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giugno 2012 - I Siciliani giovani

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StorieIL MANCATO ARRESTODI MESSINA DENAROUn giorno potrebbe esserci un processoa proposito della mancata catturadell’attuale super latitante della mafiatrapanese, Matteo Messina Denaro? Unprocesso che potrebbe essere la replicadi quello in corso a Palermo per lamancata cattura di Bernardo Provenzanoe dove è imputato il generale deicarabinieri Mario Mori?Domanda d’obbligo da quando nelgiro di pochi mesi sono venuti fuori fattiche fanno pensare a qualche “manina”che provvidenzialmente ha fermatoindagini in corso per arrivare al nascondigliodel boss belicino, uccel di boscodal 1993, 19 anni esatti.All’esito di una recente operazioneantimafia messa a segno nell’agrigentinoha fatto gran clamore l’interventocarico di ira messo nero su bianco dalprocuratore aggiunto della Dda di Palermo,Teresa Principato.Il blitz ha condotto in carcere unprofessore, Leo Sutera, che aveva unpubblici quando questi fondi pubblicivengono fatti gestire in modo esclusivodalle amministrazioni locali.Questi sono i finanziamenti che passanoattraverso i Pon, soldi pubblici che vengonogestiti dai Comuni o dai consorzi diComuni che però possono occuparsi ditutto tranne che di beni aziendali.Un esempio? La Calcestruzzi EricinaLibera possiede un impianto sull’isola diFavignana, recuperarlo costa 1 milione dieuro, sulla carta quei soldi ci sono ma ilComune non può attingerli, è un beneaziendale, fuori da ipotesi di recupero.Oggi la Calcestruzzi Ericina Libera, neiprimi 5 mesi del <strong>2012</strong> ha guadagnato 300mila euro, ha dovuto anche collocare aturno in cassa integrazione alcuni dei suoioperai, i soldi dei Pon finiscono per essereimpiegati per ristrutturare immobili, quandoinvece potrebbero essere impiegati pertutelare occupazione o fare nuova occupazionecome nel caso dell’impianto di Favignanase funzionasse a pieno regime.Bastava che nell’ultima delle norme venissecorretta la competenza, che anche ibeni aziendali potessero essere finanziatiwww.isiciliani.itcon i Pon. Invece è anche accaduto dipeggio. L’impianto di riciclaggio degliinerti poi dovrebbe lavorare 24 ore su 24perché c’è una legge regionale che a propositodi tutela ambientale prevede il riciclodegli inerti, chiunque dovrebbe conferirein questo impianto i residui di lavorazionee invece negli uffici pubblici, nelleimprese, questa norma è quasi sconosciuta,e la gran parte dei rifiuti cheprovengono da lavorazione edilizia finiscono…nelle discariche abusive.Il presidente della cooperativa “CalcestruzziEricina Libera”, il rag.GiacomoMessina, racconta che la concorrenzasleale non è certo finita. Non si sa sec’entri o meno la mafia, c’entra certo lacrisi, ma a volte i clienti si perdono perchévengono chieste forniture in nero.“Noi non le facciamo e quindi perdiamoi clienti, questi da qualche altra partecomprano il cemento, e quindi c’è da presumereche il fatturato in nero altri lo facciano”.Luigi Miserendino è uno degli amministratorigiudiziari più esperti in Sicilia,oggi si occupa di imprese confiscate allarapporto “epistolare” – scambio di“pizzini” – con Matteo Messina Denaro,“uomo-cerniera” tra le mafie trapanesied agrigentine che si muovononell’orbita di Messina Denaro.Secondo il procuratore Principatose Sutera non fosse stato preso, potevaessere utile per arrivare al latitante.Cronaca a parte, facendo un sempliceesercizio di memoria si scopre chenon è la prima volta che ciò accade eche cioè un blitz eseguito con la misuradel fermo di polizia emesso per emergenzeinvestigative direttamente dallaProcura, avrebbe causato “danno”.Appena due anni addietro quando aTrapani fu eseguita l’operazione “Golem2”, ci fu il sospetto che quella cerchiadi soggetti più vicini al boss latitante,a cominciare dal fratello SalvatoreMessina Denaro e dal cognato, VincenzoPanicola, se ulteriormente controllatapoteva svelare segreti e movimentiutili alla cattura.I poliziotti avevano scoperto il sistemadi comunicazione del latitante, individuatierano stati i tempi dei periodiciinvii dei “pizzini”: forse sarebbe bastatoattendere il maturarsi dei tempi, perla consegna dei nuovi “pizzini” per arrivarea scoprire il covo.A Palermo invece negli uffici dei pmsarebbero giunti pressioni altolocate,romane, da uffici del Viminale, e così ilblitz scattò e la possibilità di avvicinarsiancora di più al latitante venne interrotta.E ancora, dalla famosa indaginesulle “talpe” al Palazzo di Giustizia diPalermo, dove furono indagati e condannatidue eccellenti come i marescialliGiuseppe Ciuro, della Dia, e GiorgioRiolo, del Ros.Furono svelati particolari importantisulle strategia di ricerca.C’è poi una storia finita quasi neldimenticatoio, emersa da una indaginedei carabinieri trapanesi, denominata“Hiram”, sui rapporti tra la mafia emassoneria, terreno fertile sul quale ècresciuta storicamente Cosa nostra trapanese.Una indagine che portò i militari afare perquisizioni anche presso lo Sco,il servizio centrale operativo della Polizia,tra i soggetti indagati, e condannati,una poliziotta Francesca Surdo cheavrebbe avuto possibilità di accedere aifascicoli più riservati dello Sco. (R.G.)mafia in provincia di Trapani. L’ultimodegli affidamenti riguarda una impresa dicostruzione edilizie, una di quelle piùavanti nei guadagni che però adesso hafermato l’attività.“Il codice antimafia appena varato imponeagli amministratori giudiziari di interromperetutti i rapporti trovati in essereal momento del sequestro, le imprese edilizielavorano molto con gli affidamentibancari, e quindi ci siamo trovati in questocaso a dovere interrompere gli affidamentipre esistenti per cercarne di farnedei nuovi.Il risultato è stato quello di avere chiusoi vecchi e di non averne potuto aprirne dinuovi, perché le banche alle società sequestratee confiscate preferiscono nonfare affidamenti”.Insomma alla mafia si fa credito, alloStato no. E per colpa dello stesso Statoche spesso non scrive le giuste leggi.Basterebbe per esempio una norma chefaccia decadere le ipoteche che apposta imafiosi hanno acceso sulle loro proprietàper liberarle da tanti pesi, ma anche questoancora oggi non si vuole fare.I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong>– pag. 19

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