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Introduzione, Eutifrone, Apologia di Socrate, Critone, Fedone ...

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caprino nella parte inferiore. E Pan è certo <strong>di</strong>scorso o fratello <strong>di</strong> <strong>di</strong>scorso, se è veramente<br />

figlio <strong>di</strong> Ermete: che un fratello assomigli ad un fratello non è per nulla straor<strong>di</strong>nario” (408C-<br />

D). Presentazione, traduzione e note <strong>di</strong> Maria Luisa Gatti. Tre personaggi: <strong>Socrate</strong>, Ermogene<br />

assertore del convenzionalismo e Cratilo seguace <strong>di</strong> Eraclito.<br />

I- <strong>Introduzione</strong>. Presentazione del problema del <strong>di</strong>alogo (383A - 384E). “È <strong>di</strong>fficile<br />

conoscere tali cose (i nomi); bisogna che, messici insieme, ricerchiamo se esse stiano come<br />

affermi tu o Ermogene (convenzione), oppure come sostiene Cratilo (natura)”. <strong>Socrate</strong> rifiuta<br />

la tesi della convenzionalità dei nomi e ne sostiene la pertinenza filologica, pur ammettendone<br />

variazioni a seconda dei tempi e all'evoluzione del linguaggio. I nomi non sono interamente<br />

frutto né del νοµος né della φύςις, ma sono imitazione con la voce della cosa nominata e, in<br />

quanto tali, suscettibili <strong>di</strong> sbagliare. Non ammette la teoria eraclitea <strong>di</strong> un movimento costante<br />

e a conclusione appella alla teoria delle idee.<br />

II- Parte prima. Difesa della correttezza per natura dei nomi (385A - 391B). 1- Nesso fra<br />

attribuzione soggettiva e relativismo. “Vedo che... vengono assegnati da alcuni in privato<br />

nomi agli stessi oggetti, sia da Greci a <strong>di</strong>fferenza dagli altri Greci, sia da Greci a <strong>di</strong>fferenza<br />

dai barbari... Ebbene, ve<strong>di</strong>amo, Ermogene, se ti sembra che anche gli esseri siano così: la<br />

loro essenza è relativa a ciascuno in particolare, come affermava Protagora, sostenendo che<br />

l'uomo 'è misura <strong>di</strong> tutte le cose', ossia che le cose quali appaiono a me, tali sono per me,<br />

quali appaiono a te, tali sono per te, oppure ti sembra che abbiano una certa stabilità<br />

nell'essenza?... Ritengo che tu sia del tutto convinto che, se esistono saggezza e stoltezza, non<br />

sia affatto possibile che Protagora <strong>di</strong>ca il vero. In verità uno non potrebbe assolutamente<br />

essere più saggio dell'altro, se ciò che sembra a ciascuno sarà vero per lui... È chiaro che gli<br />

esseri hanno un'essenza stabile e non relativa a noi... ma esistono in sé secondo la loro<br />

essenza, in conformità alla loro natura”. Questo è passo classico *e comporta non solo<br />

l'esistenza in<strong>di</strong>scussa della realtà oggettiva, ma che esiste pure un criterio capace <strong>di</strong> garantire<br />

tale recezione oggettiva, un'“essenza” con<strong>di</strong>visibile da tutti. Per <strong>Socrate</strong>-Platone la ricerca può<br />

essere faticosa, alle volte deludente, ma non può concludersi in un qualsiasi scetticismo in<br />

quanto se ne va della “salvezza” dell'anima. Qui per ora ci si riferisce alla funzione del nome,<br />

ma presto apparirà nel suo ruolo <strong>di</strong>scriminante la proporzione per la rilevazione della giusta<br />

misura. Anche il primo cristianesimo, letto entro lo schema platonico, con<strong>di</strong>videva una<br />

certezza della verità oggettiva, basata sui fatti e sulla testimonianza, che non defletteva<br />

nonostante il progressivo trasformarsi della chiesa in istituzione formale con una trascrizione<br />

in chiave culturale del messaggio della fede e del vivere comunitario*. 2- Rapporto fra atti<br />

giusti e attribuzione corretta dei nomi. “Gli atti stessi sono una determinata specie <strong>di</strong> esseri...<br />

e vengono compiuti secondo la loro natura e non in conformità con ciò che appare a noi...<br />

Allora si devono denominare le cose nel modo e col mezzo secondo cui è naturale<br />

denominarle e per esse venire denominate, ma non come vogliamo noi”: 3- Il nome come<br />

strumento del denominare. “Il nome, allora, è uno strumento per insegnare e per <strong>di</strong>stinguere<br />

l'essenza”. 4- Rapporto fra artefice delle varie arti e artefice dei nomi. “Dunque, Ermogene,<br />

non è proprio <strong>di</strong> ogni uomo stabilire il nome, ma <strong>di</strong> un artefice dei nomi”. 5- L'artefice<br />

costruisce i propri strumenti mirando all'Idea. “Ebbene, osserva a che cosa il legislatore mira,<br />

quando stabilisce i nomi:... ad un oggetto tale da essere per natura adatto... in sé”, cioè<br />

l'Idea. Questa affermazione è importante perché Platone ammette le Idee anche per gli<br />

artefacta, oltre a quelle realtà naturali. *La dottrina delle Idee costituisce la concezione<br />

rivoluzionaria <strong>di</strong> Platone e copre l'urgenza <strong>di</strong> trovare al pensiero umano il supporto per<br />

ad<strong>di</strong>venire alla de-finizione, identificazione per assumerne il significato operativo; il perenne<br />

movimento deve essere “istanziato” per giungere alla recezione intellettuale dell'oggetto e<br />

questo è opera delle Idee rispettive, il vero essere, senza bisogno <strong>di</strong> violare l'Uno il cui riflesso<br />

è ravvisabile nelle idee*. “Trovato lo strumento che si ad<strong>di</strong>ce per natura a ciascun oggetto,<br />

occorre renderlo adatto al materiale da cui si ricava il prodotto, non come si vuole, bensì<br />

secondo natura. Per esempio il trapano, adatto per natura a ciascun oggetto, occorre saperlo<br />

fare <strong>di</strong> ferro... e la spola, adatta per natura ad ogni tessuto, <strong>di</strong> legno... e così gli altri<br />

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