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QUaliTÀ - Pavoniani

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Nell’’estate del 2010 abbiamo acceso un nuovo mutuo per iniziare<br />

con i lavori di ristrutturazione della casa che aveva bisogno<br />

di essere ulteriormente ampliata per poter ospitare, oltre a noi 5,<br />

fino a un massimo di 6 bimbi. I lavori sono quasi al termine.<br />

Nel frattempo da settembre 2010 abbiamo accolto in affido<br />

altri 3 fratellini di 4, 6 e 8 anni. Poco dopo abbiamo cominciato<br />

anche ad ospitare una ragazza di 17 anni che viene dal veneto per<br />

frequentare una scuola di pallavolo in un paese vicino: in tutto ora<br />

siamo in 10. Tra qualche mese dovremmo diventare ufficialmente<br />

una comunità familiare denominata “Casa S. Gabriele Arcangelo”.<br />

Ho voluto brevemente raccontarvi la storia, perché è importante<br />

partire dai fatti, che dicono di una catena di incontri, avvenimenti,<br />

fatti di grazia. […]<br />

Nonostante i nostri limiti, per quanto siamo dei poveracci,<br />

dobbiamo riconoscere che praticando l’accoglienza, la nostra vita<br />

è cambiata e che siamo dentro l’avvenimento di un miracolo. La<br />

nostra vita di coppia è dentro quotidianamente al richiamo della<br />

reciproca misericordia, e questo cambia il nostro modo di guardarci.<br />

Anche i nostri figli, all’inizio entusiasti ed ora provati dalla<br />

fatica della quotidianità, proprio da questa nuova realtà familiare<br />

sono continuamente richiamati, se non ad alzare lo sguardo, almeno<br />

a porsi qualche domanda in più, e questo credo che sia un’esperienza<br />

educativa unica.<br />

Accogliere nella propria casa, nella propria famiglia, esalta la<br />

verità esistenziale di questi discorsi: perché avere con sé una persona<br />

24 ore su 24, condividere il bagno e il luogo dove si mettono<br />

gli asciugamani e gli spazzolini (che sembrano piccoli particolari,<br />

ma possono essere quelli su cui si comincia la giornata di buono o<br />

di cattivo umore…), richiede una grande verità di atteggiamento.<br />

L’accoglienza in famiglia, cioè il dire “Vieni con me”, “Vieni da<br />

me fisicamente” è più paradigmatica, più espressiva di quel valore<br />

dell’accoglienza che è la verità di qualunque rapporto. Solo che nel<br />

rapporto con il vicino o il compagno di lavoro, il dramma dell’accettare<br />

la diversità ha un termine temporale; per chi è accolto in<br />

famiglia la situazione è invece permanente, ed ha quindi una forza<br />

di spinta dirompente – o in senso positivo o in senso negativo –<br />

molto maggiore. […]<br />

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