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Scienze dell'Interazione anno 2012 n.1-2 - Scuola di ...

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STUDI, RICERCHE E DIBATTITI Antonio Iu<strong>di</strong>ci<br />

suici<strong>di</strong>o, anche per effetto dell’interruzione degli stimolanti o <strong>di</strong> altri farmaci<br />

simili alle anfetamine (Jacons B., 2002). Depressione e tentativi <strong>di</strong> suici<strong>di</strong>o<br />

sono elencati quali potenziali effetti avversi, in particolare durante il<br />

trattamento con alcuni prodotti contenenti metilfen<strong>di</strong>dato (quali il Concerta -<br />

Janssen-Cilag, Belgium), quin<strong>di</strong> il loro uso è controin<strong>di</strong>cato in pazienti con<br />

una storia <strong>di</strong> depressione e pensieri suici<strong>di</strong> (FDA, 2005). Uno dei potenziali<br />

effetti a lungo termine dell’uso <strong>di</strong> stimolanti è stato denominato “effetto<br />

zombie 7 ”, descritto da due tra i principali assertori della biopsichiatria negli<br />

USA, Eugene Arnold e Peter Jensen (1995, pag. 2306). Essi scrivono:<br />

“l’aspetto indotto dalle anfetamine, un’espressione apatica e triste, è in sé<br />

una cosa innocua, ma preoccupa i genitori. Il conseguente comportamento<br />

da “zombie”, cioè l’incapacità <strong>di</strong> esprimere emozioni e spontaneità, può<br />

rispondere a una riduzione della dose, ma qualche volta occorre cambiare<br />

farmaco”. Si tratta, come sostiene Breggin (2002), dell’ottun<strong>di</strong>mento e della<br />

repressione chimica delle funzioni cerebrali del bambino, attive in genere<br />

nelle attività creative. L’International Journal of Ad<strong>di</strong>ctions (De Grandpre R.,<br />

1999) elenca più <strong>di</strong> 100 reazioni avverse causate dal metilfenidato.<br />

5.3 Ricadute psicologiche sul minore e sul contesto<br />

Un primo effetto della <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong> ADHD effettuata nei confronti <strong>di</strong> un<br />

minore è quello <strong>di</strong> indurre la convinzione <strong>di</strong> aver trovato la “causa” delle<br />

problematiche inerenti il minore. L’aspettativa è quella <strong>di</strong> vedere risolte le<br />

implicazioni critiche associate a tali problematiche. Parallelamente la loro<br />

posizione è quella <strong>di</strong> deresponsabilizzarsi rispetto a quanto fin lì messo in<br />

campo. Ben presto però insegnanti e genitori si accorgono che non solo le<br />

“cause” non sono state estirpate, ma che dovr<strong>anno</strong> riprendere a gestire il<br />

minore in classe, visto che la <strong>di</strong>agnosi non comporta l’allontanamento del<br />

minore. Inoltre la gestione comporterà un minore etichettato, con tutto ciò<br />

che questo rappresenta per il minore e per la famiglia.<br />

Per il primo l’effetto è quello <strong>di</strong> significare le sue azioni a partire dalla<br />

<strong>di</strong>agnosi, che intanto viene scambiata per una malattia. Per la famiglia la<br />

<strong>di</strong>agnosi potrà essere usata per chiedere all’insegnante <strong>di</strong> tarare la<br />

valutazione del comportamento e delle prestazioni alla luce della <strong>di</strong>agnosi<br />

stessa. Gestione che si complica per il fatto che il minore, dalla <strong>di</strong>agnosi in<br />

poi, è nella con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> giustificare qualsiasi suo comportamenti. Il<br />

massimo comune denominatore <strong>di</strong> tale processo è quello <strong>di</strong> non<br />

concentrare l’attenzione sulle risorse <strong>di</strong> “quel bambino”, su quanto poteva<br />

imparare a gestire le richieste del contesto. Giustificando i primi e<br />

riducendo le seconde si avvia un percorso <strong>di</strong> riduzione delle occasioni <strong>di</strong><br />

sviluppo e <strong>di</strong> legittimazione al ruolo <strong>di</strong> “<strong>di</strong>verso” o <strong>di</strong> “malato”. E’ inoltre<br />

possibile che quella <strong>di</strong>agnosi per il bambino si riveli un “marchio” con cui<br />

interpretare la sua vita futura (università, lavoro, relazioni, etc.). La <strong>di</strong>agnosi<br />

limita inoltre, come riscontrato da <strong>di</strong>versi autori, la collaborazione tra quanti<br />

7 E’ possibile inoltre consultare Lader M. Neuroleptic-induced deficit syndrome: old<br />

problem, new challenge, J Psychopharmacol July 1993 vol. 7 no. 4 392-393.<br />

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