L'aquila d'Europa - La Libera Compagnia Padana
L'aquila d'Europa - La Libera Compagnia Padana
L'aquila d'Europa - La Libera Compagnia Padana
Create successful ePaper yourself
Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.
Se il libero mercato diventa ideologia<br />
Dopo il crollo del muro di Berlino e il conseguente<br />
fallimento del comunismo da un<br />
punto di vista militare ed economico, il capitalismo<br />
e gli inerenti processi di globalizzazione<br />
si stanno affermando, da vincitori, in quasi tutto<br />
il pianeta. Tuttavia occorre analizzare se tale affermazione<br />
si espanda spontaneamente, in virtù<br />
di una maggiore efficacia rispetto alla pianificazione<br />
economica di stampo marxista, oppure se<br />
sia indotta non tanto da iniziative e provvedimenti<br />
legislativi o governativi quanto da caratteristiche<br />
intrinseche al capitalismo. Non si tratta qui<br />
di celebrare le doti e le virtù del libero mercato<br />
bensì di individuare e possibilmente prevenire le<br />
degenerazioni in cui un dato tipo di sistema economico<br />
può incorrere lungo il suo cammino storico.<br />
Se il marxismo riconduceva ed esauriva ogni<br />
dinamica storica, sociale, religiosa, culturale in<br />
un ambito meramente economicistico di pretesa<br />
scientificità, il capitalismo pare seguirne le orme<br />
tramutandosi, da dottrina economica fallibile e finita,<br />
a sistema conchiuso e autoreferenziale attraverso<br />
l’assolutizzazione delle sue componenti<br />
principali e il progressivo estendersi di queste alle<br />
altre variabili sociali. Come vedremo di seguito,<br />
liberismo e marxismo si incontrano spesso nella<br />
riaffermazione di una volontà di plasmare il reale<br />
e la società al fine di giungere a un “mondo migliore”<br />
e “nuovo” rispetto al precedente. Esemplare<br />
è in questo senso il più importante teorico<br />
del liberismo moderno, Ludwig von Mises, punto<br />
di riferimento essenziale per la corrente americana<br />
dei libertarians rilanciata decenni fa da Murray<br />
Rothbard, che nella sua Politica economica<br />
afferma: “Il requisito indispensabile per il raggiungimento<br />
di una maggiore uguaglianza economica<br />
nel mondo è l’industrializzazione. Ciò è<br />
possibile solo attraverso l’incremento dell’investimento<br />
o dell’accumulo di capitali.” Anche in<br />
Marx l’industrializzazione era ritenuta un processo<br />
storico indispensabile affinché il proletariato<br />
giungesse a maturazione della propria consapevolezza<br />
di classe sfruttata e imponesse la sua dittatura<br />
come approdo alla società senza classi. In<br />
quest’ottica per il marxismo erano ineluttabili<br />
quei processi di industrializzazione che consentivano<br />
alle contraddizioni insite nella produzione<br />
di Davide Gianetti<br />
di esplicitarsi ed esplodere per via rivoluzionaria.<br />
Mises condivide con Marx l’idea che il processo<br />
industriale coincida con il progresso infinito e<br />
continuo e che debba essere esteso a tutti i popoli<br />
ai quali, successivamente, secondo Mises si applicheranno<br />
“valide politiche economiche” onde<br />
raggiungere prosperità e ricchezza. Questa visione<br />
misiana affonda le proprie radici nella certezza<br />
taumaturgica di uno sviluppo economico progressivo<br />
e incessante dimenticando che esso, viceversa,<br />
risulta essere il prodotto di una storia, di<br />
una cultura, di una tradizione specificatamente<br />
europee.<br />
Molti popoli oggi vivono seguendo modelli di<br />
sviluppo cosiddetti arcaici: distruggere il loro sistema<br />
economico imponendone uno a loro incompatibile<br />
significa distruggere un patrimonio<br />
etno-culturale specifico e inimitabile. <strong>La</strong> penetrazione<br />
di McDonald’s, in questo senso, è sintomatica.<br />
Un’altra caratteristica comune alle due ideologie<br />
politico-economiche è il carattere universalistico,<br />
transnazionale e apolide su cui convergono.<br />
Se la dottrina marxista reputa indispensabile<br />
procedere all’“emancipazione” di “realtà” come<br />
l’etnia, il carattere culturale specifico di un popolo,<br />
le tradizioni che lo animano, la religione che<br />
lo caratterizza, al fine di “abolire il dominio di<br />
tutte le classi insieme con le classi stesse”, il liberismo<br />
segue la medesima strada utopistica. Dice<br />
Von Mises: “In assenza della libertà di migrazione<br />
i capitalisti tendono a spostarsi verso quei<br />
Paesi in cui è disponibile molta manodopera a<br />
costo ragionevole. Questo metodo è la migrazione<br />
del capitale (…) Tuttavia le restrizioni all’immigrazione<br />
- e su questo non esiste il minimo<br />
dubbio - riducono la produttività del lavoro umano”.<br />
Mises teorizza e invoca così la necessità del<br />
melting-pot e della società multirazziale poiché<br />
essa offrirebbe ai capitalisti maggiore scelta, in<br />
fatto di manodopera, di quanto non sia in grado<br />
di fare una società etnicamente omogenea. Anche<br />
in questo caso è soppresso il fattore umano e si<br />
esalta la produzione fordista su scala planetaria<br />
dove l’individuo si trasforma in “materiale biologico”<br />
da plasmare, utilizzare e accantonare secondo<br />
un procedimento di inesausta produttività.<br />
È evidente allora il carattere apolide e sradicato di<br />
18 - Quaderni Padani Anno Vl, N. 31 - Settembre-Ottobre 2000