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Cortina Inverno

Eccoci arrivati al decimo numero di CORTINA.TOPic. Una bella strada, quella che abbiamo percorso assieme. Con un obiettivo interessante, quello di dar vita — cinque stagioni or sono — a una rivista dalla doppia vocazione: di approfondimento e promozione, capace di immortalare la Cortina che ci piace e di dar voce a chi la ama, guardando sempre al futuro, forti di un illustre passato.

Eccoci arrivati al decimo numero di CORTINA.TOPic.
Una bella strada, quella che abbiamo percorso assieme. Con
un obiettivo interessante, quello di dar vita — cinque stagioni
or sono — a una rivista dalla doppia vocazione: di approfondimento
e promozione, capace di immortalare la Cortina che
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Self-responsibility<br />

per affrontare<br />

il domani<br />

Ho un sogno semplice: abitare in un “Paese<br />

artigiano”. Un Paese che ritrovi la sua<br />

vocazione responsabile. Proprio il senso<br />

di responsabilità rende tanto sostanziale<br />

e tanto metaforico l’essere artigiani: l’idea cioè che<br />

ogni successo e ogni fallimento sono frutto delle nostre<br />

mani e che, responsabilmente appunto, non si<br />

possono ascrivere a terzi i propri fallimenti. Occorre<br />

un avvenimento, un oggetto per riuscire a tracciare<br />

quel solco che l’artigiano sa fare naturalmente e che<br />

noi invece magari facciamo male perché non abbiamo<br />

la stessa competenza ma, soprattutto, perché non<br />

ci siamo presi la briga di conquistarcela: abbiamo delegato<br />

troppo, non fatto in proprio. Abbiamo lasciato<br />

il territorio ai cementificatori, abbiamo abbandonato<br />

la campagna, abbiamo accettato modelli di sviluppo<br />

decisi dall’economia e non dalla cultura, abbiamo<br />

imitato esempi estranei e fuori dalla nostra genetica.<br />

Proprio come un artigiano incompetente che colpisce<br />

con uno scalpello inadatto una pietra troppo morbida,<br />

vanificando il suo stesso lavoro.<br />

L’artigiano osserva e se sbaglia impara dai suoi<br />

sbagli. Il suo traguardo è arrivare alla leggerezza, al<br />

gesto talmente connaturato da essere eseguito senza<br />

nemmeno pensarci. La meraviglia è proprio constatare<br />

con quanta leggerezza l’artigiano sa fare cose<br />

apparentemente difficilissime; il fabbro per esempio,<br />

che lavora un materiale terribile, che gli fa resistenza,<br />

eppure lui in qualche modo lo convince, in qualche<br />

modo gli dà una posa, gli parla, in un dialogo costante.<br />

E così il falegname, che ha lo strumento giusto per<br />

fare il ricciolo giusto, mentre noi sprecheremmo tanto<br />

di quel legno. Allo stesso modo potremmo abbracciare<br />

ipotesi di tolleranza e ascolto, contro il pregiudizio<br />

e la rabbia. La calma del vasaio, la concentrazione<br />

di un cittadino cosciente, competente, attento.<br />

Ecco il mio sogno: una nazione, ricchissima di artigiani,<br />

nel senso metaforico del termine e non solo.<br />

C’è bisogno di persone che abbiano competenza di<br />

quello che stanno facendo e che siano quindi responsabili<br />

degli errori che fanno. Intellettuali compresi.<br />

Marcello Fois<br />

Scrittore, commediografoe sceneggiatore italiano<br />

tra gli ospiti della rassegna Una Montagna di libri<br />

Noi,<br />

rocce nella natura<br />

Un grande capo indiano Seattle diceva: «La terra non appartiene all’uomo;<br />

è l’uomo che appartiene alla terra».<br />

Rocce, terra, fossili, minerali hanno una vita propria che vive con<br />

ritmi enormemente dilatati rispetto ai nostri. Noi viviamo troppo velocemente<br />

per accorgerci della vita minerale.<br />

Superate le vecchie concezioni utilitaristiche della conservazione della Natura,<br />

accettare che la roccia abbia una vita significa accettare l’inanimato come<br />

degno della nostra considerazione morale.<br />

L’uomo si è sempre servito della roccia per i suoi scopi. Presumiamo che il<br />

regno minerale non chieda altro che rimanere minerale, nelle forme in cui ci si<br />

presenta, ma nello stesso tempo lo consideriamo meno della carne da macello.<br />

Questa si può riprodurre in tempi brevi, mentre la rinascita della roccia è rinviata<br />

alla prossima rivoluzione geologica. Ma al di là delle inevitabili e giustificate<br />

aggressioni che l’uomo compie nei confronti dell’inanimato, ci sono le piccole<br />

aggressioni di ogni giorno, le superficiali indifferenze verso una vita diversa dalla<br />

nostra. Leggerezza e superficialità ci inducono ad asportare pezzi di roccia, meglio<br />

se con un certo valore economico come i minerali o i fossili. E così un bene<br />

comune viene nello stesso tempo privatizzato e degradato a bottino. Staccare<br />

concrezioni millenarie vuol dire distruggere irrimediabilmente una meraviglia<br />

della natura creata con tanta pazienza, ma vuol dire anche eliminare per sempre<br />

una compartecipazione altrui a quella bellezza.<br />

Perché gettare i sassi in un lago alpino oppure giù per un pendio? Perché<br />

modificare un ordine, perché alterare delle energie potenziali? Perché spaccare le<br />

rocce alla ricerca delle gemme di cristallo?<br />

Il diritto di conquistarci i piccoli piaceri personali diventa quasi superfluo se<br />

ci convinciamo, fermamente, che possiamo vivere in grande serenità solo nella<br />

più intensa comunicazione con la natura: la pura osservazione sarà il catalizzatore<br />

delle nostre potenzialità espressive, mentre escursioni, arrampicate e avventura<br />

ne saranno il prezioso contenitore.<br />

Alessandro Gogna<br />

Storico dell’alpinismo di fama internazionale<br />

e opinionista della quarta edizione di <strong>Cortina</strong>inCroda<br />

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