editoriale Direttore selezione, formazione e comunicazione interna di ATM di Maria Emanuela Salati { aidp@aidp.it 2012 un anno SELETT è appena iniziato un anno che si preannuncia difficile. Ma è il momento giusto per far tornare ai giovani la fiducia nel lavoro. Come? Riscoprendo la valenza educativa della selezione, un momento decisivo ma spesso trascurato 02
« Comprendo e sento molto, in questo momento, le difficoltà di chi lavora e di chi rischia di perdere il lavoro, come quelle di chi ha concluso o sta per concludere la sua vita lavorativa Giorgio Napolitano, » discorso di fine anno, 31 dicembre 2011 « Ieri mi sono comportata male nel cosmo. Ho passato tutto il giorno senza fare domande, senza stupirmi di niente. Ho svolto attività quotidiane come se ciò fosse tutto il dovuto Wislawa Szymborska » IVO All’inizio di un anno che, se possibile, si annuncia ancor più pesante per l’economia rispetto a quelli che lo hanno preceduto, abbiamo scelto come tema del giorno uno strumento che sta alla base del mercato del lavoro: la selezione. Selezione è una parola chiave del management, che tuttavia sembrava ormai dimenticata (la nostra stessa rivista non ne parla da anni): quasi un lusso, in una fase di stagnazione del mercato. Ma è proprio ora che questo processo, se svolto al meglio, potrà rivelarsi decisivo per superare la crisi. La qualità del reclutamento sarà un elemento decisivo per guadagnare vantaggio, per scegliere persone che rimangano nel tempo, senza sprechi e investimenti a perdere. Ma non solo. Giovani senza sogni Il tema del lavoro e di come trovarlo è il vero problema di oggi e del prossimo futuro, soprattutto per i giovani. Ci troviamo di fronte non solo a una domanda debole e senza garanzie, ma anche a un’offerta di giovani sfiduciati che non credono nel lavoro. Ormai chiedere a un candidato in sede di colloquio quali Cari lettori La rivista che avete in mano - lo avrete notato - è una rivista nuova. È stata ridisegnata e ricalibrata per renderla più leggibile, più immediata nella consultazione, più semplice nella lettura. Inoltre con questo primo numero del 2012 Direzione del Personale torna ad avere una distribuzione indipendente, dopo anni di sinergia con l’Impresa. Questo cambiamento ci consente di consolidare quell’autonomia che ci ha sempre contraddistinto e che da più di trent’anni fa di Direzione del Personale un riferimento per il mondo delle risorse umane. Tante novità, insomma, ma non fini a se stesse. La nuova veste di Direzione del Personale, che peraltro non intende rinunciare al suo stile sobrio e di sostanza, rispecchia la scelta di una maggiore praticità per i suoi lettori: ad esempio attraverso sezioni chiaramente distinte, o una maggiore attenzione alla titolazione, che consentono di individuare immediatamente i contenuti salienti dell’articolo. Il tutto per accompagnare al meglio il ruolo che la nostra organizzazione vuole continuare a interpretare. sono i suoi progetti per il futuro è una domanda che genera sconforto per l’assenza di risposta. I giovani non sentono di potersi permettere più un progetto e tanto meno un sogno, e non credono più alle promesse delle aziende. Il 38% dei giovani trova ancora lavoro attraverso le conoscenze, il che non agevola né il merito né la mobilità sociale. Selezionatori più attenti Per questo riparlare di selezione oggi può voler dire parlare di un’etica della selezione che ha un fine più alto del mero “reclutamento”. Forse i selezionatori dovrebbero sentirsi responsabilizzati di una nuova e più alta missione, quella di far rinascere la fiducia nei loro candidati, di ricostruire quel filo spezzato tra giovani generazioni, mercato professionale e azienda. La ricerca di un lavoro (e non di un impiego, come dice Pierluigi Celli) è un momento molto delicato e denso di aspettative per tutti. Un momento di passaggio in cui ci si espone con più fragilità ma che può essere anche un momento importante di apprendimento. La vera sconfitta, se un colloquio “va male”, non è perdere il posto di lavoro, ma perdere l’occasione di imparare da questo evento. E noi selezionatori possiamo fare qualcosa: possiamo riscoprire una valenza educativa del momento di selezione in cui non vale solo la logica astratta di ciò che è utile all’organizzazione in quel momento, ma il saper “riconoscere” un candidato e mettergli a disposizione ciò che abbiamo potuto vedere di lui (così decisivo per il suo futuro) e ciò che possiamo osservare del mercato. Se servono competenze per misurarsi con la sfida di un mercato “mobile” come l’attuale (come la capacità di leggere i “segnali deboli” o di interpretare i sistemi relazionali complessi) abbiamo il dovere di informarne i nostri candidati, specie i giovani che non sono certo preparati dalla scuola ad affrontare il contesto lavorativo. E allo stesso modo occorre interrogarci su quali saranno le competenze chiave per il mondo di domani per il quale, ad esempio, i nativi digitali saranno molto meglio preparati di noi. Insomma: servono più aiuto, più autoconsapevolezza, più informazioni per orientarsi nel mercato del lavoro, più “tenuta antropologica” nell’incertezza. Per noi questo comporta qualche rischio in più, meno business, meno specialismo di facciata e più generosità. n 03