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Scienze dell'Interazione anno 2012 n.1-2 - Scuola di ...

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STUDI, RICERCHE E DIBATTITI Alessandro Salvini<br />

<strong>di</strong>chiarare empiricamente reali. Trasformando in sintomi e patologie<br />

l’esperienza semantica del <strong>di</strong>agnosticato, ridefinendo il senso del suo fare e<br />

<strong>di</strong>re, si finisce per cancellarne la rilevanza, sovvertendone memoria e<br />

presenza.<br />

Se chiamiamo culturisti tutti coloro che praticano la cultura fisica, mettiamo<br />

in moto un criterio classificatorio assimilativo <strong>di</strong> tipo tassonomico,<br />

facendone una sottospecie sociologica e una tipologia aliena per chi già li<br />

guarda con sospetto e pregiu<strong>di</strong>zio.<br />

Nel costituire una certa classe <strong>di</strong> persone, usando un proce<strong>di</strong>mento<br />

tassonomico spurio si possono mescolare tra <strong>di</strong> loro in<strong>di</strong>catori eterogenei;<br />

costruiti attraverso i criteri <strong>di</strong>scriminanti e valutativi più <strong>di</strong>sparati. Ad<br />

esempio biologici, morali e sociologici, oppure <strong>di</strong> appartenenza e <strong>di</strong> attività,<br />

o estetici, me<strong>di</strong>ci, e pedagogici. Insomma si fa una raccolta selezionata <strong>di</strong><br />

elementi utili a <strong>di</strong>mostrare l’esistenza <strong>di</strong> un quadro sintomatico definito,<br />

come nel nostro caso a proposito della vigoressia e del vigoressico.<br />

Ci siamo <strong>di</strong>lungati un pò sugli effetti dei processi cognitivi basati sull’uso <strong>di</strong><br />

stereotipi e prototipi, ma il pensiero categoriale è alla base dei proce<strong>di</strong>menti<br />

<strong>di</strong>agnostici. La parola ‘<strong>di</strong>agnosi’ nell’ambito delle scienze cliniche della<br />

psiche è talmente polisemica e metamorfica che può ospitare <strong>di</strong> tutto, fatti<br />

salvi certi requisiti formali che la assimilano in via analogica ad un<br />

proce<strong>di</strong>mento me<strong>di</strong>co. Anche se in effetti si tratta <strong>di</strong> un proce<strong>di</strong>mento<br />

<strong>di</strong>fferente, al <strong>di</strong> là dello schema formale che imita. In molti ambiti e momenti<br />

le scienze cliniche della psiche valutano costrutti <strong>di</strong> senso e significato,<br />

trasformando, senza rendersene conto degli aggettivi e dei costrutti<br />

ermeneutici in fatti, delle interpretazioni in descrizioni e spiegazioni. Cosa<br />

che spesso rende impervia ogni validazione e falsificazione scientifica <strong>di</strong><br />

tipo empirico.<br />

3.4 Le <strong>di</strong>fferenze non sono sempre somiglianze<br />

Molte delle persone che chiamiamo culturisti, v<strong>anno</strong> in palestra per vari<br />

motivi e bisogni: oltre al benessere, all’euritmia, alla forma fisica, al<br />

potenziamento muscolare, è probabile che vadano in palestra per risultare<br />

adeguati ai modelli estetici culturalmente emergenti, rivelandosi in questo<br />

sensibili al valore normativo e socialmente <strong>di</strong>ffuso dell’aspetto fisico. Oggi<br />

come ieri le cose più <strong>di</strong>sparate servono come contrassegni d’identità. Un<br />

tempo la pelle <strong>di</strong> luna e l’ombrellino parasole ‘au plein air’, oggi l’<br />

abbronzatura, i tatuaggi e la depilazione. Anche per i culturisti lo sviluppo<br />

muscolare e la depilazione sono un contrassegno d’identità e <strong>di</strong><br />

appartenenza, valutati in modo positivo da un certo gruppo <strong>di</strong> pari, o da una<br />

coorte d’età. Potemmo <strong>di</strong>re che le persone che si de<strong>di</strong>cano alle pratiche<br />

della cultura fisica possono essere considerate altamente ‘socializzate’, e<br />

non il contrario come i <strong>di</strong>agnosti della vigoressia sostengono. Socializzate<br />

in quanto partecipi ad un comune or<strong>di</strong>ne simbolico, estetico e negoziale, ad<br />

una reciprocità identificativa micro o macroculturale. Se poi siano ‘socievoli’<br />

o meno (che è un’altra cosa) è una libertà che in quanto clinici possiamo<br />

loro concedere, e non immischiarci.<br />

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