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Paolo Cucchiarelli - Misteri d'Italia

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agente Usa fa sua pienamente la lettura che della vicenda dà fin dal 1978 “Il Segreto della<br />

Repubblica”: muovendo verso destra in piena solidarietà ed armonia con la crescente avversione<br />

popolare alla “strategia del terrore” che si stava sviluppando in quei mesi, e che l’opinione pubblica<br />

credeva opera della sinistra, “Saragat sperava di raccogliere 3 milioni di voti. Ma non poteva<br />

anticipare la data delle elezioni senza una maggioranza nelle Camere avendo soltanto il sostegno<br />

che aveva ricevuto da Nixon, la Cia e l’industria italiana”. Il grande spauracchio era appunto un<br />

governo Dc-Psi con appoggio del Pci e del Psiup: una coalizione che avrebbe rappresentato circa il<br />

70% delle forze presenti in Parlamento. “Per sconfiggere, annientare una tale coalizione, gli Usa<br />

potevano soltanto sperare di creare un’emergenza più grande che avrebbe isolato Moro e la sinistra<br />

Dc”, scrive Tompkins che cita proprio il libro di Walter Rubini, cioè Fulvio Bellini, a riscontro.<br />

“L’ambasciatore Usa a Roma, Martin aveva scelto di andare all’attacco”. Il suo canale in<br />

ambasciata con i vertici di Avanguardia Nazionale era rappresentato da Peter Bridges, Primo<br />

segretario all’ambasciata di Via Veneto. “All’organizzazione terrorista di Delle Chiaie fu dato disco<br />

verde ma Bridge disse che la responsabilità doveva cadere sulla sinistra”, scrive Tompkins. La<br />

Confindustria – scrive sempre Tompkins nel dattiloscritto – “chiedeva intanto al governo di<br />

eliminare gli scioperi ‘politici’ e, con un rapporto top secret, a Saragat un governo forte, senza i<br />

socialisti, che potesse controllare gli operai nel Nord d’Italia, proibire i ‘picchetti’ operai, e mettere<br />

fuori legge la ‘propaganda sovversiva’ e le ‘assemblee sediziose’”. In quelle settimane, a cavallo di<br />

giugno-luglio, Panorama riportava le parole di un anonimo funzionario del Viminale: “Basterebbe<br />

che un poliziotto fosse ucciso in una manifestazione, colpito dai dimostranti con armi da fuoco.<br />

Sarebbe quello che è utile per iniziare. Il Capo dello Stato e il governo potrebbero dichiarare lo stato<br />

d’emergenza”. Più avanti ritroveremo il giovane diplomatico Peter Bridges, che parlava<br />

fluentemente l’italiano, nei contatti che a fine 1969 l’ambasciata Usa intraprende, indirettamente,<br />

con il Pci.<br />

Anche nel ‘70-’71, come abbiamo visto, l’altro problema centrale dello scacchiere politico italiano<br />

è chi andrà al Quirinale dopo Saragat: Moro o Fanfani. I documenti americani danno conto di quella<br />

che definiscono quasi una “ossessione” della politica italiana e tra i due contendenti gli analisti<br />

americani indicano un outsider che farà strada, Sandro Pertini.<br />

Si sa che se Moro scalerà il Colle si potrà realizzare quella “Repubblica Conciliare’’ che tanto<br />

spaventa giornali come Il Borghese e Candido. Nel 1969 si parla di “nuovo patto costituzionale”<br />

(De Mita) e di “centrosinistra senza preclusioni” (De Martino). Nel 1978 di “compromesso storico”,<br />

ma il problema è lo stesso, e questo lega indissolubilmente la strage di Piazza Fontana a via Fani.<br />

Anzi la strada che porta in via Caetani, alle spalle di Botteghe Oscure, inizia proprio quel 12<br />

dicembre del 1969 ed ecco perché la strage del dicembre e l’omicidio di Aldo Moro rappresentano<br />

gli architravi del terrorismo italiano.<br />

Subito dopo la strage, Kissinger non esclude che le bombe siano di destra: “La polizia italiana sta<br />

arrestando anche i neofascisti con trascorsi terroristici”. Tra gennaio e febbraio né Rumor, né Moro,<br />

né Fanfani riescono a formare un governo: l’Italia sembra lì lì per naufragare. A marzo, tra mille<br />

dubbi, come già ricordato, ci riesce nuovamente Rumor.<br />

Veneto, noto per la sua mitezza, era citatissimo nelle strade dai giovani di destra grazie allo slogan<br />

“Le bombe fanno Rumor”. Dopo la strage, ricorda un suo stretto collaboratore di allora,<br />

Piervincenzo Porcacchia, andò in Galleria a Milano per far vedere che tutto era sotto controllo e che<br />

bisognava stare tranquilli. Però, Porcacchia ricorda anche che “in quei mesi arrivavano i giornalisti<br />

stranieri che facevano sempre la stessa domanda: ‘Che cosa ne sapete di un imminente colpo di<br />

Stato?’”.<br />

<strong>Paolo</strong> Emilio Taviani ha escluso con decisione che Rumor potesse essere il terminale della strategia<br />

stragista e quindi indotto a proclamare lo stato di emergenza all’indomani della bomba di Piazza<br />

Fontana. “È falso perché Rumor caratterialmente era incapace non solo di farlo ma anche di<br />

pensarlo”. È un fatto che Ordine Nuovo tentò più volte di uccidere Rumor per vendicarsi di<br />

qualcosa. Tentarono con Vincenzo Vinciguerra, nel 1971, (“doveva pagare perché ha tradito. Non<br />

ha approfittato della situazione, si è tirato indietro”, come gli disse Delfo Zorzi proponendogli<br />

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