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Versione .pdf - Consiglio regionale del Piemonte

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chirurgiche. Qui lavorano oltre400 tra professori e ricercatori inruolo e centinaia di dottorandi,assegnisti e borsisti, divisi in decinedi gruppi di dimensioni variabili,ciascuno dei quali contribuiscenel proprio campo a produrrerisultati spesso riconosciuti a livellointernazionale.Lo conferma attraverso i numeri Franco Merletti, coordinatore<strong>del</strong>la Commissione di ricerca <strong>del</strong>l’area medica:“Il successo in termini di finanziamento europeodei nostri progetti si aggira intorno al 22 per cento, unapercentuale che può apparire a prima vista bassa, mache invece è perfettamente in linea con la media europea.Così come lo è l’H index (un indice che misura laqualità <strong>del</strong>la ricerca mettendo in relazione il numero dipubblicazioni con il numero di citazioni da queste ottenute),che per molti dei nostri ricercatori è superiore atrenta, valore ritenuto prova di una ottima qualità <strong>del</strong>lavoro svolto”.Il credito di cui l’Università di Torino gode a livello diUnione europea è testimoniato dai progetti di ricerca approvatinell’ultimo anno. “Nel 2012 - continua Merletti- sono state presentate 80 proposte, di cui 34 coordinateda noi e 46 da altri partner. Ne sono già state approvate13, per un totale di 3,5 milioni di euro, mentre numerosealtre sono ancora in fase di revisione. Abbiamo inoltrein corso progetti per altri 10 milioni di euro, provenientida ministero <strong>del</strong>la Salute e da quello <strong>del</strong>la Ricerca”.Le cifre, tuttavia, non devono ingannare: “Quello <strong>del</strong>laricerca - conclude Merletti - è un settore che sta soffrendoenormemente per la mancanza di fondi. Nonostante glisforzi, non riusciamo a fermare l’esodo dei cervelli versoDALLA BIOTECNOLOGIAALL’ONCOLOGIA, DALLAFISICA ALL’IMMUNOLOGIA, LERICERCHE SONO CONDOTTE DAITRE ATENEI REGIONALI CON LEAZIENDE SANITARIEl’estero oppure riportare in <strong>Piemonte</strong>gli studiosi che sono emigrati.Il problema riguarda tuttii ricercatori, ma colpisce particolarmentei gruppi piccoli e medi,perché i pochi investimenti tendonoa concentrarsi sulle grandipiattaforme, nonostante anche isecondi possano produrre risultatidi grande valore scientifico”.A lanciare l’allarme è anche Lorenzo Silengo, direttore<strong>del</strong> Centro di ricerca di biotecnologie molecolari(Cbm) <strong>del</strong>l’Università: “La sanità non deve essere vistasolo come una spesa, ma anche come una risorsa economica.Una medicina di qualità si può avere solo doveesiste la ricerca. Il problema è che questa deve crescerecontinuamente, deve essere alimentata, altrimenti sirischia di rimanere indietro e di perdere l’alta formazione.Torino e il <strong>Piemonte</strong>, che attualmente vantanopunte di eccellenza, non possono permetterselo”.Una di queste punte è certamente rappresentata dalCentro diretto da Silengo.Nato nel 2006, il Cbm conta su ricercatori appartenentia diverse discipline (medicina, biologia, informatica,fisica, matematica) suddivisi in 25 unità, chesi occupano principalmente <strong>del</strong>lo studio dei meccanismigenetici che presiedono al differenziamentocellulare (tumori e cellule staminali), di quello <strong>del</strong>lagenetica di alcune patologie cardiache, <strong>del</strong>l’imaginmolecolare e <strong>del</strong>l’oncoimmunologia. L’istituto divia Nizza a Torino è anche sede di un incubatore diidee, luogo in cui l’innovazione diventa la base per lacostituzione di un’impresa. Dal 2012, inoltre, graziea una convenzione siglata con la Fresenius MedicalCare (azienda leader nel campo dei trattamenti disupporto renale ed epatico), ospita il Centro di ricercatraslazionale di medicina rigenerativa.“In un contesto in cui lo Stato investe nella ricerca solol’1,1% <strong>del</strong> Pil - aggiunge ancora Silengo - le collaborazionicon l’industria possono risultare di grande importanza,anche per dare ai nostri giovani ricercatorisbocchi concreti sul mercato <strong>del</strong> lavoro”.Interno di un laboratorio <strong>del</strong>l’Istituto zooprofilattico di Torinoa sinistra l’ingresso <strong>del</strong>l’ospedale Molinette di Torino35

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