Paolo Cucchiarelli - Misteri d'Italia
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Nostra, a lui personalmente, gli promisero “libertà”, e si vanterà con linguaggio tra l’oscuro e il<br />
plebeo di “avere salvato il culetto” alla democrazia. E che la sua latitanza dorata potesse avere<br />
molto a che fare con le trame e con le stragi l’aveva scritto proprio sull’Unità in quegli anni -<br />
inascoltato - Pio la Torre. Trentacinque anni dopo, tuttavia, all’apparenza è cambiato tutto, ma se<br />
non si farà luce su quelle pagine del passato non è detto che non possa un giorno spuntare qualcuno<br />
che pretenda di tornare indietro, e abbia tenuto ancora inserito il proprio segnalibro nel capitolo<br />
dell’anno 1969, giorno 12 dicembre, ore 16,35. Anno, giorno, mese e ora, quando i capelli di molti<br />
di noi cominciarono a imbianchire.<br />
di <strong>Paolo</strong> <strong>Cucchiarelli</strong><br />
Introduzione<br />
Piazza Fontana. Chi è Stato?<br />
L’hanno definito, con un’enfasi emotiva che appare datata ma non eccessiva, il “giorno<br />
dell’innocenza perduta’’: è il 12 dicembre 1969 quando a Milano una bomba semina morte tra la<br />
gente colpevole solo di essere entrata in una banca.<br />
E’ gente comune, semplice; per lo più contadini e fittavoli, molti commercianti di bestiame della<br />
provincia. Sono in banca per una tratta, un bonifico, una cambiale in scadenza.<br />
I cadaveri sono maciullati; brandelli anche consistenti di corpi saranno staccati dalle pareti della<br />
banca tanto devastante è stata l’esplosione. I primi accorsi avranno incubi per giorni dopo la vista di<br />
tante membra sparse sul tappeto bruciato di frammenti riarsi che circonda l’area centrale della banca<br />
dove, sotto un gran tavolo ottagonale, è stata collocata la bomba.<br />
Alla fine il bilancio sarà di 17 morti e circa 80 feriti 1 .<br />
L’ultima vittima ci sarà molti anni dopo per le conseguenze delle ferite e delle ustioni di quel<br />
giorno. Negli occhi di chi accorse in banca quel pomeriggio rimarrà netta l’immagine di una scena<br />
di guerra. Contro dei civili innocenti e inermi.<br />
Con quell’esplosione è spazzata via una certa idea della politica e dello scontro sociale. Immediata<br />
fu la percezione che qualcosa di molto rilevante era accaduto e – caso rarissimo in un paese come<br />
l’Italia – la consapevolezza dei contemporanei si consolidò subito con le certezze del giudizio<br />
storico.<br />
La strage era terribile, oltre che per l’orrore per quei morti bruciati e a brandelli, anche per il suo<br />
significato politico.<br />
Pur tra scontri durissimi, politici e sociali, fino al 12 dicembre 1969, il conflitto era stato<br />
fisiologico; le regole del gioco, per quanto aspre, violente, erano state rispettate, magari violate ma<br />
mai negate alla radice. La polizia aveva sparato su dimostranti disarmati ad Avola, il 2 dicembre<br />
1968, e Battipaglia il 9 aprile dell’anno seguente. A Milano un agente di polizia era stato ucciso in<br />
piazza durante lo sciopero generale il 19 novembre; il tasso di violenza delle manifestazioni<br />
sindacali e politiche era elevato ma tutti avevano l’intima certezza che si era sempre “dentro” le<br />
regole: quelle morti non erano state intenzionali, premeditate. Pianificate a tavolino. Ricercate come<br />
‘prezzo’ per un obiettivo politico immediato.<br />
1 Le vittime furono: Giovanni Arnoldi, Giulio China, Eugenio Corsini, Pietro Dendena, Carlo Gaiani,<br />
Calogero Calatioto, Carlo Garavaglia, <strong>Paolo</strong> Gerli, Luigi Meloni, Gerolamo Papetti, Mario Pasi,<br />
Carlo Luigi Perego, Oreste Sangalli, Angelo Scaglia, Carlo Silva, Attilio Valè, Vittorio Mocchi.<br />
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