Scienze dell'Interazione anno 2012 n.1-2 - Scuola di ...
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STUDI, RICERCHE E DIBATTITI Antonio Iu<strong>di</strong>ci<br />
1. Introduzione<br />
L’ ADHD (Attention-Deficit/Hyperactivity Disorder), o più semplicemente<br />
ADD (Attention Deficit Disorder), è la denominazione con cui viene<br />
identificato un quadro “sintomatico” caratterizzato da inattenzione,<br />
impulsività e iperattività motori. Storicamente prende il posto della <strong>di</strong>scussa<br />
vecchia “sindrome del bambino iperattivo”, conosciuta prima come “ d<strong>anno</strong><br />
cerebrale minimo” (fino alla fine degli anni 60), poi come “ minimal brain<br />
<strong>di</strong>sorder” (<strong>di</strong>sfunzione cerebrale minima, presentata nel DSM III, 1984),<br />
mo<strong>di</strong>ficata infine per non avere più alcun riferimento esplicito a un d<strong>anno</strong> o<br />
a una <strong>di</strong>sfunzione cerebrale. Alcuni autori (Carey W.B., 2004) ritengono<br />
che il nuovo nome non abbia <strong>di</strong> fatto cambiato la forma mentis <strong>di</strong> chi la usa,<br />
rimanendo implicita l'assunzione del d<strong>anno</strong> cerebrale. L’impossibilità <strong>di</strong><br />
attestare evidenze causali configura l’ADHD come un “insieme <strong>di</strong> sintomi”,<br />
ben <strong>di</strong>stinta dal concetto <strong>di</strong> malattia. Quest’ultima è infatti caratterizzata da<br />
eziologia certa e si riferisce a riscontri oggettivi, i segni, così chiamati in<br />
quanto svincolati dalle categorie conoscitive dell’operatore (quadro<br />
semeiotico). I segni sono infatti <strong>di</strong>stinti dai sintomi, che invece non sono<br />
un’entità fenomenica unica e pertanto non sono caratterizzati da alcuna<br />
standar<strong>di</strong>zzazione. Quando tali sintomi sono organizzati in un quadro<br />
clinico coerente siamo <strong>di</strong> fronte, in termini me<strong>di</strong>ci, alla cosiddetta<br />
“sindrome”. Nel caso dell’ADHD i sintomi (ne vengono in<strong>di</strong>viduati 99) si<br />
riferiscono a comportamenti considerati “non adeguati”, pur non essendoci<br />
rispetto a questo termine criteri espliciti. Ad esempio: “<strong>di</strong>fficoltà a<br />
mantenere la concentrazione; sembra non ascoltare, fatica a seguire le<br />
istruzioni, si <strong>di</strong>strae facilmente; si mangia le unghie, evita o non ama<br />
compiti che richiedono un impegno mentale sostenuto; giocherella con<br />
mani e pie<strong>di</strong>; si agita sulla se<strong>di</strong>a; corre e salta in maniera eccessiva; ha<br />
<strong>di</strong>fficoltà ad aspettare o rispettare i turni; spesso lascia il proprio posto a<br />
sedere in classe o in altre situazioni in cui ci si aspetta che resti seduto;<br />
spesso scorrazza e salta dovunque in modo eccessivo in situazioni in cui<br />
ciò è fuori luogo parla troppo; parla troppo poco, interrompe e s’intromette<br />
spesso nel <strong>di</strong>scorso altrui; spesso “spara” le risposte prima he le domande<br />
siano state completate; è spesso "sotto pressione" o agisce come se fosse<br />
"motorizzato"; spesso parla troppo; ha <strong>di</strong>fficoltà a svolgere attività<br />
tranquille, sembra vivere in un mondo tutto suo (uno degli stereotipi più<br />
popolari negli USA per descrivere questo soggetto è il “cadetto dello<br />
spazio” (....)”. L’aleatorietà della definizione <strong>di</strong> tali comportamenti rende<br />
<strong>di</strong>scutibile l’applicazione del termine “sindrome” per l’ADHD in quanto<br />
l’esame obiettivo clinico non è rispettato da almeno due motivi: innanzitutto<br />
il comportamento viene considerato “non adeguato” principalmente dai<br />
genitori e dagli insegnanti che segnalano al professionista la situazione, in<br />
secondo luogo gli avverbi “spesso” e “facilmente” e la presenza <strong>di</strong> aggettivi<br />
come “eccessiva”, “troppo”, ecc., presenti nella descrizione del<br />
comportamento, rende ancor più soggettivo l’insieme dei comportamenti<br />
evidenziati. In tal caso se <strong>di</strong> sindrome si trattasse allora andrebbe usata la<br />
denominazione “sindrome comportamentale da <strong>di</strong>fficoltà istituzionali<br />
soggettivamente intese, non necessariamente clinica”. Un altro elemento<br />
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