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Paolo Cucchiarelli - Misteri d'Italia

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impossibile fare un processo, accertare la verità. Sono importantissimi i generali e anche Guido<br />

Giannettini, Pino Rauti, Stefano Delle Chiaie” 38 .<br />

La rete italo-americana che si mosse – e in questo le testimonianze dell’inchiesta sono tali e tante da<br />

essere prese in considerazione dagli storici che non hanno paura di affondare le mani nel ‘cuore<br />

oscuro’ dell’Italia - aveva un progetto ben chiaro in testa: lo ‘sbocco’ della stagione delle bombe<br />

doveva essere, secondo almeno una delle due cordate che agivano sul campo in quelle settimane,<br />

la proclamazione dello stato d’emergenza da parte del Presidente del Consiglio Rumor. L’altra<br />

mirava ad un vero e proprio intervento dei militari sulla base dell’esperienza maturata ad Atene con<br />

il golpe dei colonnelli del 1967. Nel primo caso si trattava di una sorta di “pressione” militare da<br />

esercitarsi grazie e sull’onda dello sdegno, provocata dalla strage (quindi non un vero e proprio<br />

golpe) che avrebbe portato allo scioglimento del Parlamento e magari a riforme di stampo gollista,<br />

come vedremo. Anche qui troviamo, se ben si valuta tutta la documentazione disponibile, due linee,<br />

due strategie, due obiettivi a vari livelli. E probabilmente anche diversi referenti politici.<br />

L’analisi di Salvini poggia su riscontri politici logici che trovano conferma anche in quelli che i<br />

politici hanno detto negli anni sulla strage. Come altrimenti spiegare l’insistenza di Moro nel suo<br />

memoriale su Rumor e Bertoli? “Ricordo una viva raccomandazione fatta al ministro dell’Interno<br />

onorevole Rumor (egli stesso fatto oggetto di un attentato) di lavorare per la pista nera”, scrive<br />

durante la sua prigionia Aldo Moro, Presidente della Dc. Le dichiarazioni di Digilio e Siciliano, i<br />

dubbi di Taviani, le indicazioni di Moro si sommano e trovano ‘riscontro logico’ con quanto<br />

dichiarato ormai oltre 10 anni fa da Vincenzo Vinciguerra che dal gruppo ordinovista mestrino<br />

ricevette per ben due volte l'invito ad uccidere Rumor come forma di “punizione” per essersi tirato<br />

indietro. E' accertato - compare negli atti di diverse inchieste e di processi - che per due volte il<br />

gruppo di On chiese a Vinciguerra di uccidere il presidente del Consiglio nel '71 - '72. Vinciguerra<br />

si rifiutò. Lo stesso gruppo arrivò a controllare i soggiorni di fine settimana di Rumor a Vicenza<br />

studiando la possibilità di colpirlo con un fucile in giardino, come Kennedy.<br />

La sentenza della Cassazione ha assolto definitivamente Carlo Maria Maggi, Delfo Zorzi e Virginio<br />

Rognoni dall’accusa di essere i responsabili diretti della strage ma non ha cancellato quanto si è<br />

documentalmente capito, grazie a quest’ultimo processo sulla strage, del ruolo delle strutture di<br />

intelligence Usa nella strategia della tensione. Il referente Usa Carrett spiegò a Digilio che nei<br />

giorni immediatamente successivi alla strage le navi sia americane, sia italiane avevano avuto<br />

l'ordine di uscire dai porti “perché, in caso di manifestazioni o scontri diffusi, ancorate nei porti<br />

potevano essere più facilmente colpite”. A comandare la flotta Nato del Sud Europa è dal luglio del<br />

1969 l’ammiraglio Giuseppe Rosselli-Lorenzini che era destinato a divenire il ministro della Difesa<br />

nei piani del golpe del 7 dicembre 1970, il ‘Golpe della Madonna’ che Borghese tentò di attuare con<br />

l’aiuto degli americani. Digilio riferisce di un colloquio, all’inizio dell' estate del ‘69, prima degli<br />

attentati ai treni dell’ agosto, con Carrett.“Mi disse che la loro struttura era stufa di tollerare o<br />

appoggiare azioni dei servizi segreti italiani, che avevano superato i limiti e scherzavano con il<br />

fuoco. Mi confermò che erano concepite azioni dimostrative in senso anticomunista, ma non<br />

massacri indiscriminati”.<br />

Politici, pentiti e agenti Usa sembrano raccontare tutti la medesima storia. Tra i molti episodi il<br />

pentito di On cita un colloquio con Ventura nell’estate del 1969: “Mi disse che la campagna non era<br />

finita e che altri gruppi di attentati sarebbero stati avviati nell’ intento di far fare una scelta al<br />

mondo militare e, a ruota di questo, anche a certi politici di Roma. Ventura ribadì che gli attentati<br />

non erano l’impresa di quattro pazzi, ma facevano parte di un piano ben preciso. Il progetto era<br />

partito con una riunione a Padova nella primavera, che aveva visto presenti i padovani, i veneziani,<br />

alcuni di Treviso, tra cui lui stesso e il capo di On, Pino Rauti. Non sono in grado di dire se tale<br />

riunione fosse la stessa di cui hanno poi parlato ampiamente i giornali”. Ecco come altri<br />

protagonisti dell’inchiesta milanese ricostruiscono la vicenda nei verbali. Edgardo Bonazzi,<br />

38 “Ventura vuole Giannettini perché dica tutta la verità”, Il Tempo, 29 gennaio 1975<br />

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