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Emigrazione italiana in Olanda - COMITES-Olanda

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«[…] e prima c’avevo si, per me era sempre l’Italia, e ce l’ho ancora. Ancora adesso io due o tre<br />

volte all’anno ci devo andare, ad esempio come arriva adesso Pasqua ci devo andare, poi ho messo<br />

come per abitud<strong>in</strong>e, dicendo così, vado ad aiutare mio fratello alla vendemmia lì e vado ad ottobre.<br />

Poi se c’è qualche cosa esco ancora un’altra volta così tra agosto e settembre ci vado» 256 .<br />

Con questa “abitud<strong>in</strong>e” C. riprende tra i suoi familiari rimasti <strong>in</strong> Italia quel posto che era suo<br />

come se non l’avesse mai abbandonato, come se attraverso questo rituale volesse cancellare ogni<br />

traccia dell’esperienza migratoria. Nonostante i cambiamenti socio-economici dovuti alla loro<br />

scalata professionale, gli emigrati italiani non r<strong>in</strong>negano la loro condizione di ex-contad<strong>in</strong>i, ed è<br />

<strong>in</strong> quanto contad<strong>in</strong>i che essi ritornano alla loro attività e alla loro vita di un tempo. Ritornando al<br />

loro paese, essi diventano oggetto di un processo di “re<strong>in</strong>tegrazione” nella comunità di orig<strong>in</strong>e.<br />

Ma questa ricostruzione di un’appartenenza ideale non avviene soltanto quando gli emigrati<br />

tornano <strong>in</strong> Italia, anche nel Paese che li ospita attraverso la coltivazione dei cosiddetti orti del<br />

popolo si cerca di creare un proprio spazio, una cerchia di riconoscimento che delimiti<br />

un’appartenenza sociale e territoriale, un’appartenenza idealizzata che nel frattempo si è evoluta.<br />

«Io qua <strong>in</strong> <strong>Olanda</strong> c’avevo degli amici che avevano un pezzetto di terreno, coltivavano fiori, frutta,<br />

i figli sono andati <strong>in</strong> Canada, lui l’ha abbandonato poco tempo fa, mi sono fatto un orto là, mi sono<br />

aggiustato, l’ho fatto quasi per venti anni. Poi questo qua ha venduto la campagna e tutto, sono<br />

andato via, adesso un orto l’ho preso, questo si chiama l’orto del popolo, devi essere iscritto e<br />

pagare i contributi e devi attenerti alle leggi che ci sono. Dove sono io c’è anche Andrea Mantione,<br />

e siamo 7 italiani là, tutti un po’ sparpagliati» 257 .<br />

Gli orti costituiscono uno spazio <strong>in</strong> cui gli italiani possono coltivare prodotti come facevano nei<br />

rispettivi paesi, ma rappresentano anche il loro luogo di <strong>in</strong>contro serale. Pare che nel recupero<br />

dell’attività agricola da parte degli immigrati italiani <strong>in</strong> pensione non ci sia il desiderio di un<br />

ritorno vero alla campagna, è più il desiderio di recuperare la socialità costruita attorno a<br />

quell’attività che li attira. Il diventare operai e la successiva scalata professionale sono stati<br />

descritti come parti di un percorso di emancipazione dall’economia contad<strong>in</strong>a. L’abbandono<br />

della campagna ha significato la conquista di una posizione sociale di maggiore prestigio rispetto<br />

a quella occupata presso la comunità d’orig<strong>in</strong>e. Tuttavia nell’ultima fase delle storie di vita<br />

analizzate c’è un ritorno all’attività contad<strong>in</strong>a nel tentativo di recuperare modi di fare e una<br />

socialità che ricordano il paese di orig<strong>in</strong>e. Si può qu<strong>in</strong>di concludere che l’attrazione per gli<br />

256 Intervista a C., Utrecht, 01 aprile 2009.<br />

257 Intervista a M., Utrecht, 14 maggio 2009.<br />

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