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Emigrazione italiana in Olanda - COMITES-Olanda

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elazionali di conoscenza e di parentela 108 non hanno giocato un ruolo primario. Nel capitolo<br />

precedente si è visto che nel caso di altre dest<strong>in</strong>azioni, soprattutto l’America, coloro che<br />

rimpatriavano def<strong>in</strong>itivamente o temporaneamente creavano e animavano un flusso<br />

d’<strong>in</strong>formazioni tra il paese d’orig<strong>in</strong>e e quello di dest<strong>in</strong>azione. La mobilità verso l’<strong>Olanda</strong> ha<br />

seguito <strong>in</strong>vece altri canali guidati da processi selettivi da parte del paese ospitante, con la<br />

cooperazione attiva dello Stato italiano (si è già fatto cenno ai patti bilaterali che promuovevano<br />

l’emigrazione del secondo dopoguerra). Come ha affermato Donna Gabaccia, lo stato “padrone”<br />

si occupava dei migranti temporanei di sesso maschile come i vecchi “padroni”. Lo stato italiano<br />

provvedeva a molti servizi forniti un tempo dai “padroni”, cercando però di sostituire i legami<br />

diretti, tipici del patronato delle comunità di paese, con i v<strong>in</strong>coli burocratici tra i s<strong>in</strong>goli<br />

lavoratori e le agenzie statali 109 . Gli ex uffici di collocamento divennero il luogo pr<strong>in</strong>cipale <strong>in</strong> cui<br />

era possibile trovare le <strong>in</strong>formazioni sulle possibilità di lavoro e sui salari all’estero, mentre la<br />

domanda di lavoro veniva direttamente dalle imprese <strong>in</strong>dustriali. I datori di lavoro olandesi<br />

reclutavano manodopera direttamente <strong>in</strong> Italia con contratti a term<strong>in</strong>e annuali. Tuttavia i migranti<br />

temporanei prima di essere reclutati dovevano affrontare una quantità di ostacoli. Il centro<br />

selettivo per gli italiani che volevano emigrare <strong>in</strong> <strong>Olanda</strong> era situato a Milano. È sorprendente<br />

come alcuni italiani ricord<strong>in</strong>o perfettamente la data e i dettagli della loro partenza, come a<br />

rievocare un evento significativo che rappresentò il passaggio ad una nuova fase della loro vita.<br />

Tenendo a mente il modello di “<strong>in</strong>dag<strong>in</strong>e etnosociologica” di Daniel Bertaux 110 , vengono qui<br />

riportate alcune parti significative ritagliate dai racconti di vita di quattro italiani emigrati ad<br />

Utrecht negli anni Sessanta:<br />

«Sono arrivato nel ’61, noi siamo partiti dalla Sicilia il due di agosto dall’ufficio di collocamento di<br />

Enna, ci hanno dato il passaporto e quello che serviva, ci hanno dato il biglietto perché era tutto<br />

pagato e siamo arrivati a Milano <strong>in</strong> piazza sant’Ambrogio al centro di immigrazione. Là c’era la<br />

commissione olandese, dottori, specialisti. Siamo stati quasi una settimana là, sette giorni perché il<br />

nove di agosto abbiamo già lavorato qua. Il nove d’agosto, il primo giorno di lavoro. Siamo stati là<br />

perché dovevamo passare la visita, dovevamo fare il controllo sanitario, perché se eri malato non<br />

entravi […]» 111 .<br />

108<br />

Cfr. S. Grilli, Gente del posto, toscani d’altrove: tre studi di caso su famiglia, reticoli migratori e matrimonio, Il<br />

segnalibro, Tor<strong>in</strong>o 2007.<br />

109<br />

D. Gabaccia, Emigranti. Le diaspore degli italiani dal Medioevo a oggi, E<strong>in</strong>audi,Tor<strong>in</strong>o 2003, p. 234.<br />

110<br />

Attraverso la dimensione diacronica l’<strong>in</strong>dag<strong>in</strong>e etnosociologica permette la comprensione delle logiche di azioni<br />

nel loro sviluppo biografico e le configurazioni dei rapporti sociali nel loro sviluppo storico, cfr., Daniel Bertaux,<br />

Racconti di vita. La prospettiva etnosociologica, Franco Angeli, Milano 1999.<br />

111<br />

Intervista a F., Utrecht, 1 aprile 2009.<br />

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