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“Lavorare con le emozioni” – Il volume raccoglie i contributi originali

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“principio di asimmetria” nel<strong>le</strong> modalità di spiegazione: mentre il comportamento<br />

norma<strong>le</strong> può essere compreso finalisticamente attraverso una attribuzione di<br />

scopo, la rottura del<strong>le</strong> istanze di funzionamento norma<strong>le</strong> (psicosi) deve essere<br />

spiegata <strong>con</strong> una modalità esclusivamente causa<strong>le</strong>, e per la qua<strong>le</strong> la causa non può<br />

che essere “biologica” (Bental, 1998). Da qui parte la proposta di Guidano di un<br />

modello di spiegazione della psicosi, da lui anticipata mirabilmente nella storica<br />

relazione al Congresso di Siena (Guidano, 1998). E' interessante notare alcuni<br />

punti di <strong>con</strong>tatto tra questa impostazione <strong>con</strong> almeno altre due prospettive, che<br />

assumono più o meno esplicitamente una critica all'impostazione "razionalista"<br />

tipica del modello medico.<br />

La prima è quella etno-psichiatrica, in particolare la posizione di Devereux,<br />

<strong>con</strong>siderato il fondatore della etno-psichiatria, che già negli anni antecedenti la<br />

Se<strong>con</strong>da guerra mondia<strong>le</strong>, in piena era post-kraepeliniana, aveva assunto come<br />

fondamento epistemologico della sua disciplina la critica portata da Heisenberger<br />

alla necessità di tener <strong>con</strong>to del punto di vista dell'osservatore per effettuare<br />

un’osservazione corretta. Tutta la etno-psichiatria si basa sulla critica ad una<br />

presunta “oggettività” occidenta<strong>le</strong> il cui sguardo deve costantemente essere messo<br />

in discussione per capire l’Altro. Devereux avanzò una spiegazione “sociologica”<br />

che <strong>con</strong>siderava la psicosi come una modalità culturalmente accettabi<strong>le</strong> di<br />

rispondere ad uno spaesamento in cui il mondo appariva al soggetto troppo<br />

comp<strong>le</strong>sso per essere dominato. Criticando i modelli “assolutistici” della<br />

psichiatria occidenta<strong>le</strong> egli arrivò a <strong>con</strong>siderare la schizofrenia una “psicosi<br />

etnica”, ovvero la modalità che il mondo occidenta<strong>le</strong>, e il paziente all'interno di<br />

questo, costruiva per “dare forma” a questo tipo di disturbo (Devereux, 2007).<br />

La se<strong>con</strong>da è la prospettiva di Bateson, l’antropologo scopritore del “doppio<br />

<strong>le</strong>game”, che attribuiva ad un “errore comunicativo” l’insorgenza della<br />

schizofrenia (Bateson et al. 1956). Nel commentare la storia della follia di<br />

Perceval, personaggio ing<strong>le</strong>se della prima metà dell’ottocento che ci ha lasciato un<br />

mirabi<strong>le</strong> reso<strong>con</strong>to della sua follia trattata in un ospeda<strong>le</strong> psichiatrico, Bateson<br />

faceva vedere molto bene come l’incapacità di comprensione del paziente, della<br />

sua storia e dei suoi possibili significati da parte del persona<strong>le</strong> curante, producesse<br />

paradossi logici e <strong>con</strong>seguenze pratiche che tendevano a perpetuare e accrescere la<br />

patologia di Perceval. E di come proprio la <strong>con</strong>sapevo<strong>le</strong>zza parzia<strong>le</strong> di questi<br />

paradossi in cui veniva messo dai medici nel loro tentativo di <strong>con</strong>trastare <strong>le</strong> “voci”<br />

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