www.isiciliani.itPoliticaPalermofra passato e futuroLa nuova amministrazionedi Palermo guidatada Leoluca Orlandoè ormai un fatto...di Giovanni AbbagnatoLa difficilissima fase di governo dellacittà che si è aperta ha inevitabilmente,se non sanato, accantonato, almeno sullivello cittadino, le polemiche che hannosegnato un’incredibile campagna elettoraledopo l’unanimemente riconosciutodisastro del decennio di Cammarata.Orlando e la sua squadra sanno bene chesarà molto breve la tregua che la città è dispostaa concedere prima di ricevere rispostesui variegati problemi, gravi e incancreniti,che “ruggiscono”intorno al Palazzodelle Aquile.E’ necessario affrontare le tante emergenzea partire dall’approvazione di un bilanciodisastrato che il Commissariostraordinario ha dovuto predisporre facendoloquadrare, con una visione inevitabilmenteragionieristica che, però, fatto salvoil necessario rigore contabile, non può esserela risposta tecnico-politica per il rilanciodella quinta città d’Italia.Se l’amministrazione non vuole farsitravolgere da un retaggio nefasto deve andarein controtendenza rispetto al degradosocio-economico straordinario determinatodall’assoluta insipienza del decenniobuio di Cammarata.Come recitava un detto antico, deve macinarepolitica in grado di produrre ideeforza di carattere strategico e linee di interventotanto realistiche quanto in gradodi fare intravedere effetti nel breve, medioe lungo termine. Una sorta di miracolo,considerato il pregresso e la drammaticitàdelle condizioni del Paese nel suo complesso?Indubbiamente si, ma un miracoloin senso laico che attiene ad un’idea di politicache mentre appronta strumenti concretid’intervento è in grado di offrire unavisione di una città come Palermo, maledettamenteimportante, e della sua comunità,forse per troppo tempo caduta in unasorta di forma generalizzata di narcosi socialecollettiva.E’ impossibile omettere che questa amministrazione,perfino al di là della straripantepersonalità politica del suo sindaco,ha una storia ineludibile che affonda le sueragioni in una stagione che non è retoricodefinire epica per quello che ha rappresentatosul piano socio-politico tra gli anni’80 e ’90. Una stagione, non a caso passatanell’immaginario collettivo come “laPrimavera di Palermo”in cui indubbiamenteuna città in larga parte rispose aduna situazione assolutamente drammaticae insieme si fece interprete e si fece interpretareda una proposta politica che era dirottura di vecchi schemi politico-affaristicimafiosi, ma anche di costruzione di unaprospettiva realizzabile.Tale prospettiva ancorava la concretezzadelle soluzioni ad un’utopia possibile costituitada una visione che incredibilmentescommetteva sul fatto che Palermo, proprioquando sembrava definitivamente inginocchio e in balia totale dei suoi drammistorici e dello strapotere incontrollato e incontrollabiledella mafia, poteva, non solorialzarsi, ma divenire insieme un simboloe un esempio di rinascita, anche in una dimensioniinternazionale.Fu il tempo della Palermo e dei suoiprotagonisti sulle copertine dei più importantimagazine, internazionali e la stagionein cui artisti di assoluto livello mondialescelsero di lavorare a Palermo considerandolauna delle città più interessanti dovesperimentare futuro. Furono usati terminialtisonanti come Rinascimento, ma al di làdelle semplificazioni giornalistiche, indubbiamentein quella stagione Palermo guardòal mondo e il mondo guardò Palermo.Oggi si discute spesso se la Primaverasia ormai poco più di un ricordo o se ha lasciatoun’eredità ancora spendibile.“Ma la Primavera è un ricordo?”Forse è più importante riconoscere, al dilà delle visioni agiografiche di quella stagione,la caratteristica carsica che, forsepiù che altrove, hanno i movimenti socialie culturali di questa città che ad un certopunto della loro parabola sembrano ingrottarsi,come i suoi fiumi alluvionali trai Kanat arabi del suo intricato sottosuolo,per poi imprevedibilmente riapparirequando i palermitani stessi meno sel’aspettano.Come tutto a Palermo anche questa caratteristicasociale è esagerata ed è insiemelimite da non sottovalutare , ma anchesperanza da non perdere.Al di là delle insidie del tempo e degliinevitabili cambiamenti che s’impongonosu tutto e tutti, le potenzialità di ripartiresempre da una primavera danno la dimensionedella capacità di reazione di un popolo,che viene da lontano, ma anche il rischiodi non sapere cogliere l’originalità diogni tempo attrezzando una proposta socialee politica che sia o del tutto smemoratarispetto a quanto già accaduto, oppureappiattita su una sorta di grandeur politico– culturale che, fin da tempi lontani,I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong>– pag. 68
www.isiciliani.itpiù che stimolare all’azione innovativa lemigliori energie, ha coltivato la conservazionedi ceti ottusamente dominanti.Sta forse in questa dicotomia tra un’ereditaimportante e l’ineludibile sfida originalepresentata dal presente e dal futuro, ilguado stretto dentro il quale deve passareil progetto politico e l’azione amministrativadella Giunta di Leoluca Orlando.Una scommessa alta in cui Palermo puòridiventare metafora di una città che rifiuta,contro ogni miope evidenza, la condizionedi un tessuto socio – economico piegatosu stesso che, forse, ormai è condizionegeneralizzata nel Paese e nel suocontesto europeo.Allora c’è bisogno di un surplus di coraggioper iniziare creando le condizioniper una virtuosa governance diffusa dellacittà, inevitabilmente decisa e determinata,che deve essere radicalmente altra. Questonon per mera forma di rivalsa, politicamenteinfantile, ma semplicemente perchéla città non regge più quello che è statol’abbandono complessivo che, forse ancheper gravi responsabilità collettive, non potevache avere un sindaco, forte della suadebolezza, come Cammarata ad interpretareun generale oscurantismo.In questo senso, probabilmente la primaoperazione necessaria da fare è sostituiretutti gli interpreti di una irresponsabile occupazionedei luoghi del potere di questacittà, a partire dalle aziende di servizi edalle sue istituzioni culturali. Una chiaraoperazione politica, motivata e trasparente,che non sia atto di “vendetta”, né applicazioneesasperata di spoil sistem, bensìprecisa assunzione di responsabilità rispettoad un segnale preciso di cambiamentoda dare alla città a partire dalla concretezzadella gestione del potere Quindi, portareavanti con estremo rigore delle vasteoperazioni verità sulla gestione di questiEnti, perfino oltre quanto già sotto l’esamedella Magistratura ordinaria e contabile.Non si tratterebbe solo di una pur irrinunciabilericerca delle responsabilità politichee penali, ma anche di una ricognizionenecessaria dei dati reali per ripartiredalla situazione presente nelle istituzionisocio-economiche e culturali.Individuare una sorta di core business diogni struttura di servizio e culturale da interpretarenon certo in una mera logicaeconomico-aziendalista, né di utilitarismopolitico, ma di corretta amministrazione,sul piano finanziario ed organizzativo, rivoltaa ricostruire il senso autenticamentepubblico della città.I “grandi progetti” da ripensareQuindi, occorre passare sotto osservazionei grandi progetti sui quali un’amministrazione,complice e imbelle, tendeva alegittimare comitati di affari sui quali bisogneràstare molto attenti rispetto allaloro capacità di riaccreditarsi. L'appalto diquel vasto sistema di opere pubbliche cherisponde alla risistemazione dell’intero“fronte a mare” della città può essereun’eccezionale opportunità se saprà liberareenergie socio – imprenditoriali sane.Come lo potrà essere la riqualificazionedi uno parco urbano come la Favorita,straordinario per ampiezza e importanzanaturalistica, se si sarà capaci di fare la coraggiosaoperazione di reale integrazionecon la città attraverso la chiusura al trafficoe l’organizzazione di un’ampia fruizioneper la collettività.Anche su questo terreno bisognerà avereidee chiare e straordinaria attenzione perquello che ancora oggi significa la Favoritae i limitrofi terreni addossati ai fianchidel Monte Pellegrino anche per il controllomafioso del territorio.In questo ampio concetto va anche inseritala tematica generale dei beni comuni,dai teatri e le altre strutture inutilizzate aiCantieri culturali della Zisa.Tutti punti in cui perseguire l’eccellenzaper quanto riguarda la fruizione della città,ma anche i metodi di gestione da renderesempre più innovativi e partecipati, ancheoltre una tradizionale gestione pubblica,per quanto illuminata.Inoltre, la città deve riassumere un ruoloprotagonista nell’attrazione e l’utilizzo deifondi europei, anche stabilendo una sinergianon subalterna con la Regione Sicilianatitolare della Programmazione.Tale impegno di recepimento e impiegodi risorse straordinarie non può che esserelegato ad interventi altrettanto straordinarie questo imperativo rappresenta insiemevincolo e potenzialità di una città che deveosare nell’immaginare e costruire le premesseconcrete del proprio futuro.In una tale logica, Palermo deve entrarein campo anche sulle grandi questioni cheriguardano più direttamente, non solo ilsuo territorio, ma anche il suo interland.La realtà storica del Cantiere Navale diPalermo sul quale pende da anni una subdolae mai adeguatamente motivata volontàdi smantellamento da parte della proprietàFinmeccanica deve entrare nella visionee nelle rivendicazioni dell’amministrazione.Come è un problema che riguarda anchePalermo, la dismissione soft dell’ex impiantoFiat di Termini Imerese e l’abbandonosempre più grave del polo industrialedi Carini.Questi processi di dismissione industrialesono problemi che riguardano una grandecittà come Palermo, non solo per il contributoirrinunciabile che queste aree dannoall’occupazione dei palermitani, ma ancheper rispondere ad una vocazione metropolitanache può essere volano di sviluppoper la città e per i territori limitrofi.Palermo è una città che deve osare.E questo è quasi un assioma che rende,prima che sterile, irragionevole il pensaresolo di gestire, magari meno scelleratamentedi Cammarata, l’esistente.Questa della nuova amministrazione diPalermo è una scommessa che va accettatadall’intera città, nonostante la gravità dellafase, perché non si può eludere e, soprattutto,non si può perdere.I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong>– pag. 69