21.10.2013 Views

Cortina Inverno

Eccoci arrivati al decimo numero di CORTINA.TOPic. Una bella strada, quella che abbiamo percorso assieme. Con un obiettivo interessante, quello di dar vita — cinque stagioni or sono — a una rivista dalla doppia vocazione: di approfondimento e promozione, capace di immortalare la Cortina che ci piace e di dar voce a chi la ama, guardando sempre al futuro, forti di un illustre passato.

Eccoci arrivati al decimo numero di CORTINA.TOPic.
Una bella strada, quella che abbiamo percorso assieme. Con
un obiettivo interessante, quello di dar vita — cinque stagioni
or sono — a una rivista dalla doppia vocazione: di approfondimento
e promozione, capace di immortalare la Cortina che
ci piace e di dar voce a chi la ama, guardando sempre al futuro, forti di un
illustre passato.

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

60<br />

Ambra-Cadabra<br />

Una scoperta, quella affiorata dalla roccia delle Tofane che,<br />

dopo la pubblicazione sulla rivista Proceedings of the National<br />

Academy of Sciences, ha fatto il giro del mondo scientifico<br />

e che omaggia — anche con il nome assegnato a una<br />

delle due specie ritrovate, Triasacarus fedelei — il cortinese<br />

Paolo Fedele, che nel 1997 aveva segnalato il giacimento.<br />

Un riconoscimento che giunge come frutto di un’intera<br />

vita dedicata alla ricerca dei fossili, attività condivisa con<br />

quegli appassionati che, come lui, hanno raccolto l’eredità<br />

di Rinaldo Zardini e che ha permesso la nascita, a <strong>Cortina</strong>,<br />

del Museo Paleontologico, dove è oggi conservato il<br />

fortunato reperto. Spinto da una grande curiosità verso<br />

quella che sembrava una vera e propria “corsa” a megalodonti<br />

e ammoniti, affascinanti perché paragonabili a vere e<br />

proprie sculture, nel 1997 l’occhio attento di Paolo Fedele<br />

aveva notato qualcosa in un campione di roccia nei pressi<br />

di Rumerlo, che ad altri occhi era sfuggita. Migliaia di goccioline<br />

di resina fossile, grandi pochi millimetri, inglobate<br />

nella matrice argilloso arenacea: l’ambra. Questo eccezionale<br />

ritrovamento è un’ulteriore conferma che le Dolomiti<br />

sono un laboratorio importantissimo per lo studio della<br />

storia geologica della Terra, e <strong>Cortina</strong>, regina degli sport<br />

invernali, è un luogo dove lo sciatore inconsapevole scivola<br />

a fianco di barriere coralline, lagune, isole tropicali... Ma<br />

per poter apprezzare un tale inestimabile tesoro è necessario<br />

prima di tutto riuscire a vederlo. Ecco l’insegnamento<br />

che ci trasmettono figure come Rinaldo Zardini, Paolo<br />

Fedele, Giorgio Zardini. Imparare a leggere quel favoloso<br />

romanzo di rocce che sono le Dolomiti e saperle osservare,<br />

magari con gli occhi di un bambino, che condotto al<br />

museo, davanti a un piccolo pezzo di roccia scura e i frammenti<br />

giallo-bruni in trasparenza, è ancora capace di emozionarsi<br />

e pronunciare: ambra-cadabra.<br />

Stefania Zardini Lacedelli e Chiara Siorpaes<br />

prodotta dalle conifere delle Dolomiti. Se già in<br />

passato erano stati identificati numerosi microrganismi<br />

unicellulari, queste nuove analisi permettono<br />

di ricostruire meglio l’ecosistema presente<br />

nell’area in quel periodo.<br />

«Nel 2006 il team di ricerca aveva già pubblicato<br />

risultati sullo studio di batteri e protozoi inglobati<br />

nell’ambra dolomitica, dimostratisi incredibilmente<br />

simili ai microrganismi ancora oggi esistenti —<br />

ha dichiarato Eugenio Ragazzi dell’Università di<br />

Padova, uno degli autori dello studio pubblicato<br />

sulla rivista americana Proceedings of the National<br />

Academy of Science. Prima di oggi, però, le più<br />

vecchie inclusioni conosciute di organismi animali<br />

in ambra risalivano a circa 130 milioni di anni fa:<br />

la nuova scoperta sposta quindi le lancette indietro<br />

nel tempo di ben 100 milioni di anni rispetto<br />

a ogni precedente ritrovamento di organismi inglobati<br />

in ambra». Uno spostamento anche geografico,<br />

perché finora le più antiche testimonianze<br />

erano arrivate da una regione compresa tra Libano<br />

e Giordania.<br />

«L’ambra è uno strumento estremamente prezioso<br />

per i paleontologi, perché conserva gli esemplari<br />

con fedeltà microscopica, consentendoci di<br />

formulare stime molto accurate sui cambiamenti<br />

evolutivi occorsi nell’arco di milioni di anni», ha<br />

dichiarato un altro autore della ricerca, David Grimaldi,<br />

uno dei maggiori esperti mondiali di artropodi<br />

conservati in ambra e curatore del settore zoologia<br />

degli invertebrati per l’American Museum<br />

of Natural History di New York.<br />

Grazie all’eccezionale stato di conservazione,<br />

due dei tre artropodi sono stati identificati come<br />

nuove specie e battezzati Ampezzoa triassica e Triasacarus<br />

fedelei, in onore del cortinese Paolo Fedele<br />

che nel 1997 aveva segnalato il giacimento. I due<br />

artropodi sono in tutto e per tutto simili agli eriofioidei,<br />

insetti fitofagi: vissero in un periodo in cui<br />

non esistevano ancora le piante da fiore, per questo<br />

si nutrivano delle foglie delle conifere appartenenti<br />

alla famiglia estinta delle Cheirolepidiaceae, la stessa<br />

che ha prodotto la resina nella quale sono stati<br />

ritrovati. I ricercatori hanno osservato come sia<br />

«incredibile pensare che nonostante tutti i processi<br />

evolutivi, 100 milioni di anni prima la comparsa<br />

delle piante da fiore o dei dinosauri, gli eriofioidei<br />

risultano quasi uguali a quelli di oggi».

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!