La strada del formaggio - Gustolocale

oppure le volevano dimenticare. Ricordavano un passato di indigenza, quel mondo
dei poareti che allora ci si voleva lasciare alle spalle.”
Crede che adesso ci sia più coscienza delle nostre origini di allora?
“Penso di sì. E questo si vede in molti atteggiamenti oggi diffusi: per esempio la
preferenza a restaurare le case rurali rispetto alle nuove costruzioni oppure la
diffusione dei prodotti tipici del territorio.”
Nei vostri sketch parlate spesso dei prodotti tipici vicentini. Devono anche
un po’ a voi la loro fortuna attuale, no?
“Beh, a Cologna Veneta ci hanno dato un premio per aver contribuito alla diffusione
del Mandorlato con la nostra canzone.”
El mandorlato ga la mandola brustolà… e chi non la conosce?
“Ma ci piace anche scherzare su questi temi. Per esempio abbiamo scoperto che il
mais contiene un amminoacido stimolante della virilità, il triptofano. Da qui abbiamo
fatto tutta una gag sui poteri afrodisiaci della polenta di cui i nostri avi potevano ben
godere i benefici!”
E poi voi siete anche Cavalieri della Venerabile Confraternita del Baccalà alla
vicentina. Su questo non si scherza…
“Sentiamo la responsabilità del nostro ruolo e lo degustiamo ogni volta che
possiamo. Dico così perché le nostre cene solitamente arrivano a fine spettacolo, in
orari in cui le cucine rischiano di essere già chiuse. Spesso si deve ripiegare in
pizzeria, ma quando riusciamo ad infilare la porta di una trattoria preferiamo piatti
semplici e tradizionali.”
Quali le piacciono di più?
“Tra i primi i bigoli co l’arna e tra i secondi certamente il baccalà. Lo stesso baccalà
è la dimostrazione del recupero di una tradizione che rischiava di scomparire.
Qualche decennio fa i ristoranti non lo preparavano più di una volta a settimana e
solo in alcune stagioni. Ora lo si trova sempre ed è molto buono.”
Dal punto di vista gastronomico sono salve queste tradizioni?
“Oggi c’è molta più conoscenza delle tipicità. Questo grazie anche al fenomeno delle
sagre che si è sviluppato in anni molto recenti e al gran parlare di alimentazione. Un
tempo si preparavano gli stessi piatti senza sapere che erano tipici: mia madre li ha
sempre fatti perché le era stato insegnato, senza interrogarsi su una specificità
veneta.”
Michele Bertuzzo
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