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Raccolta Sentenze

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marito ed avevano riconosciuto alla donna il diritto ad un assegno di mantenimento di 3000 euro mensili. La<br />

Corte d'appello ha ribaltato la decisione addebitando alla donna, per questo comportamento, la colpa della<br />

separazione. La Cassazione ha confermato l'ultimo verdetto togliendo definitivamente alla donna il diritto a<br />

ricevere il mantenimento dall'ex marito.<br />

CASSAZIONE: SÌ AL COGNOME DELLA MADRE AI FIGLI<br />

CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. I, SENTENZA N. 23934/08<br />

Sono maturi i tempi per dare ai figli legittimi il cognome della madre. Lo ribadisce la Cassazione in una<br />

sentenza della prima sezione civile con la quale chiede addirittura al primo presidente della Suprema Corte<br />

di poter in un certo qual modo colmare il vuoto normativo e dare la possibilità ai giudici di fare sì che, se i<br />

genitori lo vogliono, i figli possano avere il cognome della madre anziché quello del padre. Diversamente,<br />

scrivono i supremi giudici, "se tale soluzione sia ritenuta esorbitante dai limiti dell'attività interpretativa la<br />

questione possa essere rimessa nuovamente alla Corte Costituzionale". In effetti, rilevano i giudici di piazza<br />

Cavour, che i tempi siano maturi per dare ai figli il cognome della madre lo imporrebbe anche "la mutata<br />

situazione della giurisprudenza costituzionale" e il "probabile mutamento delle norme comunitarie". Ad<br />

indurre la Cassazione ad intervenire nuovamente sul cognome da dare ai figli, il caso di una coppia di<br />

Milano, Alessandra C. e Luigi F., che per ben due gradi di giudizio si erano visti negare la possibilità di<br />

attribuire al figlio minore Guido, nato nel giugno del 2003, il cognome della madre. In particolare la Corte<br />

d'Appello di Milano, nel febbraio 2007, imponendo il cognome paterno aveva rilevato il vuoto normativo<br />

evidenziando la "persistente validità alla norma consuetudinaria che impone al figlio legittimo il cognome<br />

paterno". Contro il doppio no dei giudici la coppia milanese ha fatto ricorso alla Cassazione. Ed ora la<br />

Suprema Corte, accogliendo la rivendicazione dei genitori, chiede con insistenza al primo presidente di poter<br />

decidere direttamente. Del resto, rilevano i giudici della prima sezione civile, a far ritenere che siano maturi i<br />

tempi per dare ai figli il cognome della madre vi sono numerose pronunce. Non solo della Corte<br />

costituzionale che, nel 2006, aveva stabilito che "il sistema di attribuzioni del cognome non è più coerente<br />

con i principi dell'ordinamento e con il valore costituzionale dell'uguaglianza tra uomo e donna". Sulla stessa<br />

lunghezza d'onda vi è pure una decisione adottata nel dicembre 2007 dai capi di Stato e di governo dei 27<br />

capi della Ue e vi è pure la ratifica del Trattato di Lisbona dello scorso 2 agosto. Da ultimo, concludono gli<br />

ermellini, vi sono pure delle pronunce della stessa Corte di cassazione che per ben due volte ha<br />

"implicitamente sollecitato un intervento del legislatore che, pur avendo affrontato il tema da ormai quasi un<br />

trentennio non è ancora pervenuto a soluzioni concrete".<br />

MARITO GUADAGNA DI PIÙ DELLA MOGLIE? LA RESIDENZA FAMILIARE VA SEMPRE<br />

CONCORDATA DECISA INSIEME<br />

CORTE DI CASSAZIONE, SENTENZA N. 24574/2008<br />

La Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione ha stabilito che la decisione circa la residenza familiare,<br />

va concordata insieme tra i coniugi e che pertanto non è prerogativa del coniuge che guadagna di più. Gli<br />

Ermellini hanno infatti precisato che, in tali casi, "assume rilievo il principio fissato dall'art. 144 c.c., secondo<br />

cui la scelta della residenza familiare è rimessa alla volontà concordata di entrambi i coniugi, con la<br />

conseguenza che tale scelta non deve soddisfare soltanto le esigenze economiche e professionali del<br />

marito, ma deve soprattutto salvaguardare le esigenze di entrambi i coniugi e quelle preminenti della<br />

serenità della famiglia".<br />

FIGLI ISCRITTI A SCUOLE PRIVATE? LE SPESE LE PAGA IL GENITORE CHE HA DECISO<br />

CORTE DI CASSAZIONE, SENTENZA N. 25026/2008<br />

La Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione ha stabilito che le spese sostenute dal genitore che<br />

iscrive il proprio figlio a una scuola privata, gravano solo su colui che ha operato tale scelta. In particolare, gli<br />

Ermellini, hanno affermato il seguente principio di diritto “nella disciplina del diritto di famiglia, introdotta dalla<br />

legge 19 maggio 1975 n. 151, l’obbligazione assunta da un coniuge, per soddisfare bisogni familiari, non<br />

pone l’altro coniuge nella veste di debitore solidale, difettando una deroga rispetto alla regola generale<br />

secondo cui il contratto non produce effetti rispetto ai terzi. Il suddetto principio opera indipendentemente dal<br />

fatto che i coniugi si trovino in regime di comunione dei beni, essendo la circostanza rilevante solo sotto il<br />

diverso profilo dell’invocabilità da parte del creditore della garanzia dei beni della comunione o del coniuge<br />

non stipulante, nei casi e nei limiti di cui agli artt. 189 e 190 (nuovo testo) cod. civ.”. Naturalmente, la<br />

responsabilità solidale di entrambi non va esclusa quando si tratti di esigenze primarie come possono essere<br />

le spese per la salute.

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