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Emigrazione italiana in Olanda - COMITES-Olanda

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arrivavano <strong>in</strong> <strong>Olanda</strong> con un contratto di lavoro ed era loro già assicurato vitto e alloggio<br />

all’<strong>in</strong>terno di una pensione. Sovente le pensioni erano abitate anche da altri sud-europei, come<br />

spagnoli e greci, ma essendo gli italiani il primo gruppo di lavoratori ospiti reclutati <strong>in</strong> <strong>Olanda</strong><br />

nel secondo-dopoguerra, era facile che all’<strong>in</strong>terno di una stessa pensione si trovassero a vivere<br />

anche f<strong>in</strong>o a dieci italiani contemporaneamente. Ogni camera ospitava due o tre lavoratori,<br />

mentre una percentuale dell’affitto veniva pagata dalla fabbrica presso cui si lavorava. La<br />

distribuzione dei migranti nelle pensioni evitò comunque la formazione di quartieri abitati<br />

prevalentemente da italiani, così gli emigrati trovarono altri spazi <strong>in</strong> cui potersi <strong>in</strong>contrare nel<br />

dopo-lavoro. Nella città di Utrecht il bar e la sala da ballo erano i posti più frequentati dagli<br />

italiani il sabato sera, ma il loro punto di ritrovo più importante fu la cosiddetta “casa militare”,<br />

legata al centro cattolico, dove il momento di svago dal lavoro si univa al bisogno di far circolare<br />

problemi di stati d’animo legati ad un problema oggettivo (la povertà sofferta prima della<br />

partenza, la difficoltà nel socializzare con i cittad<strong>in</strong>i olandesi ecc.) e riconoscersi <strong>in</strong> certi valori<br />

condivisi (gli italiani erano legati ai valori comuni della tradizione cattolica quali la solidarietà,<br />

l’obbedienza, la dedizione al duro lavoro ecc.). Con l’emigrazione e il lavoro <strong>in</strong> fabbrica i<br />

giovani italiani acquistarono una certa autonomia, ma nel paese che li ospitava cercarono le<br />

stesse aspettative di fedeltà e di mutuo soccorso che nel paese di orig<strong>in</strong>e trovavano all’<strong>in</strong>terno<br />

della famiglia e dei gruppi parentali. Per gli italiani presenti ad Utrecht la famiglia come luogo di<br />

mutua assistenza venne sostituita dal centro cattolico. La chiesa più del s<strong>in</strong>dacato dava agli<br />

operai italiani un senso di cittad<strong>in</strong>anza e di difesa dei diritti nel nuovo Paese. Ancora oggi gli<br />

immigrati italiani presenti ad Utrecht ritrovano la tradizione del mutuo soccorso nel patronato<br />

cattolico che sovente offre assistenza economica e supporto morale agli anziani, soprattutto a<br />

quelli rimasti soli. Tutti gli <strong>in</strong>tervistati ricordano perfettamente chi era Don Roberto e il suo<br />

ruolo paterno e benevolo nei confronti degli italiani ad Utrecht:<br />

«c’era una casa <strong>italiana</strong> qui al centro sotto il comune e tutti i weekend o tutte le sere quando avevo<br />

voglia andavo lì, e lì praticamente non si parlava mai olandese perché si parlava siciliano, si<br />

parlava italiano ma non olandese. Tutte le domeniche c’era la messa dove c’era la casa degli<br />

italiani, c’era un prete che parlava italiano e tutte le domeniche si andava lì a messa» 197 .<br />

«Dov’è il mercato, <strong>in</strong> cerchio, si parlava di questo si parlava di quello, si parlava di casa, mio<br />

fratello, mia sorella, queste cose qua, che allora non era come ora, allora eravamo più attaccati alla<br />

famiglia, mi ricordo quando sono partito da lì il pianto come i ragazz<strong>in</strong>i» 198 .<br />

197 Intervista a M., Utrecht, 6 maggio2009.<br />

198 Intervista a F., Utrecht, 23 giugno 2009.<br />

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