coverstory - Aidp
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strumenti mondo legale/1<br />
getto di legge Madia (Proposta di legge n. 2630/09)<br />
ed il progetto Nerozzi (Disegno di legge n. 2000/10).<br />
Prima di capire in che cosa consista il contratto<br />
unico, è opportuno sgombrare il campo da alcuni<br />
equivoci. Secondo alcuni, ci sarebbero ben 46<br />
tipi di contratti di lavoro. In realtà i sotto-tipi<br />
contrattuali tipici di lavoro subordinato nell’impresa<br />
sono solo cinque: il contratto a termine,<br />
che comprende anche il contratto di inserimento<br />
e reinserimento, il part-time, l’apprendistato, il<br />
lavoro intermittente e condiviso. È, infatti, improprio<br />
considerare come due diversi contratti il<br />
part-time verticale e quello orizzontale, oppure<br />
il contratto a chiamata con e senza obbligo di risposta.<br />
Neppure il contratto di somministrazione<br />
è un sotto-tipo autonomo, trattandosi nei due<br />
casi o di un contratto a termine o di un normale<br />
rapporto di lavoro a tempo indeterminato.<br />
Semplicemente i diversi sottotipi contrattuali<br />
(che sono sempre esistiti, anche se non regolati<br />
dalla legge) presentano una disciplina variabile<br />
e articolata, al fine di consentire una maggiore<br />
aderenza a quelle che sono le esigenze delle parti:<br />
tornando all’esempio sopra citato, un lavoratore<br />
part-time può decidere di prestare la propria<br />
attività per un tempo ridotto rispetto all’orario<br />
normale giornaliero (ad esempio quattro ore tutti<br />
i giorni) oppure per periodi predeterminati della<br />
settimana, del mese o dell’anno (ad esempio<br />
contratti stagionali). Si tratta della stessa fattispecie;<br />
quello che cambia è solo la modalità di<br />
esecuzione della prestazione lavorativa.<br />
Occorre, inoltre, precisare che il legislatore<br />
non ha introdotto dal nulla i differenti sottotipi<br />
di contratti di lavoro, ma è intervenuto a<br />
disciplinare situazioni di fatto già esistenti che<br />
si sono sviluppate nella pratica per soddisfare<br />
specifiche esigenze. E così è accaduto, per esempio,<br />
con il part-time, diffuso nelle aziende già<br />
dagli anni '60 (seppur con l’opposizione fortissima<br />
dei sindacati), ma che è stato regolamentato dal<br />
legislatore soltanto nel 1984 con la legge n. 863<br />
e poi, successivamente, nel 2001 e nel 2003. Ma<br />
lo stesso vale per le collaborazioni coordinate e<br />
continuative (già presenti nella legge nel 1959,<br />
nel 1972 e nel 1973), il job sharing, il job on call<br />
ecc. In questi ultimi casi, la disciplina legale<br />
ha anche consentito l’emersione di lavoro nero.<br />
In ogni caso nessuna norma può vietare né il<br />
part-time né il contratto a termine né il lavoro<br />
intermittente o condiviso. E poi quale sarebbe<br />
il vantaggio?<br />
Ciò premesso, il cosiddetto contratto unico<br />
dovrebbe essere un contratto a tempo indeterminato,<br />
caratterizzato da due fasi: la prima di<br />
inserimento, con durata variabile fino a un massimo<br />
di tre anni e con una tutela “allentata”; la<br />
seconda, caratterizzata da una maggiore stabilità,<br />
successiva al termine del terzo anno.<br />
La fase di inserimento prevederebbe la possibilità<br />
per l’azienda di licenziare senza che il<br />
lavoratore possa chiedere la reintegrazione. Ciò<br />
tuttavia avverrebbe solo in caso di licenziamento<br />
per giustificato motivo oggettivo («ragioni inerenti<br />
all’attività produttiva, all’organizzazione<br />
del lavoro e al regolare funzionamento di essa»<br />
ai sensi dell’articolo 3 della legge n. 604 del 1966)<br />
per il quale sarebbe prevista la corresponsione<br />
da parte del datore di un’indennità economica.<br />
La determinazione dell’importo da corrispondere<br />
al lavoratore si effettua calcolando cinque giorni<br />
di retribuzione per ogni mese lavorato. E così, ad<br />
esempio, nel caso di recesso dal contratto unico<br />
dopo sei mesi dalla stipulazione, l’indennità sarà<br />
pari a un mese di retribuzione; dopo tre anni,<br />
l’indennità sarà pari a sei mesi di retribuzione.<br />
Nel caso, invece, di licenziamento per giusta<br />
causa o per giustificato motivo soggettivo (licenziamento<br />
disciplinare) nulla cambierebbe: in<br />
tal caso trova, infatti, applicazione la disciplina<br />
vigente. Analoghe garanzie sono assicurate in<br />
caso di licenziamento discriminatorio.<br />
Superata la fase di inserimento, il rapporto<br />
prosegue secondo la disciplina dei licenziamenti<br />
attualmente in vigore: e così per le aziende con<br />
più di 15 dipendenti troverà applicazione la tutela<br />
reale di cui all’articolo 18 dello Statuto dei<br />
“La soluzione all’attuale<br />
crisi del mercato e<br />
dell’occupazione<br />
non può certamente<br />
essere individuata<br />
nell’introduzione di un<br />
contratto che, di fatto, non<br />
comporta alcun beneficio<br />
per le aziende”<br />
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