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R Classica&Christiana _nr7_2_2012_curbe - Facultatea de Istorie ...

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514<br />

Olga MONNO<br />

glierne appieno la funzionalità, il lettore, messo forse in allerta dagli<br />

espliciti richiami verbali tra il locus virgiliano a commento e il verso<br />

lucaneo, <strong>de</strong>ve necessariamente pren<strong>de</strong>re visione <strong>de</strong>ll’intero brano<br />

evocato. Ma è proprio a questo punto che verosimilmente si accorge<br />

anche di quanto la scena lucanea sia speculare e simmetrica rispetto a<br />

quella virgiliana: al di là <strong>de</strong>l vistoso corrispon<strong>de</strong>rsi, nelle immagini <strong>de</strong>gli<br />

obscuri colles e <strong>de</strong>i dubii montes, <strong>de</strong>ll’i<strong>de</strong>a di una visibilità scarsa e<br />

incerta <strong>de</strong>lla terra all’orizzonte, dovuta da una parte, all’incredulità<br />

<strong>de</strong>i Troiani e all’ora <strong>de</strong>l loro approdo, dall’altra, dal progressivo allontanarsi<br />

dalla costa <strong>de</strong>lla flotta pompeiana, sono infatti differenti le atmosfere<br />

e gli stati d’animo prodotti dagli opposti sensi di navigazione<br />

<strong>de</strong>lle flotte: in Virgilio, la sconfinata scena <strong>de</strong>l mare illuminato dall’aurora<br />

contribuisce a creare una radiosa suspense, che si scioglie nelle<br />

grida festose con cui l’improvvisa apparizione <strong>de</strong>lla terra promessa è<br />

salutata dai profughi Troiani; in Lucano si avverte invece la situazione<br />

psicologicamente ed emotivamente contraria <strong>de</strong>l lacerante addio<br />

con cui la patria viene abbandonata dalla flotta e, in modo particolare,<br />

dal suo comandante, che appare sempre più provato nell’animo<br />

man mano che la nave pren<strong>de</strong> il largo. La natura stessa partecipa diversamente<br />

ai due momenti esistenziali diametralmente opposti, ma<br />

ugualmente carichi di pathos, <strong>de</strong>ll’arrivo e <strong>de</strong>ll’addio: più luminosa in<br />

Virgilio, avvolta in una nostalgica nuance di colori e ombre in Lucano.<br />

Non si può esclu<strong>de</strong>re che anche Servio abbia colto questo raffinato<br />

equilibrio di analogie e antitesi e, anzi, proprio in virtù di ciò abbia<br />

voluto citare Lucan. 3,7. È stato più volte dimostrato, infatti, che<br />

spesso nel commentario il richiamo ad un auctor, pur in assenza di<br />

segnali espliciti, sembra favorito dal riconoscimento di un procedimento<br />

di imitatio/aemulatio messo in atto dall’auctor stesso in modo<br />

antifrastico rispetto al mo<strong>de</strong>llo virgiliano 33 . Il rapporto in cui stanno<br />

tra loro i brani messi indirettamente a confronto da quel breve inciso<br />

ut Lucanus potrebbe rappresentare, in altre parole, il valore aggiunto<br />

per cui, al di là <strong>de</strong>lla comune percezione di un’Italia «piccola» e «bassa»<br />

se osservata dal mare, Servio ha ritenuto di dover citare un verso<br />

/ solus ab Hesperia non flexit lumina terra / Magnus, dum patrios portus, dum<br />

litora numquam / ad visus reditura suos tectumque cacumen / nubibus et dubios<br />

cernit vanescere montis.<br />

33 È il caso, ad esempio, di alcune citazioni di Giovenale, per cui cf. il mio<br />

Iuvenalis docet. Le citazioni di Giovenale nel commento di Servio, Bari, 2009, in<br />

part. 42s.

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