L'aquila d'Europa - La Libera Compagnia Padana
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che sottopostegli erano proverbiali e non<br />
si può leggere senza commozione la cronaca<br />
dei suoi ultimi giorni, quando, colpito<br />
dalla malattia, si sedeva comunque al<br />
suo scrittoio dalle prime ore del mattino<br />
fino a tarda sera, chiedendo addirittura di<br />
essere svegliato (alle tre e mezza!) prima<br />
del consueto orario, per compiere il lavoro<br />
accumulatosi a causa delle forze che ormai<br />
lo abbandonavano.<br />
<strong>La</strong> grandezza e l’umiltà del Sovrano<br />
cattolico, che regna “per Grazia di Dio”<br />
ma di fronte al confessore è uguale al più<br />
modesto dei suoi sudditi, come diceva un<br />
Asburgo, Filippo II di Spagna, trovavano<br />
espressione nel cerimoniale della sepoltura<br />
degli Imperatori, quando davanti alla<br />
Kaisergruft, la Cripta dei cappuccini, il<br />
Maresciallo di corte chiedeva di far entrare<br />
la bara del defunto usando prima il<br />
“grande titolo”, poi la “piccola titolatura”,<br />
vedendosi però negare l’ingresso, che otteneva<br />
solo la terza volta, quando alla domanda<br />
del frate «Chi chiede accesso?» rispondeva<br />
semplicemente: «Tuo fratello<br />
Francesco Giuseppe, un povero peccatore».<br />
All’Imperatore, secondo le sue parole,<br />
«nulla era stato risparmiato» sul piano<br />
personale: la fucilazione del fratello, il suicidio<br />
del figlio, l’assassinio della moglie<br />
( 10 ) e del nipote erede al trono. Francesco<br />
Giuseppe avrebbe potuto dire di sé come il<br />
suo antenato Rodolfo nei versi di Grillparzer:<br />
«Ciò che era mortale l’ho estirpato/E sono soltanto<br />
l’Imperatore che non muore mai».<br />
L’Impero necessario<br />
Una riflessione sull’Impero multinazionale degli<br />
Asburgo può iniziare dal pensiero dell’Imperatore<br />
stesso, riferito dalla testimonianza dell’aiutante<br />
di campo Albert von Margutti: «Non<br />
furono avvenimenti storici quelli che hanno<br />
unito i nostri popoli, ma bensì le necessità assolute<br />
della loro presente e futura esistenza. Perciò<br />
la Monarchia è un insieme non artificioso<br />
ma organico, e, come tale, qualcosa di indubbiamente<br />
necessario. Essa rappresenta l’asilo, il rifugio<br />
di tutti i frammenti di nazioni gettati verso<br />
l’Europa centrale. Abbandonati a se stessi<br />
avrebbero un’esistenza miserabile, diverrebbero<br />
balocco di ogni loro più potente vicino. Invece,<br />
uniti, rappresentano non solo una potenza degna<br />
nel suo complesso di rispetto, ma possono<br />
Fotografia di Francesco Giuseppe nel 1888<br />
col reciproco aiuto sociale ed economico raggiungere<br />
condizioni più sicure e più favorevoli<br />
alla loro esistenza e al loro sviluppo» ( 11 ). <strong>La</strong><br />
prima edizione delle memorie di von Margutti<br />
apparve nel 1921 e non si può quindi pensare<br />
che l’Autore, morto nel 1940, avendo quindi il<br />
tempo di vedere i paesi dell’Europa centroorientale<br />
stretta nella morsa della Germania di<br />
Hitler e dell’Unione Sovietica di Stalin, addomesticasse<br />
i suoi ricordi per attribuire un giudizio<br />
profetico all’Imperatore.<br />
( 10 ) Una moglie della quale, alla sua scomparsa, disse: «Nessuno<br />
sa quanto ci siamo amati». Ma certo Elisabetta d’Austria<br />
non fu vicina come avrebbe dovuto al consorte e, soprattutto,<br />
non aveva affatto la sua stessa concezione della regalità,<br />
coltivando anzi idee “sovversive”, che almeno non<br />
uscirono dal campo di discutibili esercizi letterari (cfr. E.<br />
d’Austria, Diario poetico, Trieste 1998), cosicché il popolo<br />
conobbe solo il fascino di “Sissi”.<br />
( 11 ) A. di Margutti, L’Imperatore Francesco Giuseppe, Genova<br />
1990, pag. 116.<br />
Anno Vl, N. 31 - Settembre-Ottobre 2000 Quaderni Padani - 31