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L'aquila d'Europa - La Libera Compagnia Padana

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territori può pienamente essere integrato nel<br />

mercato mondiale e usufruire di tutti i vantaggi<br />

della divisione del lavoro”, la liberalizzazione<br />

degli scambi risulta inseparabile dall’autonomia.<br />

E infatti, molti piccoli paesi prosperano e<br />

non anelano a congiungersi con altri proprio<br />

perché si sono aperti ai mercati mondiali, mentre<br />

molti grandi stati, portati dalle loro dimensioni<br />

a tendenze protezioniste quando non autarchiche,<br />

hanno non di rado conosciuto il ristagno<br />

economico.<br />

<strong>La</strong> nuova Europa<br />

Entrambe le tesi sopra esposte contengono<br />

spunti interessanti. In ogni caso, mentre la globalizzazione<br />

è un fenomeno in espansione da<br />

tenere sotto attento controllo, un governo centrale,<br />

europeo prima e mondiale poi, è sicuramente<br />

qualcosa che si deve e si può fermare, se<br />

si vuole evitare una pericolosa involuzione dalla<br />

democrazia reale, intesa come effettiva possibilità<br />

di incidere sulle decisioni che vengono prese,<br />

a una democrazia soltanto più formale, vuoto<br />

meccanismo di delega e rappresentanza. Infatti,<br />

anche semplicemente per ragioni di numero<br />

e di distanze geografiche, in un parlamento<br />

continentale o mondiale la voce del singolo<br />

cittadino elettore viene ad avere un peso praticamente<br />

nullo mentre la gestione vera del potere<br />

è in mano alle alte gerarchie politico-burocratiche<br />

e la forza di pressione ai grandi accentramenti<br />

finanziari e all’industria della comunicazione.<br />

L’esame di come si sta sviluppando la nuova<br />

Europa è un’interessante banco di verifica delle<br />

argomentazioni precedenti.<br />

<strong>La</strong> nuova Europa nasce bancocentrica. L’articolo<br />

107 del Trattato di Maastricht recita: “Nell’esercizio<br />

dei poteri e nell’assolvimento dei<br />

compiti e dei doveri loro attribuiti dal presente<br />

trattato e dallo statuto del SEBC (Sistema Europeo<br />

di Banche Centrali) né la BCE (Banca<br />

Centrale Europea) né una Banca Centrale né<br />

un membro dei rispettivi organi decisionali<br />

possono sollecitare o accettare istruzioni dagli<br />

organi comunitari, dai governi degli Stati<br />

membri né da qualsiasi altro organismo...”.<br />

All’osservazione che, con un’organizzazione<br />

economica siffatta, la politica interna dei singoli<br />

stati viene essenzialmente governata dall’estero,<br />

la risposta è che il nuovo ‘interno’ non è<br />

più quello dei singoli stati bensì quello dell’intero<br />

continente. È quindi ovvio che la regolamentazione<br />

economica avvenga a livello conti-<br />

nentale. In più, viene spiegato che è questa la<br />

nuova dimensione alla quale occorre adeguarsi.<br />

Senz’altro è vero. Manca però un particolare<br />

importante: la possibilità che resta al cittadino<br />

elettore e contribuente di controllare con il<br />

proprio povero voto entità talmente potenti e<br />

lontane. Si consideri, ad esempio, che le famose<br />

‘direttive’ dell’Unione non sono deliberate dal<br />

Parlamento europeo, il quale ha funzioni solo<br />

consultive, bensì dalla Commissione, che è un<br />

organo eminentemente tecnocratico svincolato<br />

da ogni autentica legittimazione: questa è la<br />

‘sovranità popolare’ di cui godono i popoli europei<br />

nella nuova ‘casa comune’, in attesa di quella<br />

ancora più grande a venire.<br />

Il discorso è naturalmente diverso per le<br />

grandi istituzioni finanziarie, le quali da tempo<br />

hanno intravisto la possibilità di intervenire<br />

nella trasformazione economico-politica dell’Europa<br />

e del mondo. E infatti i supporter più<br />

entusiasti dell’unificazione europea sono stati<br />

banchieri e governanti, figure spesso coincidenti<br />

(come ad esempio nel caso italiano di Prodi,<br />

Dini e Ciampi). Da subito le banche hanno dato<br />

inizio a una girandola di fusioni e altre manovre<br />

varie.<br />

Quanto a prestazioni economiche, la nuova<br />

Europa non ha dato finora gran prova di sé. Dal<br />

momento dell’introduzione dell’Euro, la produttività<br />

europea ha visto un calo continuo e<br />

parallelamente la nuova moneta non ha fatto<br />

che deprezzarsi sul dollaro e sullo yen. D’altra<br />

parte, anche il lato politico della costruzione ha<br />

mostrato vistose crepe, con il fallimento della<br />

missione ‘umanitaria’ nella ex-Yugoslavia e con<br />

le tensioni create dal caso Austria. Che ne sarebbe<br />

stato della traballante costruzione europea<br />

se un politico sgradito, ad esempio, alla<br />

Francia fosse stato democraticamente eletto<br />

nella poderosa Germania?<br />

Immigrazione<br />

È ovvio che popolazioni ad alto tasso di sviluppo<br />

demografico e basso livello culturale ed<br />

economico cerchino di spostarsi in zone dove è<br />

stata prodotta maggior ricchezza, sollecitate a<br />

ciò anche dalle trasmissioni radiotelevisive che<br />

ne mostrano in genere gli aspetti più allettanti.<br />

Questi trasferimenti di enormi masse umane<br />

non risolvono il problema della sovrappopolazione<br />

nel mondo (gli africani con i loro ritmi di<br />

proliferazione sono già 700 milioni) né quello<br />

della povertà, che va affrontato nei paesi d’origine,<br />

mentre creano grandi squilibri nelle zone in<br />

10 - Quaderni Padani Anno Vl, N. 31 - Settembre-Ottobre 2000

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