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“Lavorare con le emozioni” – Il volume raccoglie i contributi originali

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<strong>Il</strong>aria Capecci 1<br />

UN MONDO DI EMOZIONI<br />

Anche quest’anno il <strong>con</strong>vegno post-razionalista, che Bernardo e Mario<br />

organizzano ogni anno tra <strong>le</strong> Marche e la Toscana, è stato spunto di rif<strong>le</strong>ssione e<br />

momento di <strong>con</strong>fronto estremamente interessante per tutti noi partecipanti, relatori<br />

ed uditori. Lavorare <strong>con</strong> <strong>le</strong> emozioni è sicuramente stimolante e permette sia al<br />

paziente che al terapeuta un arricchimento ed una crescita utili nella quotidianità.<br />

In questa giornata si è cercato di sviscerare tutte <strong>le</strong> informazioni cliniche e<br />

teoriche importanti per il nostro lavoro; si è ribadito più volte il <strong>con</strong>cetto che<br />

<strong>con</strong>oscere e ri<strong>con</strong>oscere <strong>le</strong> proprie emozioni permette al paziente una <strong>con</strong>oscenza<br />

di sé più profonda ed una <strong>con</strong>sapevo<strong>le</strong>zza del<strong>le</strong> proprie reazioni che permettono<br />

all’individuo di affrontare e superare al meglio <strong>le</strong> criticità che la vita ci pone<br />

davanti. Ma lavorare <strong>con</strong> <strong>le</strong> emozioni non può, né deve, essere un percorso<br />

unilatera<strong>le</strong>. Una del<strong>le</strong> domande più frequenti poste dagli studenti o da persone<br />

interessate alla psicoterapia è “Perché uno psicoterapeuta deve fare un percorso<br />

persona<strong>le</strong>?”. La risposta è stata data, tra <strong>le</strong> righe, nei vari interventi ascoltati in<br />

questa giornata ma va<strong>le</strong> la pena esplicitarla. Lavorare <strong>con</strong> <strong>le</strong> emozioni del paziente<br />

è estremamente delicato, come un musicista <strong>con</strong> il suo strumento musica<strong>le</strong> il<br />

terapeuta deve essere costantemente <strong>con</strong>sapevo<strong>le</strong> di quali, quante corde toccare, e<br />

<strong>con</strong> qua<strong>le</strong> energia per evitare stonature, dare la massima fluidità alla musica ed<br />

evitare che una corda si spezzi. Per fare ciò, per essere un “perturbatore<br />

strategicamente orientato” lo psicoterapeuta deve avere sempre la <strong>con</strong>sapevo<strong>le</strong>zza<br />

del <strong>con</strong>fine tra <strong>le</strong> emozioni espresse dall’individuo che ha davanti e quel<strong>le</strong> proprie,<br />

che siano esse già presenti o scatenate dal colloquio <strong>con</strong> il paziente. Non rendersi<br />

<strong>con</strong>to di ciò, permettere che questo <strong>con</strong>fine venga avvolto dalla bruma, potrebbe<br />

creare enormi difficoltà nel gestire la terapia, <strong>con</strong> disagio per il paziente e per il<br />

terapeuta. Chiaramente ciò non significa raggiungere l’indifferenza tipica degli<br />

psicanalisti, soprattutto quelli scimmiottati nei film hollywoodiani o negli spot<br />

pubblicitari. Non serve, infatti, cancellare o reprimere <strong>le</strong> nostre emozioni ma è<br />

fondamenta<strong>le</strong> averne la <strong>con</strong>sapevo<strong>le</strong>zza e riuscire sempre a discriminare ciò che<br />

1 Psichiatra e Psicoterapeuta, Dirigente medico SPDC Ospeda<strong>le</strong> di Jesi. Consigliere<br />

Associato dell’Accademia dei Cognitivi della Marca.<br />

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