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fatta propria da vari religiosi/e, i quali però hanno dovuto fare i<br />
conti con il “glorioso passato” istituzionale. Certamente l’istituzione<br />
è un rilevante patrimonio di memoria e di intelligenza che funge<br />
da “volano”. Funzione preziosa in tempi di cultura omogenea, ma<br />
anche all’origine di difficoltà quando un’epoca finisce, per il fatto<br />
che il volano non è capace di disimparare per apprendere nuove<br />
mappe concettuali.<br />
Nell’istituzione l’accoglienza del nuovo varia a seconda che<br />
conferma o contraddice i propri presupposti. Ma quando la storia<br />
presenta differenti orizzonti, le forme attuative del carisma, per<br />
continuare a essere espressive, domandano “discontinuità” piuttosto<br />
che riproposizione dei “vissuti”. Negli istituti le nuove forme,<br />
non essendo riferibili a prassi consolidate, sono nate non conformi,<br />
stigma che le ha accompagnate per vari anni condizionandone lo<br />
sviluppo sperato. Quanto detto va a dire uno dei motivi che hanno<br />
determinato la differente significatività delle esperienze dei “nonreligiosi”<br />
da quelle dei religiosi/e.<br />
Un altro motivo che determina rilevante diversità di significato<br />
e di esito, sta nel fatto che chi inizia nuove forme di solidarietà,<br />
dopo alcuni anni si rende conto che non è sufficiente fare accoglienza,<br />
ma è necessario simultaneamente organizzare frammenti<br />
di politiche sociali, con la tipica funzione di sensore dei bisogni e<br />
la capacità di stare nei processi, che significa imparare la difficile<br />
arte del promuovere, la sola ad arrivare a prevenire le cause che<br />
determinano le difficoltà.<br />
È quello che hanno voluto, saputo e potuto fare i non appartenenti<br />
a istituzioni, diversamente dai religiosi che a motivo di<br />
scadenze canoniche si trovano all’interno delle esperienze nel ruolo<br />
di persone in transito, mentre invece rimangono fissi gli operatori<br />
assunti per i quali non raramente il cambio della leadership è<br />
un’opportunità per far spazio a linee di indirizzo e di impegno a<br />
misura dell’interesse lavorativo.<br />
Non interpella il fatto che attorno ai vari don Ciotti, don Benzi<br />
... ecc , con mentalità non solo di servizio ma di politiche, si siano<br />
associati molti “condividenti” per lo più volontari, mentre attorno<br />
al religioso/a (ormai soli) ci siano quasi esclusivamente “dipendenti”<br />
e rari volontari?<br />
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