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Introduzione, Eutifrone, Apologia di Socrate, Critone, Fedone ...

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moltiplicazione <strong>di</strong> un numero maggiore per un numero minore o <strong>di</strong> un numero minore per<br />

uno maggiore, sono sempre delimitati da un lato maggiore e da uno minore: li abbiamo<br />

rappresentati con la figura del rettangolo e li abbiamo chiamati numeri rettangolari... Tutte<br />

le linee che fanno <strong>di</strong> un numero equilatero e piano un quadrato, le abbiamo definite<br />

'lunghezza'; tutte quelle che fanno un quadrato <strong>di</strong> un numero rettangolare, le abbiamo<br />

definite 'potenze', in quanto non sono commensurabili alle precedenti per lunghezza, ma lo<br />

sono per le superfici che esse possono formare... Tuttavia, o <strong>Socrate</strong>, alla tua domanda sulla<br />

scienza non so rispondere come a quella sulla lunghezza e sulla potenza... Poco fa, o Teeteto,<br />

hai in<strong>di</strong>cato bene la strada... come hai compreso in un'unica Forma le potenze che sono<br />

molte, così cerca <strong>di</strong> esprimere in un'unica definizione anche le molte scienze”.<br />

III- Breve intermezzo: l'arte maieutica <strong>di</strong> <strong>Socrate</strong> (148E - 151D). “Questo è assolutamente<br />

grande nella mia arte: l'essere capace <strong>di</strong> mettere alla prova in ogni modo se il pensiero del<br />

giovane partorisce un fantasma ed una falsità, oppure un che <strong>di</strong> vitale e <strong>di</strong> vero... Il <strong>di</strong>o mi<br />

costringe a far da levatrice, ma mi ha proibito <strong>di</strong> generare. Quanto a me, dunque non sono<br />

affatto sapiente in qualche cosa, né ho alcuna sapiente scoperta che sia come un figlio<br />

generato dalla mia anima... Quelli che mi frequentano... da me non hanno mai imparato<br />

nulla, ma sono loro, che, da se stessi, scoprono e generano molte cose. Tuttavia, siamo stati il<br />

<strong>di</strong>o e io a fare loro da levatrici... Coloro che mi frequentano, anche in questo provano le<br />

stesse sofferenze delle partorienti: infatti hanno le doglie, e notte e giorno, sono pieni <strong>di</strong><br />

perplessità”.<br />

IV- Prima definizione <strong>di</strong> scienza e analisi <strong>di</strong> essa (151D - 172C). 1- Scienza è sensazione.<br />

“Teeteto: a me pare, dunque, che chi ha scienza <strong>di</strong> una cosa abbia la sensazione <strong>di</strong> ciò <strong>di</strong> cui<br />

ha scienza e... scienza non è altro che sensazione”. 2- Nessi con la dottrina <strong>di</strong> Protagora che<br />

l'uomo è misura <strong>di</strong> tutte le cose. “Di tutte le cose è misura l'uomo; <strong>di</strong> quelle che sono in<br />

quanto sono e <strong>di</strong> quelle che non sono in quanto non sono... Così in un certo qual modo, <strong>di</strong>ce<br />

che quale ciascuna cosa appare a me tale è per me, quale appare a te, tale è per te - uomo sei<br />

tu e uomo sono io... Apparenza dunque e sensazione sono la stessa cosa per il colore e per<br />

simili qualità... tali e quali ciascuno le percepisce con i sensi... Dunque, una sensazione è<br />

sempre ciò che è e poiché è scienza, non è falsa”. 3- Nessi con la dottrina dell'universale<br />

<strong>di</strong>venire. “Dunque niente è uno in sé e per sé, né si può correttamente designare un qualcosa<br />

<strong>di</strong> determinato, né un qualcosa che abbia una determinata qualità, ma se si <strong>di</strong>ce che è<br />

grande, apparirà anche piccolo... perché niente è uno, né determinato... ma tutto <strong>di</strong>viene...<br />

Questa teoria afferma che ciò che comunemente si ritiene essere, cioè il <strong>di</strong>venire, è prodotto<br />

dal movimento, mentre il non-essere ed il perire sono prodotti dalla quiete... L'uno, cioè il<br />

movimento, è bene, sia per l'anima sia per il corpo; l'altro (la quiete) invece è il contrario”.<br />

4- La sensazione, il soggettivo e l'oggettivo. “Seguiamo il <strong>di</strong>scorso appena fatto e poniamo<br />

che nessuna cosa sia in sé e per sé una... E allora... neppure a te stesso una cosa appare la<br />

stessa, per il fatto che neppure tu sei mai uguale a te stesso... Se la cosa... che percepiamo,<br />

fosse grande o bianca o calda... se non venisse mai in contatto con altro, non <strong>di</strong>venterebbe<br />

<strong>di</strong>versa, poiché non muta, <strong>di</strong> per sé, in niente. Ma se... ciò... che percepisce fosse ciascuna <strong>di</strong><br />

queste qualità, allora non potrebbe mai, per il fatto che qualcos'altro gli si accosti o che<br />

l'oggetto subisca qualche mo<strong>di</strong>ficazione, <strong>di</strong>ventare un'altra cosa, visto che <strong>di</strong> per sé non<br />

subisce nessuna mo<strong>di</strong>ficazione... Se a sei da<strong>di</strong> ne metti accanto, per esempio, quattro, <strong>di</strong>ciamo<br />

che i sei sono più dei quattro, cioè una volta e mezzo <strong>di</strong> più; se, invece, ne metti do<strong>di</strong>ci,<br />

<strong>di</strong>ciamo che sono meno, cioè la metà... Se Protagora o qualcun altro ti chiedesse: 'Teeteto è<br />

possibile che qualcosa <strong>di</strong>venti più grande o più numeroso, a meno che non venga<br />

accresciuto', che cosa risponderesti?... Direi che non è possibile... Infatti, la nostra lingua<br />

sarà inconfutabile, ma non sarà inconfutabile la nostra mente”. *Si tratta della<br />

incompatibilità fra ciò che rileva la sensazione e ciò che conferma il ragionamento*. “Ora<br />

vorremmo innanzitutto renderci conto <strong>di</strong> che cosa mai siano i pensieri che abbiamo, presi in<br />

relazione a se stessi, e se, a nostro avviso, sono coerenti fra <strong>di</strong> loro oppure no... Per prima<br />

cosa <strong>di</strong>remmo che nessuna cosa mai può <strong>di</strong>ventare maggiore o minore, né <strong>di</strong> massa né <strong>di</strong><br />

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