Raccolta Sentenze
Raccolta Sentenze
Raccolta Sentenze
Create successful ePaper yourself
Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.
L’AMMINISTRATORE NON PUÒ NEGARE LE CHIAVI DEL PORTONE AL CONDOMINO<br />
CORTE DI CASSAZIONE,SENTENZA 13626/2009<br />
L'art. 1102 del Codice Civile dispone, al primo comma, che "Ciascun partecipante può servirsi della cosa<br />
comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso<br />
secondo il loro diritto" Raccordando questa norma con l'art. 1130 che definisce le attribuzioni<br />
dell'amministratore del condominio e che comprende tra i suoi poteri anche quello di disciplinare l'uso delle<br />
cose comuni, la Corte di Cassazione ha chiarito che "Il potere dell'amministratore di disciplinare l'uso delle<br />
cose comuni, di cui all'art. 1130 c.c., comma 1, n. 2, è finalizzato ad assicurare il pari uso di tutti i<br />
condomini". Tale potere però non può estendersi fino al punto di riconoscere all'amministratore la possibilità<br />
di negare ad un solo condomino ciò che è invece consentito a tutti gli altri. Nella fattispecie si discuteva in<br />
merito a una servitù di passaggio. Uno dei condomini sosteneva di avere diritto di accesso alla propria<br />
proprietà esclusiva attraverso le aree comuni ma tale diritto gli veniva contestato dal condominio. IN<br />
relazione a tali contestazioni l'amministratore aveva quindi rifiutato di consegnargli le chiavi del portone. La<br />
Corte ha evidenziato che ove si riconoscesse tale potere all'amministratore, si verrebbe a menomare il diritto<br />
che deriva al singolo condomino dal suo titolo di acquisto in contrasto con il disposto dell'art. 1138 c.c.,<br />
comma 3.<br />
CASSAZIONE: CANE CHE ABBAIA DISTURBA ANCHE IN CAMPAGNA. I VICINI VANNO RISARCITI<br />
CORTE DI CASSAZIONE, SENTENZA N.29375/2009<br />
Si dice che "can che abbaia non morde", e forse è vero, ma di certo disturba la quiete e il riposo delle<br />
persone. Proprio per questo la Corte di Cassazione invita a mettere la sordina agli amici a quattro zampe<br />
che si dimostrano troppo vivaci e il loro abbaiare va oltre la normale tollerabilità Secondo la Corte il disturbo<br />
c'è sempre e non solo inn un contesto cittadino, ma anche se il cane è tenuto in aperta campagna. E' stato<br />
così riconosciuto il "danno da latrato" dalla Prima sezione penale della Corte (che ha confermato una multa<br />
di 200 euro per disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone con tanto di risarcimento del danno ai<br />
vicini che per lungo tempo avevano dovuto sopportare il continuo abbaiare dei cani accuditi da una cinofila.<br />
Nella parte motiva della sentenza si legge che gli animali spesso abbaiavano anche di notte disturbando due<br />
famiglie che vivevano nella zona. Gli ululati si sentivano anche a distanza di 100 metri. La difesa di chi<br />
accudiva gli animali aveva sostenuto che i vicini non potevano lamentarsi dato che gli animali si trovavano in<br />
aperta campagna ed aveva anche evidenziato il proprio amore per gli animali che accudiva gratuitamente.<br />
Piazza Cavour però non ha sentito ragione evidenziando che l'amore per gli animali "non discrimina la<br />
condotta". Il fatto poi che ci si trovasse in campagna "resta irrilevante poiché anche le persone che abitano in<br />
campagna hanno diritto al rispetto del riposo e chi vuole tenere dei cani nei pressi di altre abitazioni, sia in<br />
città che in campagna, deve usare gli accorgimenti necessari per evitare il disturbo dei vicini, come ha<br />
esattamente rilevato la sentenza impugnata". Quanto al criterio della "normale tollerabilità" la corte scrive<br />
che "Il criterio va riferito alla media sensibilità delle persone che vivono nell'ambiente ove i rumori fastidiosi<br />
vengono percepiti, mentre e' irrilevante la eventuale assuefazione di altre persone che abbiano giudicato non<br />
molesti i rumori".<br />
ASSEMBLEA, ERRATA VERBALIZZAZIONE, MANCATA INDICAZIONE DEI QUORUM DELIBERATIVI<br />
TRIBUNALE DI MILANO, SENTENZA N.831 DEL 21 GENNAIO 2009<br />
La mancata indicazione dei quorum deliberativi o il vizio formale di errata verbalizzazione in assenza di<br />
indicazione delle obiezioni sollevate dall'attore comportano non la nullità, ma l'annullabilità della delibera<br />
condominiale, la quale può essere impugnata solo dal condomino dissenziente o assente e non dal<br />
condomino presente assenziente.<br />
ESPERIMENTO DI AZIONI REALI CONTRO I SINGOLI CONDOMINI, APERTURA DI ACCESSI NEL<br />
CORTILE COMUNE<br />
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. II, SENTENZA N. 3044 DEL 06 FEBBRAIO 2009<br />
L'amministratore condominiale non è legittimato, senza autorizzazione dell'assemblea, all'esperimento di<br />
azioni reali contro i singoli condomini o contro terzi dirette ad ottenere statuizioni relative alla titolarità o al<br />
contenuto di diritti su cose e parti dell'edificio, a meno che non rientrino nel novero degli atti meramente<br />
conservativi.<br />
(Nella specie, la Suprema Corte ha cassato senza rinvio la sentenza che aveva riconosciuto tale<br />
legittimazione in relazione all'azione proposta nei confronti di uno dei proprietari che aveva aperto accessi<br />
nel cortile comune ai fini della rimessa di autovetture, in quanto tale azione, secondo la S.C., avrebbe inciso<br />
sulla condizione di un bene comune sottoposto a servitù).