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Raccolta Sentenze

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PER LA FALSA DICHIARAZIONE IL SEGRETO PROFESSIONALE NON CONTA<br />

CORTE DI CASSAZIONE, SENTENZA N. 9866 DEL 4 MARZO 2009<br />

I professionisti "non possono essere obbligati a deporre su quanto hanno conosciuto per ragioni del loro<br />

ministero, ufficio o professione, salvi in casi in cui hanno l'obbligo di riferirne all'autorità giudiziaria.<br />

L'eventuale segreto professionale non può essere ritenuto a priori, ma va eccepito da chi chiamato a<br />

deporre, rientra nelle indicazioni di cui all'art. 200 cod. proc. pen."<br />

Così la Cassazione nell'accogliere il ricorso per la condanna di falsa testimonianza di un professionista che<br />

aveva reso dichiarazioni contraddittorie in riferimento ad eventi che aveva appreso nella veste di legale.<br />

Accertata la sussistenza della falsa dichiarazione, a nulla è valso l'accertamento della circostanza che la<br />

deposizione non sia stata proceduta dall'avviso al teste della facoltà di astensione. Su questo punto, infatti,<br />

la Corte ribadisce che:<br />

"L'esimente di cui all'art. 384, cod. pen., nella parte in cui prevede l'esclusione della punibilità se il fatto è<br />

commesso da chi avrebbe dovuto essere avvertito della facoltà di astenersi dal rendere informazioni o<br />

testimonianza non si applica ai soggetti indicati nell'art. 200 cod. proc. pen., a quali è invece applicabile<br />

l'esimente nell'ipotesi in cui siano stati obbligati a deporre o comunque a rispondere su quanto hanno<br />

conosciuto per ragioni del loro ministero, ufficio o professione, salvi in casi in cui hanno l'obbligo di riferirne<br />

all'autorità giudiziaria."<br />

MODIFICA DELLA DESTINAZIONE D’USO<br />

CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III, SENTENZA N. 9894 DEL 5 MARZO 2009<br />

La destinazione di un immobile non si identifica con l'uso che in concreto ne fa il soggetto che lo utilizza, ma<br />

con quella impressa dal titolo abilitativo assentito (ovviamente quando tale titolo sussista e sia determinato<br />

sul punto). Ciò significa che "il concetto di uso urbanisticamente rilevante è ancorato alla tipologia strutturale<br />

dell'immobile, quale individuata nell'atto di concessione, senza che esso possa essere influenzato da<br />

utilizzazioni difformi rispetto al contenuto degli atti autorizzatori e/o pianificatori. Quanto al mutamento di<br />

destinazione di uso di un immobile attuato attraverso la realizzazione di opere edilizie, deve ricordarsi che,<br />

qualora esso venga realizzato dopo l'ultimazione del fabbricato e durante la sua esistenza, si configura in<br />

ogni caso un'ipotesi di ristrutturazione edilizia (secondo la definizione fornita dall'art. 3. l° comma, lett. d), del<br />

T.U. n. 380/2001), in quanto l'esecuzione dei lavori, anche se di entità modesta, porta pur sempre alla<br />

creazione di "un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente". L'intervento rimane<br />

assoggettato, pertanto, al previo rilascio del permesso di costruire con pagamento del contributo di<br />

costruzione dovuto per la diversa destinazione. Un'interpretazione coerente della disposizione di cui all'art.<br />

l0, l° comma, lett. c), del T.U. n. 380/2001 può aversi soltanto allorché si ritenga che in essa il legislatore si è<br />

riferito alle "destinazioni d'uso compatibili" già considerate dall'art 3, l° comma, lett. c) dello stesso T.U. (nella<br />

descrizione della tipologia del restauro e risanamento conservativo). Soltanto un'interpretazione siffatta<br />

consente di mantenere coerenza al sistema. Una diversa conclusione, nel senso della generalizzata<br />

esclusione, fuori dei centri storici, del limite dell' immodificabilità delle destinazioni d'uso, si porrebbe infatti in<br />

incoerente contrasto con tutta la disciplina degli interventi specificati dall'art. 3 del T.U. n. 380/2001 (ove<br />

finanche la manutenzione straordinaria, non può comportare "modifiche della destinazione d'uso").<br />

LA NOZIONE DI VARIANTE<br />

CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III, SENTENZA N. 9922 DEL 5 MARZO 2009<br />

Non tutte le modifiche alla progettazione originaria possono definirsi varianti e che queste si configurano solo<br />

allorquando il progetto già approvato non risulti sostanzialmente e radicalmente mutato dal nuovo elaborato<br />

(come accade, ad esempio, nelle ipotesi di: sensibile spostamento della localizzazione del manufatto,<br />

aumento del numero dei piani, creazione di un piano seminterrato, modifica del prospetto esterno etc.). La<br />

nozione di "variante", pertanto, deve ricollegarsi a modificazioni qualitative o quantitative di non rilevante<br />

consistenza rispetto all'originario progetto e gli elementi da prendere in considerazione, al fine di<br />

discriminare un nuovo permesso di costruire dalla variante ad altro preesistente, riguardano la superficie<br />

coperta, il perimetro, la volumetria, le distanze dalle proprietà viciniori, nonché le caratteristiche funzionali e<br />

strutturali, interne ed esterne, del fabbricato<br />

TRASFORMAZIONE DI PERGOLATO IN TETTOIA<br />

CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III, SENTENZA N. 10534 DEL 10 MARZO 2009<br />

La realizzazione di una tettoia in quanto opera di trasformazione urbanistica del territorio non rientrante nella<br />

categoria delle pertinenze è subordinata al rilascio della concessione edilizia (attualmente del permesso di<br />

costruire). La tettoia, a differenza di un pergolato che è una struttura aperta sia lateralmente che nella parte<br />

superiore, può infatti essere utilizzata anche come riparo ed aumenta quindi l'abitabilità dell'immobile.<br />

Questo in sintesi il principio espresso dalla Sentenza di Cassazione in commento, che discende dal

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