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il paesaggio “archeologico” - Ministero per i Beni e le Attività Culturali

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Se in anni passati l’eliminazione incondizionata del verde è apparsa<br />

come un’azione insensata, al contrario sembra indispensab<strong>il</strong>e ora<br />

ripensare ad un intervento mirato e disciplinato sul<strong>le</strong> varie essenze<br />

vegetali e arboree infestanti, intervenendo con accorgimenti tecnici<br />

di possib<strong>il</strong>e precisione, affinché <strong>le</strong> strutture antiche non abbiano a<br />

patire ulteriormente nel loro delicato equ<strong>il</strong>ibrio struttura<strong>le</strong>.<br />

Rovine e verde sono un felice binomio che incontra <strong>il</strong> favore dei frequentatori<br />

del<strong>le</strong> aree archeologiche: si dà <strong>per</strong> scontato che queste<br />

vengano “arredate con piantumazioni”, talvolta scelte con approssimazione<br />

e d<strong>il</strong>ettantismo.<br />

È evidente che <strong>per</strong> un’esatta valutazione di un intervento di restauro<br />

e di sistemazione di un’area archeologica non si può prescindere<br />

dallo studio dell’ambiente antico nella sua interezza <strong>per</strong> affrontare al<br />

meglio la progettazione e la conseguente valutazione di indicazioni<br />

propositive. Si deve sottolineare che studi mirati sul<strong>le</strong> essenze antiche<br />

(specie spontanee, specie introdotte, specie medicinali, specie<br />

alimentari, piante coronarie ecc.): sono stati compiuti quasi esclusivamente<br />

nell’area vesuviana e in particolare a Pompei.<br />

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