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giugno 2012 - I Siciliani giovani

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www.isiciliani.itAlla catena di montaggio, tra un pezzoe l’altro, c’è ancora il tempo per leggeretre righe dell’Unità o di avvantaggiarsiqualche minuto, accelerando il ritmo, perfumarsi una sigaretta in pace (era ancorapermesso in reparto). «C’era menostress, ma le condizioni di lavoro eranopessime. Alcuni reparti sembravano ilVietnam, si saldava a mano, partivanoscintille da tutte le parti, in verniciaturala gente spruzzava a mano, lo stesso insmalteria. Riuscimmo a far venire leispezioni della medicina del lavoro.L’azienda venne condannata. Alcuni repartifurono smantellati, altri modernizzati».I reparti sono misti, con tante <strong>giovani</strong>donne a lavorare. L’azienda le prendeminorenni e le adibisce ai collegamentielettrici, un lavoro di fino, adatto a manipiccole e svelte. È una grande novità.«Anche se io ero molto chiuso all’inizio– dice Guarino –, non avevo ancora acquisitoquella mentalità industriale, quelsaper parlare alla gente che considerouno degli strumenti fondamentali del sindacato».Sua moglie la conosce in fabbrica,nel reparto montaggio. Nativa di Tripoli,madre siciliana e padre veronese,tornata in Italia ancora bambina.«Ebbero la casa a Barra, nel rione dettodei profughi. Da sposati andammo adabitare là anche noi, in affitto. Lei si licenziòal secondo figlio. All’epoca si potevaancora vivere con un solostipendio».Nel frattempo Luciano è tornato ascuola. In fabbrica c’è un solo turno, dallesei alle quattordici. Quando esce va direttamenteal corso serale dell’AugustoRighi, uno dei primi del genere, dove ritrovaoperai dell’Italsider e della Sofer diPozzuoli. Si diploma in elettronica nel’75. L’azienda fa il suo nome per un postoal controllo qualità. Dalla catena sisposta in laboratorio, a verificare l’efficienzadei pezzi finiti; più tardi passeràin progettazione, diventando uno specialistadel ramo elettrico. Lo stesso annodiventa delegato sindacale degli impiegati.La fabbrica degli anni SettantaLa fabbrica degli anni Settanta è parteintegrante di un territorio in fermento,una miriade di fabbriche piccole e grandidove lavorano migliaia di persone. C’è lazona del pastaio, quella delle concerie, laSnia Viscosa, la Gentile, fabbrica metallurgica,la Mecfond, l’Ansaldo, la Cirio,c’è il settore chimico-petrolifero e quellodel vetro.«Una piccola azienda di grafica – raccontaGuarino – venne occupata daglioperai. La sera prima la polizia li fecesgomberare, allora la mattina uscimmotutti dallo stabilimento e li aiutammo arioccupare. Ci fu una carica, alcuni arrestie feriti. Tre giorni dopo venne proclamatolo sciopero generale in tutta la zonaindustriale, una grande manifestazionesul corso San Giovanni…».Negli stessi anni però la fabbrica cominciaa cambiare: certi pezzi convienefarli produrre altrove, ci sono aziendeche ne fanno a milioni con costi moltopiù bassi. Via i contrappesi. Via anche lafonderia che faceva le calotte in ghisa.Restano i cablaggi, con i fili che vengonoda fuori e si assemblano dentro.Si passa da milleduecento a novecentoaddetti, con il rituale corollario di scioperie agitazioni. Si profila addirittura lachiusura per l’alta conflittualità dello stabilimento.Poi Borghi venderà agli olandesidella Philips e negli anni Novantaarriveranno gli americani della Whirpool,con annesse rivoluzioni tecnologiche eriduzioni d’organico.Quando Luciano va in pensione, nel2009, sono rimasti in settecento. Qualcheanno prima, in fabbrica è entrata sua figlia.I due maschi invece, lavorano unoalla progettazione di macchine robotichein un’azienda di Caserta, e l’altro, dapoco laureato in legge, come vigile delfuoco a Salerno.La Whirlpool è diventata una fabbricadi assemblaggio, all’interno restanol’ufficio progettazione e l’ufficio acquisti.Dopo tanti anni di lavoro, il pensionamentorischia di essere vissuto comeuno shock. Luciano però non smette difrequentare la fabbrica. Non libera lascrivania.«La mattina, anche se non arrivavo inorario, mi facevo vedere». E con la scusadi svuotare la stanza, dà una mano ai più<strong>giovani</strong>. E rende quel passaggio menotraumatico.I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong>– pag. 75

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