coverstory - Aidp
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concretamente ottimistico, la scelta di modelli da<br />
imitare facilmente identificabili, la focalizzazione<br />
sugli aspetti positivi e, ultimo, l’attività fisica.<br />
È facile comprendere, dunque, come la felicità<br />
sia importantissima per la vita lavorativa: alcuni<br />
studi recenti hanno dimostrato infatti come le<br />
persone più felici siano anche quelle più produttive<br />
e più capaci di affrontare e superare momenti<br />
difficili. Comunemente tendiamo a pensare che la<br />
felicità venga dal successo, mentre Shahar sostiene<br />
proprio il contrario, cioè che ne sia la causa.<br />
Alla ricerca della semplicità<br />
Interessante anche un altro concetto che Shahar<br />
non ha esposto dal vivo, ma presente in alcuni<br />
suoi scritti, che in realtà è una rielaborazione<br />
della teoria dello studioso americano Peter Senge.<br />
Il concetto è semplice: i migliori docenti in<br />
momenti di cambiamento sono i manager stessi.<br />
È risaputo infatti che, mentre come semplice<br />
ascoltatore l’apprendimento è piuttosto basso,<br />
quando ci si prepara a tenere una lezione le informazioni<br />
vengono immagazzinate in maniera<br />
più profonda. Ed è anche provato che, secondo la<br />
teoria della dissonanza cognitiva, dire una cosa<br />
e fare l’opposto ci mette in uno stato d’animo<br />
difficile da sopportare. Dunque, far tenere direttamente<br />
ai manager la formazione, li obbliga a<br />
diventare loro stessi il motore del cambiamento<br />
aziendale. Nell’ottica di una “learning organization”,<br />
l'organizzazione capace di imparare è<br />
fondamentale. Ovviamente anche l’approccio<br />
del consulente è diverso: si passa dall’essere un<br />
insegnante, all'essere un professionista che deve<br />
preparare un manager.<br />
Mi rimane solo un dubbio e, per spiegarlo, devo<br />
partire da lontano. Un’amica americana, quando<br />
“È facile comprendere<br />
come la felicità sia<br />
importantissima per la<br />
vita lavorativa: alcuni<br />
studi hanno dimostrato<br />
che le più felici sono<br />
anche quelle più<br />
produttive e più capaci<br />
di affrontare e superare<br />
momenti difficili ”<br />
Professore<br />
e consulente<br />
Tal Ben Shahar<br />
è Professore<br />
e consulente aziendale<br />
nel campo della psicologia<br />
positiva e della leadership.<br />
Ha ottenuto il PhD<br />
in Organizational Behavior<br />
all’università di Harvard.<br />
Nello stesso ateneo<br />
ha tenuto i corsi<br />
sulla psicologia positiva<br />
che hanno suscitato<br />
una grande attenzione<br />
anche da parte<br />
dei media in quanto hanno<br />
superato, per numero<br />
di iscritti, i corsi<br />
introduttivi di economia.<br />
Ha pubblicato diversi<br />
bestseller che sono<br />
stati tradotti in 25 lingue.<br />
Ad oggi Tal insegna<br />
presso l’Interdisciplinary<br />
Center di Herzliya,<br />
in Israele.<br />
www.talbenshahar.com<br />
le ho chiesto di spiegarmi la sua tesi in biologia<br />
molecolare delle superfici, l’ha fatto velocemente<br />
e in modo incisivo. L’ha fatto portando esempi,<br />
allestendo piccoli esercizi pratici, rendendoli<br />
dei giochi (memorabile lo studio di resistenza<br />
del panino imburrato sul piatto). Quando le ho<br />
fatto notare che non era da tutti esemplificare<br />
una teoria così complessa a un neo-fita quale ero<br />
io, mi ha risposto semplicemente: «We keep it<br />
simple, man», la facciamo semplice, si potrebbe<br />
tradurre. Nel frangente, il “noi” stava per tutti<br />
gli americani, ma anche gli uomini di scienza<br />
americani. E il “farla semplice” tradiva l’idea che<br />
fosse chiaro a tutti, lì, che le discipline hanno il<br />
difetto di complicarsi sempre di più con il passare<br />
del tempo, di staccarsi dalle evidenze e, mano a<br />
mano che si fanno più dettagliate, dimenticarsi<br />
che il loro scopo è farsi capire, diventando idiomi<br />
di ipertecnici che ormai si capiscono solo tra di<br />
loro, e magari neanche troppo spesso.<br />
Occhio<br />
a non banalizzare<br />
Chiaramente quello del “keeping it simple” è un<br />
metodo applicato dal professore, e neanche tacitamente.<br />
è anzi una dichiarazione di intenti<br />
che Shahar, abituato a lavorare nel ramo della<br />
consulenza per le aziende, si è posto come scopo.<br />
È indubitabile che questo sia un ottimo approccio.<br />
L’unico rischio è un’eccessiva semplificazione<br />
soprattutto laddove il tema è particolarmente<br />
complesso. Penso, ad esempio, all’abitudine tutta<br />
americana di collegare sempre la felicità alla realizzazione<br />
dei propri obiettivi, come a dire: felici<br />
perché di successo, o di successo perché felici,<br />
secondo la teoria appena esposta. Se qualcuno<br />
ha mai letto un libro di filosofia orientale o più<br />
banalmente ascoltato una canzone dei Nirvana,<br />
sa che la correlazione non è necessariamente<br />
così diretta. Attento a quello che desideri, dice<br />
il saggio, perché potrebbe avverarsi.<br />
Mi pare che, come diceva il sociologo della<br />
comunicazione Marshall McLuhan, il mezzo sia<br />
il messaggio. E se il mezzo è una lingua forzatamente<br />
semplice e semplificativa, può fare da<br />
collo di bottiglia per una teoria che ha invece<br />
una necessità di frastagliarsi, di diversificare<br />
prima di riassumere.<br />
Insomma, il concetto di fondo della psicologia<br />
positiva è intelligente e, ancora più importante,<br />
ci aiuta a trovare in noi risorse inattese, soprattutto<br />
nei momenti difficili. Poiché qui però<br />
di scienza si parla, restiamo in vigile attesa di<br />
approfondimenti e precisazioni.<br />
n<br />
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