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Paolo Cucchiarelli - Misteri d'Italia

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La documentazione indica che in questa realtà c’è il ruolo centrale di On, i servizi italiani e stranieri<br />

(non solo Nato e Usa), la copertura dei politici che sapevano o intuivano, l'impossibilità per tanti,<br />

ancora oggi, di raccontare una verità che anni fa era irriferibile. E il pensiero va al Pci che - basta<br />

leggere L'Unità dei primi mesi del 1970 - dà la sensazione di intuire, comprendere ciò che era<br />

accaduto a livello politico ma di non poter esplicitare, render pubblico, il perverso intreccio di<br />

responsabilità, interessi, casualità, tornaconti, compromessi politici che - come dice Renato Curcio -<br />

fa sì che né lo Stato né chi l'ha combattuto possa oggi dire come sono andate effettivamente le cose.<br />

Questa osservazione nasce dagli elementi disponibili – e altri si potrebbero aggiungere - e non<br />

sottende un giudizio politico ma la semplice presa d’atto che l’epoca non permetteva a nessuno<br />

libertà di movimento; ne’ ai partiti di governo, ne’ a quelli di opposizione. E di questo si deve tener<br />

conto per capire le dinamiche reali di quelle settimane.<br />

La campagna contro la “bomba di Stato” vide i comunisti incerti all’inizio e poi costretti dalla<br />

logica, anche politica, che avevano preso le cose. Significativo il giudizio di Enrico Deaglio, ex<br />

Lotta Continua sulle ripercussioni politiche dalla strage. “Irrimediabili sono poi state le<br />

conseguenze della bomba per la sinistra. Il Pci, un partito allora del 30 per cento dei voti, si sentì<br />

direttamente attaccato; capì, con ogni probabilità da subito, da dove veniva la mano, ma scelse di<br />

non dirlo. Negò pervicacemente per anni che la strage fosse ‘di Stato’ e si spaventò moltissimo<br />

della spregiudicatezza dei ‘poteri occulti’” 12 .<br />

Il Pci “sapeva molto, ma in tantissimi casi ha preferito tacere”, scrive Aldo Giannuli in un saggio<br />

intitolato non a caso “Pci & stragi: la politica del silenzio” 13 .<br />

Questo dell’atteggiamento del Pci è un capitolo complesso, frutto diretto dell’intreccio di tanti<br />

elementi ancora da sviscerare, ma esposto al costante rischio di possibili e fin troppo superficiali<br />

strumentalizzazioni politiche e di giudizio più o meno storico.<br />

Ci sono fatti che non si possono eludere, pena la non comprensione di importanti ‘pieghe’ della<br />

vicenda politiche di quegli anni. E’ un caso che il Pci seppe in anticipo dell’imminente attentato a<br />

Rumor da parte di Bertoli ma scelse di tacere con i magistrati? 14 Certamente il Pci non ha avuto<br />

all’epoca alcuna alternativa reale perché ogni tentativo di ‘rovesciare’ il tavolo, denunciando lo<br />

scontro, i soggetti in campo, e i loro reali obiettivi, avrebbe avuto come contropartita diretta e<br />

immediata l’accusa di essere un partito politico non democratico, lo scontro diretto, di piazza , e la<br />

conseguente repressione. Giusto quello che - e il Pci lo aveva ben capito- cercavano pervicacemente<br />

i gruppi neofascisti appoggiati da una larga fetta dello Stato, dai politici, i servizi segreti e i<br />

militari. Tutto questo ‘non detto’ ma ‘compreso’ e ‘saputo’ sui retroscena dello scontro nello Stato<br />

incise in maniera determinante sulla scelta della politica del compromesso storico da parte del Pci<br />

che, dopo il trauma cileno, matura proprio nell’autunno del 1973.<br />

L'inchiesta Salvini spicca il volo dall'interno di un’indagine sull’uccisione a sprangate del giovane<br />

missino Sergio Ramelli da parte di esponenti di Avanguardia Operaia. Salvini incrimina, tra attacchi<br />

feroci da sinistra, stimati professionisti (alcuni sono suoi conoscenti di quando militava nei gruppi<br />

anarchici studenteschi) poi condannati per quel terribile atto di violenza (Ramelli rimase 47 giorni<br />

in coma con la testa letteralmente sfondata dalla Hertz 37, la chiave inglese per camion che era<br />

un'arma 'classica' del gruppo). Tra gli altri c’è Giuseppe Ferrari Bravo, un medico al quale è<br />

intestato un abbaino di via Bligny 42, a Milano, dove erano ammassati detonatori, caricatori e un<br />

vero a proprio archivio che tra l'altro ricostruisce aspetti inediti della nascita milanese delle Br.<br />

12 “La banca della memoria”, Enrico Deaglio, Diario,8 marzo 2000<br />

13 Libertaria,n.1,1999<br />

14 Ivo della Cosa, all’epoca segretario della federazione del Pci di Treviso ha messo a verbale durante l’inchiesta<br />

condotta dal magistrato Lombardi sulla strage alla Questura di Milano di esser stato contattato dal conte Pietro<br />

Loredan il 15 maggio del 1973 il quale l’avvisava che 2 giorni dopo ci sarebbe stato a Milano un attentato contro una<br />

un’alta personalità dello Stato. Dalla Costa informava telefonicamente la direzione nazionale del Pci , andava nella<br />

federazione milanese dove giungevano da Roma , con il primo aereo disponibile, Alberto Malagugini e Giancarlo<br />

Pajetta che , ascoltato il racconto, avrebbero subito informato il capo di gabinetto del questore Gustavo Palumbo che<br />

,interrogato, negava recisamente di aver mai avuto una tale informazione dai due parlamentari che erano nel frattempo<br />

deceduti.<br />

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