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PANEGYRICI LATINI E LAUDATIONES RINASCIMENTALI
Ferdinando, re guerriero, condivide con gli imperatori romani
l’instancabilità e l’audacia, che lo inducono a combattere in prima
persona, esponendosi al pericolo, incitando l’esercito e infondendo
negli animi ardor divinus 14 . Come i principes antichi, anche Ferdinando
riesce a conquistare intere regioni e a domare i perfidi Mauri, gli immanissimi
hostes, le belluae che occupano il Santo Sepolcro ed, infine,
la Maumetica rabies 15 : i nemici, pur venerandolo (regi famam
et gloriam venerentur atque admirentur: Fig. 3), temono oramai il
suo nome (Ferdinandi nomen pertimuerit).
Ancora dalla panegiristica tardoantica Magno riprende l’elenco
delle virtù dell’imperatore, cui dedica ampie sezioni dell’orazione funebre
e che supporta con numerosi exempla 16 . In generale, vanno ricordate
la concordia, la clementia 17 , la iustitia 18 , la continentia 19 ,
14 L’instancabilità del re è prova del suo essere divino, vd. Paneg. III[11],
3,2 (Nam primum omnium, quidquid immortale est stare nescit, sempiternoque
motu se servat aeternitas); Paneg. XII[2], 10,1 (Gaudent profecto perpetuo divina
motu, et iugi agitatione se vegetat aeternitas, et quidquid homines vocamus laborem
vestra natura est). Sull’ardor divinus, si vd. Paneg. IV[8], 14,4: inrevocabile
iniecisti mentis ardorem e i casi simili in Paneg. IX[12], 21-5; Paneg. X[4], 23,3 e 29.
15 Da notare l’uso dei termini dispregiativi per indicare i barbari (belluae,
perfidi, immanissimi hostes, Maumetica rabies), tutti usati nei panegirici per demonizzare
il nemico. Vd. D. Lassandro, La rappresentazione del mondo barbarico
nell’oratoria encomiastica del IV secolo d.C., InvLuc, 2, 1980, 191-205 e Id., La
demonizzazione del nemico politico nei Panegyrici Latini, in Religione e politica
nel mondo antico, a cura di Marta Sordi, Milano 1981, CISA 7, 237-249.
16 Sulle virtù imperiali nei panegirici, vd. M. P. Charlesworth, The Virtues
of the Roman Emperor, PBA, 23, 1937, 105-133.
17 Per attestare la clementia del re, Magno racconta dell’attentato ordito nei
suoi confronti. Il colpevole, un certo Cannamazio, è punito con la pena di morte solo
per volere della regina. Ferdinando, infatti, è un re tanto clemente da rifiutare l’uso
della pena capitale (ceterum natura Ferdinandus clementissimus). L’episodio è
topico nei panegirici, nei quali l’usurpatore non è mai ucciso per volere dell’imperatore.
In Pacato Drepanio, p.e. sono i soldati a vendicare Teodosio (XII[2], 44,3:
tui te vindicant et invitum).
18 Il riferimento a questa virtù è frequente nei panegirici, vd. p.e. Paneg. II
[10], 3,3; Paneg. III[11]; Paneg. IV[8], 19,3; Paneg. VI[7], 3,4 e 5,1; Paneg. VII[6],
4,4 e 6,1; Paneg. IX[12], 4,2; Paneg. X[4], 15,3; Paneg. XI[3], 21,4. Vd. L. De Salvo,
La iustitia e l'ideologia imperiale, in Le trasformazioni della cultura nella tarda
antichità, I, Roma-Catania 1985, 71-93.
19 Su questa virtù, vd. Paneg. III[11], 19,2; Paneg. V[9], 8,2; Paneg. VI[7],
3,4 e 4,1; Paneg. VII[6], 16,3.
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