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il paesaggio “archeologico” - Ministero per i Beni e le Attività Culturali

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Il comprensorio dell’antica città ricade oggi nell’ambito di competenza<br />

di due diversi comuni: in quello di Montalto di Castro rientrano<br />

infatti l’area urbana e <strong>le</strong> necropoli settentrionali, in quello di<br />

Canino ricadono invece <strong>le</strong> estesissime necropoli orientali ubicate<br />

lungo la sponda sinistra del Fiora, che assolve a funzioni di confine<br />

tra i due comuni.<br />

Nell’Etruria Meridiona<strong>le</strong> i comp<strong>le</strong>ssi archeologici si collocano quasi<br />

sempre in ambienti di grandissimo valore ambienta<strong>le</strong> e Vulci non fa<br />

eccezione alla regola. Naturalmente <strong>il</strong> <strong>paesaggio</strong> attua<strong>le</strong> non è quello<br />

della città etrusca ma piuttosto quello che si è venuto sedimentando<br />

dopo la fine dell’Im<strong>per</strong>o Romano e la scomparsa del comp<strong>le</strong>sso sistema<br />

di gestione del territorio e del<strong>le</strong> acque che avevano garantito nei<br />

secoli precedenti la fert<strong>il</strong>ità del suolo e la ricchezza del<strong>le</strong> comunità<br />

umane. L’abbandono dei sistemi di drenaggio provocò la stagnazione<br />

del<strong>le</strong> acque e rese <strong>il</strong> terreno acquitrinoso: dunque l’attua<strong>le</strong> è <strong>il</strong> <strong>paesaggio</strong><br />

della Maremma ottocentesca, desolato e solitario come lo descrisse<br />

George Dennis quando nel 1842 <strong>per</strong>correva la campagna di Vulci<br />

alla ricerca di testimonianze del centro etrusco. Analoga era l’impressione<br />

che ne trasse D. H. Lawrence, che nel 1927 parlava della<br />

Maremma come di “una del<strong>le</strong> regioni più abbandonate e selvagge<br />

d’Italia” ma in quegli anni la campagna era già stata bonificata dalla<br />

malaria e ampie zone di terreno erano coltivate, restavano <strong>per</strong>ò ancora<br />

vasti pascoli ed un genera<strong>le</strong> senso di solitudine e abbandono.<br />

Nel suo comp<strong>le</strong>sso l’area della Città e del<strong>le</strong> circostanti necropoli si<br />

presenta ancora oggi sostanzialmente inalterata dal tempo tanto che,<br />

malgrado <strong>le</strong> massicce o<strong>per</strong>e di bonifica attuate al principio degli<br />

anni ’50 del secolo scorso, resta <strong>per</strong> essa ancor oggi valida la descrizione<br />

che ne fecero quei ce<strong>le</strong>bri viaggiatori. Questo <strong>paesaggio</strong> è animato<br />

da una componente che rafforza la sensazione di ammirare un<br />

luogo antico, si tratta degli animali tenuti semibradi al pascolo, cavalli<br />

e buoi dal<strong>le</strong> lunghe corna, grazie ai quali più volte si è parlato del<br />

<strong>paesaggio</strong> di Vulci come paradigma del<strong>le</strong> visioni che in passato si<br />

avevano del<strong>le</strong> rovine archeologiche.<br />

In questo contesto natura<strong>le</strong> e cultura<strong>le</strong> si collocano i pochi resti<br />

monumentali della città antica che connotano lo skyline del pianoro,<br />

rimasto inalterato anche dopo l’esecuzione del<strong>le</strong> ricerche archeologiche<br />

condotte a partire dagli anni ‘50 del 900.<br />

Questa area, che è una del<strong>le</strong> più caratteristiche dell’Alta Maremma<br />

Lazia<strong>le</strong>, è stata da sempre oggetto di grande attenzione da parte dello<br />

Stato, la cui azione si è sv<strong>il</strong>uppata su due linee, l’una di tutela, avviata<br />

fin dal 1916, mediante vincoli sia archeologici che paesaggistici e l’altra<br />

di acquisizione dei terreni di proprietà privata compresi nella area<br />

occupata dalla città. In questa prospettiva si è nel tempo esplicata l’attività<br />

della Soprintendenza Archeologica, impedendo l’attuazione di<br />

quella frenetica attività ed<strong>il</strong>izia che purtroppo ha sconvolto altre aree<br />

della regione: valga <strong>per</strong> tutte l’esempio della costa a nord di Roma.<br />

Per parte sua la Regione Lazio ha condiviso questo atteggiamento:<br />

infatti individua già nel Piano Territoria<strong>le</strong> Paesistico, approvato con la<br />

<strong>le</strong>gge regiona<strong>le</strong> n. 24 del 6.7.1998, l’area del parco archeologico di<br />

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