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coverstory - Aidp

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Il problema del success fee<br />

Con una certa frequenza accade di incontrare richieste<br />

di collaborazione consulenziale per il recruitment<br />

subordinate all’accettazione del “compenso<br />

a risultato”. è noto che in una certa misura<br />

quasi tutti i contratti di consulenza di selezione<br />

hanno previsto e prevedono step graduali di riconoscimento<br />

dei compensi alla società incaricata<br />

di supportare la committenza. Come è noto, di<br />

solito gli step sono: 33% all’assegnazione dell’incarico,<br />

33% alla presentazione della “rosa finale”,<br />

34% all’assunzione del candidato prescelto. Vi è<br />

inoltre l’impegno a effettuare, senza altri oneri per<br />

il committente, una nuova ricerca nel caso in cui la<br />

persona assunta risultasse inadeguata o lasciasse<br />

la società durante il periodo di prova. Il success<br />

fee cui tendono sovente i committenti oggi intende<br />

invece riconoscere il compenso solo se il candidato<br />

presentato dalla consulenza verrà assunto, senza<br />

acconti intermedi. A volte non viene concessa l’esclusiva.<br />

è opinione diffusa tra parecchi consulenti<br />

di selezione che tale formula “deresponsabilizzi” il<br />

committente, che si sente relativamente poco impegnato<br />

nel favorire le condizioni più appropriate<br />

per attuare un processo di selezione organico, ben<br />

tempificato, efficace. è tra l’altro possibile che tale<br />

formula “deresponsabilizzi” anche il consulente, il<br />

quale al momento dell’acquisizione della commessa<br />

di selezione accetta l’incarico per ampliare potenzialmente<br />

il volume di affari e successivamente<br />

disinveste sui progetti a maggior rischio (quelli a<br />

success fee appunto) per concentrare le attenzioni<br />

su quelli a “valore”.<br />

L’e-recruitment: croce e delizia<br />

Da molti anni i selezionatori (aziendali e non)<br />

possono beneficiare di strumenti di supporto<br />

web-based che hanno consentito di velocizzare<br />

il processo di comunicazione della domanda di<br />

lavoro, di intercettare tempestivamente l’offerta,<br />

di ridurre significativamente i costi e gli investimenti<br />

per le notorietà della ricerca, per la<br />

Al lavoro vince...<br />

l’amore<br />

Attitudini. Conoscenze.<br />

Professionalità.<br />

Sono tanti gli aspetti<br />

che un selezionatore deve<br />

tenere in considerazione<br />

quando si appresta<br />

a scegliere un candidato.<br />

Ma sapere se una persona<br />

è produttiva pare sia<br />

molto più semplice: basta<br />

chiedere se è innamorata.<br />

Così, almeno, sostiene una<br />

ricerca condotta da una<br />

nota agenzia per il lavoro<br />

francese su oltre 1.100<br />

impiegati e candidati<br />

italiani e 100 responsabili<br />

hr di aziende clienti.<br />

L’85% degli impiegati<br />

intervistati e l’87%<br />

dei responsabili hr, infatti,<br />

è certo che l’amore abbia<br />

un effetto positivo sulla<br />

produttività lavorativa,<br />

perché la serenità<br />

favorisce la produttività.<br />

Però le stesse persone<br />

dichiarano che<br />

i single hanno più<br />

possibilità di fare carriera<br />

rispetto agli altri.<br />

L’amore fa bene<br />

alla produttività<br />

e non alla carriera?<br />

raccolta e la gestione delle candidature. Tutto<br />

ciò rappresenta un punto forte del recruitment<br />

grazie all’uso delle tecnologie informatiche. Non<br />

mancano però alcune criticità che influenzano<br />

l’efficacia del processo di selezione con l’uso di<br />

tale strumento:<br />

1. l’acquisizione delle candidature è quantitativamente<br />

rilevante e lo screening è assai oneroso,<br />

in quanto una prima selezione dei cv è fortemente<br />

time consuming;<br />

2. l’enorme facilità di risposta genera risposte<br />

multiple dei candidati che, spesso, in occasione<br />

di un primo contatto con la committenza o<br />

la consulenza non ricordano di aver risposto<br />

all’annuncio;<br />

3. l’e-recruitment in virtù di un costo contenuto<br />

e di una velocità di contatto rischia di diventare<br />

“il canale” del recruitment, cioè la “moda” di riferimento<br />

cui non ci si può sottrarre, limitando<br />

quindi la ricerca diretta, le relazioni professionali,<br />

altre forme di placement.<br />

Possiamo migliorare in futuro?<br />

è quasi certo che non ci ritroveremo nelle situazioni<br />

espansive del mercato del lavoro che<br />

abbiamo vissuto negli anni ‘70 e ‘90 dello scorso<br />

millennio. è altrettanto indubitabile che le imprese<br />

avranno sempre bisogno di inserire nuove<br />

risorse nel proprio organico per un naturale<br />

ricambio e per situazioni in crescita.<br />

Il miglioramento necessario nella definizione<br />

e gestione dei processi di selezione rispetto alla<br />

situazione attuale sarà possibile, a mio parere, se<br />

i vari ruoli coinvolti sapranno ricercare “maggiore<br />

parità”. Cioè meno subalternità tra selezionatore<br />

e candidato (reciproca, peraltro), tra committenza<br />

e consulenza, tra linea manageriale e funzione<br />

hr. Saper costruire una nuova relazione di interdipendenza<br />

e di fiducia potrà restituire alla<br />

selezione del personale quel ruolo relazionale, di<br />

scambio, di “misurazione reciproca” che recenti<br />

eventi hanno fatto un (bel) po’ svanire. n<br />

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