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Introduzione, Eutifrone, Apologia di Socrate, Critone, Fedone ...

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l'u<strong>di</strong>to, né il dolore, quando si raccolga il più possibile sola in se stessa, lasciando il corpo e,<br />

rompendo il contatto e la comunanza col corpo verso l'essere... L'anima del filosofo ha in<br />

sommo grado <strong>di</strong>sprezzo del corpo e rifugge da esso e cerca <strong>di</strong> rimanere sola con se stessa”.<br />

6- Il sentiero della filosofia giunge al suo termine dopo la morte. “Fino a quando noi<br />

posse<strong>di</strong>amo un corpo e la nostra anima resta invischiata in un male siffatto, noi non<br />

raggiungeremo mai in modo adeguato... la verità... Delle due l'una: o non è possibile<br />

raggiungere il sapere o sarà possibile solo quando saremo morti; infatti, solamente allora<br />

l'anima sarà sola per se stessa e separata dal corpo, prima no. E nel tempo in cui siamo in<br />

vita noi ci avvicineremo tanto più al sapere quanto meno avremo relazioni con il corpo e<br />

comunione con esso, se non nella stretta misura in cui vi sia piena necessità e non ci<br />

lasceremo contaminare dalla natura del corpo... fino a quando il <strong>di</strong>o non ci abbia sciolti da<br />

esso... Questo è il compito dei filosofi: sciogliere e separare l'anima dal corpo”. *La morte<br />

viene considerata un atto <strong>di</strong> liberazione auspicato e perseguito da un'intera vita <strong>di</strong> filosofo. Il<br />

cosiddetto “o<strong>di</strong>o” del corpo viene temperato dalla sua cura “nella stretta misura”. Il<br />

messaggio paolino sarà altrettanto ra<strong>di</strong>cale, ma la successiva concezione cristiana del dolore<br />

redentivo <strong>di</strong>mostrerà risvolti <strong>di</strong> encratismo gnostico*.<br />

7- La via <strong>di</strong> purificazione del filosofo nella <strong>di</strong>mensione dell'anima sciolta dal corpo. “La<br />

purificazione... sta nel separare il più possibile l'anima dal corpo e nell'abituarla a<br />

raccogliersi e a restare sola in se medesima e a rimanere nel tempo presente e in quello<br />

futuro sola in se medesima, sciolta dal corpo come da catene... Questo è il compito dei<br />

filosofi: sciogliere e separare l'anima dal corpo... I veri filosofi si esercitano a morire ed essi<br />

temono il morire molto meno che gli altri uomini... Colui che ami veramente la saggezza e<br />

abbia questa ferma speranza <strong>di</strong> non poterla trovare se non nell'Ade in modo adeguato... sarà<br />

lieto <strong>di</strong> andare colà... dove incontrerà la saggezza nella sua purezza”. *Questa concezione <strong>di</strong><br />

un'anima, sede della sapienza, ostacolata dal corpo fino a suscitarne l'ansia <strong>di</strong> una separazione<br />

purificatrice, viene classificata come metafisica rilevando il dualismo <strong>di</strong> physis e psyché. Ma è<br />

bene tener presente che la concezione metafisica classica suppone un logos o ratio fondato<br />

sulla causa prima o motore immobile, scavalcando l'essere de-limitato. Qui si sottolinea il<br />

carattere etico dell'anima, l'aspetto operativo come espressione della vera <strong>di</strong>gnità dell'uomo e<br />

la sua immortalità rientra nel carattere spirituale (psichico) della conoscenza; la sua<br />

immortalità non appella ad una trascendenza, ma rientra in quella concezione monistica che la<br />

reincarnazione sottintende così come il movimento planetario conferma. <strong>Socrate</strong> non teme la<br />

morte un po' come Cristo quando al riguardo della passione <strong>di</strong>ce: “Desiderio desideravi hoc<br />

pascha manducare vobiscum antequam patiar” (Lc 22,15) e l'altra espressione: “Gauderetis<br />

utique quia vado ad Patrem” (Gv 14,28)*. 9- La vera virtù è solo quella che si acquista col<br />

puro sapere. “Se ve<strong>di</strong> qualcuno addolorato, quando è sul punto <strong>di</strong> morire, questa è... una<br />

prova sufficiente che egli non era amante della sapienza ma, amante del corpo ed un uomo<br />

del genere sarà certamente anche amante <strong>di</strong> denari e <strong>di</strong> onori... Ma sta' attento che l'unica<br />

moneta autentica, quella con la quale bisogna scambiare tutte queste cose non sia piuttosto la<br />

saggezza e che solo ciò che si compra e si vende a questo prezzo sia veramente fortezza,<br />

temperanza, giustizia e che insomma la virtù sia solo quella accompagnata da saggezza sia<br />

che vi si aggiungano sia che non vi si aggiungano piaceri, timori e tutte le altre cose simili a<br />

queste... E anch'io, per essere fra questi, non ho tralasciato nessuna cosa in vita mia, per<br />

quanto è possibile, anzi vi ho messo ogni mia cura. E se io vi abbia... tratto qualche frutto noi<br />

lo sapremo chiaramente quando arriveremo là... Queste cose io <strong>di</strong>co in mia <strong>di</strong>fesa... per<br />

provare come, a buona ragione, lasciando voi e i padroni <strong>di</strong> quaggiù non provo dolore e non<br />

mi in<strong>di</strong>gno, in quanto credo <strong>di</strong> trovare padroni buoni e amici anche laggiù nell'Ade, non<br />

meno che qui in terra”. *In <strong>Socrate</strong>-Platone la saggezza, come per i greci, costituiva<br />

l'obiettivo <strong>di</strong> ogni uomo ed equivaleva al suo essere effettivo. Se alle virtù della temperanza,<br />

giustizia e fortezza aggiungiamo quella della prudenza abbiamo le quattro virtù car<strong>di</strong>nali<br />

cristiane. Una cosa <strong>di</strong>stingue il Cristo da <strong>Socrate</strong> <strong>di</strong> fronte alla morte: l'emozione se non il<br />

terrore espresso col sudore <strong>di</strong> sangue nell'orto degli ulivi e dal “Deus meus, Deus meus ut<br />

quid dereliquisti me?” (Mt 27,47). Cristo è l'agnello sacrificale: “Eum qui non noverat<br />

peccatum, pro nobis peccatum fecit, ut nos efficeremur iustitia Dei in ipso” (2 Cr 5,21). Cristo<br />

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