Messaggi in Bottiglia n.9 - Ais Puglia
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<strong>Messaggi</strong>o da Federico VALICENTI*<br />
Dall’Oste<br />
al Sommelier<br />
Considerazioni storiche<br />
sul v<strong>in</strong>o che cambia<br />
In v<strong>in</strong>o veritas, si diceva una volta. Ma dove sono f<strong>in</strong>iti i<br />
“cant<strong>in</strong>ieri”, gli osti? Troppi sommelier, troppi degustatori,<br />
troppi assaggiatori, troppi di tutto. Il v<strong>in</strong>o sta perdendosi<br />
tra trucioli di legno e aff<strong>in</strong>amenti strani. Il suo vero significato<br />
è simbolo di comunione, fratellanza, gioia, ospitalità,<br />
amore. Durante l’evoluzione della civiltà, diventa un bene<br />
prezioso, una merce di scambio, a volte rimedio curativo.<br />
Raccontare l’<strong>in</strong>contro tra l’uomo e il v<strong>in</strong>o è come raccontare<br />
la storia della vita, racchiusa <strong>in</strong> un quadro appeso nelle taverne,<br />
nelle osterie, nelle cant<strong>in</strong>e, nei bar: il vecchio signore o la<br />
coppia di anziani che giocano a carte, sorseggiano un buon<br />
bicchiere di v<strong>in</strong>o, si raccontano il tempo ridacchiando al ricordo<br />
di amicizie femm<strong>in</strong>ili, sotto la sp<strong>in</strong>ta dei suoi tann<strong>in</strong>i e<br />
profumi. Gote rosse e l<strong>in</strong>gua lunga, bicchieri vuoti e sguardi<br />
vivaci, l’allegria contagia anche l’astemio. Difficile dist<strong>in</strong>guere<br />
chi tra l’uomo e il v<strong>in</strong>o sia il soggetto del dialogo a due, l’uno<br />
raccoglie l’altro. Nei tempi addietro all’uomo era consentito<br />
dialogare da solo con il v<strong>in</strong>o, alla donna era proibito, anche<br />
se raramente la donna beveva da sola. La donna che beve è<br />
legata ad un <strong>in</strong>contro, una festa, un amore; è partecipazione,<br />
gioia, unione ed esaltazione erotica. È facile perdere le <strong>in</strong>ibizioni,<br />
il controllo. Per l’uomo, <strong>in</strong>vece, il v<strong>in</strong>o bevuto da solo<br />
diventa un piccolo e dolce istante, suggerisce una similitud<strong>in</strong>e<br />
erotica del piacere solitario. “Dopo il v<strong>in</strong>o, il liquido che più<br />
amo bere è una bella lacrima, ben limpida e chiara che tremola<br />
sull’orlo di un ciglio biondo o bruno” confessa lo scrittore<br />
Gautier (1811-1872). Prima di un <strong>in</strong>contro il sommelier lo<br />
versa nel calice, lo fa ondulare con una delicata oscillazione,<br />
sembra che “evochi lo spirito del v<strong>in</strong>o che si condensa” -Emyle<br />
Peynaud, enologo (1912-2004)-. Ed è <strong>in</strong> quel preciso atto<br />
che il v<strong>in</strong>o forma cerchi miracolosi sulla parete dei bicchieri,<br />
da cui si staccano gocce come lacrime. Imita l’uomo che<br />
versa <strong>in</strong> improvvisa tristezza, segno premonitore di felicità,<br />
quando riesce a rubare la lacrima sull’orlo delle ciglia. Eros<br />
e v<strong>in</strong>o, un misto di profumo e piacere che f<strong>in</strong> dall’antichità<br />
seduce gli uom<strong>in</strong>i stuzzicando la fantasia, liberando il corpo<br />
al piacere div<strong>in</strong>o, offuscando la mente <strong>in</strong> fervide fantasie libert<strong>in</strong>e.<br />
Tra calici e vendemmie, uve e bicchieri colmi, tutti<br />
hanno immortalato il nettare degli dei, fonte di passioni e<br />
di illum<strong>in</strong>azioni, di pennellate ricche di colori e luci, a volte<br />
tenebre e oscure. Senza perdere di vista il suo ruolo sociale,<br />
il suo affasc<strong>in</strong>ante carisma, la sua storia e il suo piacere, il<br />
v<strong>in</strong>o mette a nudo la vita e ne illustra anche le nefandezze. Fa<br />
emergere i nostri aspetti più nascosti, segreti labir<strong>in</strong>ti <strong>in</strong> cui è<br />
possibile non riconoscersi. Non c’è stata espressione artistica<br />
che non l’abbia immortalato e non gli abbia dato un significato.<br />
La pittura, la scultura, la musica, la letteratura, il c<strong>in</strong>ema,<br />
il teatro, tutti hanno raffigurato il v<strong>in</strong>o. In un affresco su una<br />
tomba a Tebe, antico Egitto, è raffigurata la vendemmia, la<br />
pigiatura e il v<strong>in</strong>o. Nella Villa dei Misteri di Pompei, epoca<br />
romana, è raffigurato un uomo che tiene un boccale di v<strong>in</strong>o<br />
con accanto una giovane e ne <strong>in</strong>dica la perdita della verg<strong>in</strong>ità.<br />
Il v<strong>in</strong>o è il simbolo dell’ebbrezza che concede l’abbandono ai<br />
sensi. Nelle Nozze di Cana, Gesù Cristo compie il miracolo<br />
di trasformare l’acqua <strong>in</strong> v<strong>in</strong>o, lo sdogana come bevanda della<br />
festa, fa un miracolo per averne di più, perché ne riconosce il<br />
valore di comunione, strumento di apertura verso gli altri. Un<br />
simbolo che rimane nell’ospitalità, nelle feste, nei momenti<br />
di gioia, fratellanza, amore. Per sapere se il v<strong>in</strong>o è veramente<br />
buono bisogna che riempia la bocca di umori, la tempesti<br />
di profumi e di tann<strong>in</strong>i e se il profumo persiste nella bocca<br />
durerà anche <strong>in</strong> cant<strong>in</strong>a.<br />
* Chef del ristorante “Luna Rossa” di Terranova del Poll<strong>in</strong>o (PZ)