvenimento di documentazione “in nero” è sufficiente a<br />
legittimare una ricostruzione analitico-induttiva del reddito del contribuente, ovvero costituisce valido<br />
elemento indiziario dotato dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dalla legge? Al riguardo,<br />
la giurisprudenza ha fornito risposta positiva, sia in ordine alla validità indiziaria della documentazione non<br />
ufficiale, sia alla possibilità che il contribuente fornisca la prova contraria, sia alla necessità che tale<br />
documentazione debba essere allegata all’atto e prodotta in giudizio tutte le volte in cui il contribuente non<br />
ne abbia avuto conoscenza in precedenza (Cassazione, sentenze 17365/2009, 13201/2009, 25101/2008,<br />
19902/2008).<br />
IRAP NON OBBLIGATORIA PER GLI ISCRITTI AGLI ORDINI<br />
CORTE DI CASSAZIONE, SENTENZA N. 21989 DEL 16 OTTOBRE 2009<br />
La Corte di Cassazione è tornata sul tema dell’IRAP degli esercenti professioni intellettuali precisando che<br />
l’iscrizione ad un albo professionale protetto non rende obbligatorio il pagamento dell’Irap e non costituisce<br />
neppure presupposto sufficiente ai fini dell'assoggettamento a imposizione poiché occorre, sempre che<br />
l'attività del professionista sia autonomamente organizzata, cioè presenti un contesto organizzativo, seppur<br />
minimo, derivante dall'impiego di capitali e di lavoro altrui, che integri l'attività intellettuale del singolo. La<br />
Corte ha precisato che “in tema di Irap l'iscrizione ad un ordine professionale protetto non comporta<br />
l’esenzione dalla imposta dei soggetti esercenti professioni intellettuali, ma non costituisce neppure<br />
presupposto sufficiente ai fini dell’assoggettamento ad imposizione, occorrendo, alla stregua delle modifiche<br />
introdotte dal d.lgs. 137 del ’98 e dal d.lgs. n. 446 del ’97, che l’attività del professionista sia autonomamente<br />
organizzata, cioè presenti un contesto organizzativo esterno anche minimo, derivante dall'impiego di capitale<br />
e lavoro altrui, che potenzi l'attività intellettuale del singolo: il valore aggiunto che costituisce oggetto della<br />
imposizione deve infatti derivare dal supporto fornito alle attività del professionista dalla presenza della<br />
struttura riferibile alla composizione di fattori produttivi, funzionale all'attività del titolare". Nella sentenza i<br />
giudici ricordano anche deve essere condiviso l’assunto della Corte Costituzionale secondo cui l’Irap non è<br />
una imposta sui redditi, in quanto non colpisce il reddito del contribuente bensì il valore aggiunto prodotto<br />
dall’attività autonomamente organizzata e che mentre il requisito della autonoma organizzazione è<br />
connaturato alla nozione stessa di impresa, altrettanto non può dirsi per quanto riguarda l’attività di lavoro<br />
autonomo, ancorché svolta con carattere di abitualità, nel senso che è possibile ipotizzare una attività<br />
professionale svolta in assenza di organizzazione di capitale o lavoro altrui.<br />
L'IMMOBILE "DESTINATO" A STUDIO RIENTRA NELLA COMUNIONE LEGALE: MA NON PER IL<br />
TERZO ACQUIRENTE<br />
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. SS.UU., SENTENZA N. 22755 DEL 28 OTTOBRE 2009<br />
La dichiarazione di destinazione ad attività professionale contenuta nell'atto pubblico di compravendita di un<br />
immobile allo scopo di sottrarlo alla comunione legale dei coniugi non ha efficacia negoziale; però, per<br />
quanto riguarda l'efficacia dell'esclusione verso terzi, il sopravvenuto accertamento della comunione legale<br />
non è opponibile al terzo acquirente in buona fede.