Emigrazione italiana in Olanda - COMITES-Olanda
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pensano: perché uno deve essere superiore agli altri? perché è la mentalità che è già <strong>in</strong>granata da<br />
anni, loro dicono: “qui siamo tutti uguali”» 173 .<br />
2.3.3 L’emigrazione come diffusione di un “patrimonio”<br />
Durante le migrazioni di massa dei primi anni del ‘900, gli emigrati italiani trovarono lavoro<br />
all’estero soprattutto attraverso le reti amicali e parentali (si rimanda al primo capitolo), creando<br />
delle nicchie occupazionali peculiarmente “italiane” all’<strong>in</strong>terno del mercato mondiale del lavoro.<br />
Il lavoro che gli emigrati italiani svolgevano all’estero differiva da quello degli altri gruppi<br />
nazionali di emigrati, perciò si è spesso parlato di “nicchie economiche italiane” all’<strong>in</strong>terno del<br />
mercato mondiale 174 . Gli italiani arrivati <strong>in</strong> <strong>Olanda</strong> negli anni Sessanta seguirono altri canali<br />
attivati dal reclutamento <strong>in</strong> fabbrica, ma dopo la crisi <strong>in</strong>dustriale molti di loro ricrearono delle<br />
nicchie occupazionali giocando sul fattore etnico. L’economia di enclave etnica, basata sulla<br />
produzione e distribuzione di particolari tipi di oggetti, è una chiave di misura del “successo”<br />
raggiunto dagli immigrati italiani che non possedendo capitale economico si sono affidati<br />
all’unico capitale al quale avevano accesso o che potevano perf<strong>in</strong>o <strong>in</strong>ventare: il capitale<br />
culturale 175 . Tra gli italiani <strong>in</strong>tervistati per questa ricerca c’è chi, dopo l’esperienza di fabbrica,<br />
ha avviato una piccola attività giocando sulla tipicità del “prodotto italiano”, come nel caso di G.<br />
che ha aperto un ristorante italiano, dove anche i dipendenti sono italiani, o nel caso di F. che ha<br />
convertito il negozio del suocero <strong>in</strong> un negozio di cappelli regolarmente scelti e commissionati <strong>in</strong><br />
Italia. Un altro caso esemplare è quello di M. che ha portato avanti l’attività di gelataio del<br />
suocero, anche lui italiano, emigrato <strong>in</strong> <strong>Olanda</strong> negli anni Trenta, quando appunto le nicchie<br />
economiche furono il pr<strong>in</strong>cipale campo di <strong>in</strong>serimento degli italiani emigrati all’estero. Una<br />
certa abilità tecnica, un sapere pratico cumulativo trasmissibile, e particolari rapporti di fiducia,<br />
sono state la base per la formazione di economie di enclavi etniche. Le posizioni all’<strong>in</strong>terno di<br />
queste enclavi si affidano a competenze artigianali o commerciali che non richiedono istruzioni<br />
formali oltre all’apprendistato perché la qualità dei prodotti italiani è garantita da una consolidata<br />
tradizione artistica e artigianale. Nel racconto di M. si leggono quei meccanismi che legano il<br />
fattore dell’etnicità ad un prodotto rendendolo tipicamente italiano.<br />
«Ho cambiato lavoro perché nel frattempo mi ero sposato. Nel ’68 mi sono sposato, mia moglie è<br />
figlia di un italiano, mio suocero è venuto qui mi sembra nel 1930. Mia moglie l’ho conosciuta<br />
173<br />
Intervista ad U., Primo maggio 2009.<br />
174<br />
Cfr. D. Gabaccia, Emigranti. Le diaspore degli italiani dal Medioevo a oggi, E<strong>in</strong>audi,Tor<strong>in</strong>o 2003, p. 94.<br />
175<br />
Per Pierre Bourdieu il capitale culturale può essere una condizione di accesso al capitale economico secondo il<br />
postulato della convertibilità dei diversi tipi di capitale, ovvero la possibilità, sempre presente, di convertire un tipo<br />
di capitale <strong>in</strong> un altro, cfr. Pierre Bourdieu, La dist<strong>in</strong>zione. Critica sociale del gusto, il Mul<strong>in</strong>o, Bologna 1983.<br />
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