Scienze dell'Interazione anno 2012 n.1-2 - Scuola di ...
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STUDI, RICERCHE E DIBATTITI Antonio Iu<strong>di</strong>ci<br />
bambini cosiddetti normali (Bernstein G., Carrol M., et al., 1994; Rapoport<br />
J., Buchsbaum M., Zahn T., Weingartner H. et al., 1978; Rapoport J.,<br />
Buchsbaum M. et al. , 1980). Pertanto la grande <strong>di</strong>ffusione del Ritalin come<br />
prova ex juvantibus è del tutto irrazionale (Diller, 1998).<br />
2.2.6 Assenza <strong>di</strong> aspetti relazionali, famigliari e ambientali<br />
La <strong>di</strong>agnosi secondo i criteri del DSM è avulsa da qualsiasi riferimento al<br />
contesto da cui proviene il minore (famiglia, scuola, etc.) o alle figure<br />
preposte a prendersi cura del bambino. Questi fattori, declassati dagli<br />
“esperti” a semplici concause, sono considerati marginali e non significativi<br />
per poter re<strong>di</strong>gere la <strong>di</strong>agnosi. Ma tale convinzione non è ingenua, bensì<br />
risponde a teorie che inquadrano il “deficit” come un problema del minore,<br />
presente al suo interno. Tale impostazione è <strong>di</strong> matrice organicista ed è<br />
<strong>anno</strong>verabile a quelle che considerano la “mente” un oggetto alla stessa<br />
stregua del corpo. In questo senso si riconosce una traccia me<strong>di</strong>calistica<br />
nell’approccio al comportamento dei minori e ancora una volta ci si pone<br />
rispetto ad essi come se fossero portatori <strong>di</strong> una malattia. Ma i riferimenti<br />
teorici sono una opzione conoscitiva, non un dato assoluto. In questo<br />
senso il DSM non rappresenta le scelte <strong>di</strong> tutti gli stu<strong>di</strong>osi. Per esempio gli<br />
stu<strong>di</strong> che pongono in relazione il comportamento con l’appren<strong>di</strong>mento e<br />
con gli stimoli offerti dal contesto sono patrimonio conoscitivo <strong>di</strong> molte<br />
<strong>di</strong>scipline e <strong>di</strong> numerosi professionisti. In un’e<strong>di</strong>toriale <strong>di</strong> Clinical Psichology<br />
del 2004 si legge: “Non basta formulare una <strong>di</strong>agnosi ed un trattamento<br />
farmacologico. La nostra esperienza clinica conferma, senza eccezione,<br />
che i medesimi comportamenti catalogati come ADHD si osservano nei<br />
bambini che si trovano inseriti in un contesto <strong>di</strong> violenza, abuso, relazioni<br />
parentali squilibrate, trauma affettivo” (Cfr Consensus, 2005). Da talune<br />
parti si ritiene che i tratti comportamentali <strong>di</strong> tipo adhd siano la “naturale”<br />
risposta del bambino allorquando si trova “bloccato” in una situazione in cui<br />
non si sente affatto coinvolto. Il ruolo genitoriale e lo stile educativo sono<br />
dunque fondamentali nell’orientamento generale del bambino: se non si<br />
sviluppano in lui le competenze <strong>di</strong> gestire le richieste dell’istituzione o <strong>di</strong><br />
gestire il proprio ruolo, ecc. Quel bambino tenderà ad esibire un<br />
comportamento <strong>di</strong> tipo ADHD (James, 2004). Spesso la criticità non è<br />
nemmeno nel contesto stesso ma nell’interazione che si viene a creare tra<br />
esso ed il soggetto: un bambino pigro in una famiglia <strong>di</strong> sportivi, che si<br />
aspetta un figlio altrettanto sportivo, può essere un elemento <strong>di</strong>ssonante<br />
rispetto ai valori ed alle attese degli adulti. Al contrario, un bambino<br />
“<strong>di</strong>fficile” può <strong>di</strong>venire adeguato a livello comportamentale se inserito in una<br />
famiglia ed in un ambiente sociale accoglienti e supportivi (Maziade M,<br />
1989). In tal caso anche un bambino “con basso orientamento al compito”<br />
può riportare risultati scolastici sod<strong>di</strong>sfacenti (Kanbayashi Y. Et al., 1994).<br />
Si deve pertanto concludere che la <strong>di</strong>agnostica ad oggi usata nei confronti<br />
dell’ADHD non ha ancora una legittimazione scientifica tale da permettere<br />
una definizione certa al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> ogni ragionevole dubbio. Se dunque non<br />
esistono, a parere <strong>di</strong> tutti, dei marcatori biologici, dei segni in grado <strong>di</strong><br />
considerare l’ADHD una malattia, è necessario presentare ora le ipotesi<br />
maggiormente utilizzate per inquadrare il “fenomeno” adhd.<br />
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